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Collaborare per competere meglio: un buon proposito per il 2021?
Post di Eleonora Maglia, giornalista. Eleonora svolge attività di ricerca e pubblicazione per il Centro di documentazione Luigi Einaudi di Torino –
Quest’anno, per affrontare l’emergenza Covid-19, lungo tutto il territorio nazionale sono state attivate molte iniziative virtuose, improntate alla collaborazione tra realtà anche diverse. Il #Diariodibordo – la rubrica promossa da Fondazione Symbola e Sacro Convento di Assisi – ad esempio racconta le imprese, le associazioni e più in generale tutti i talenti italiani che, in logica solidale, nel corso dell’emergenza sanitaria si sono schierati in prima linea, con lo scopo di riconvertire e di innovare le proprie linee produttive verso la realizzazione degli strumenti divenuti di prima necessità, come le mascherine chirurgiche e i ventilatori polmonari.
STRUMENTI PER LE ALLEANZE Se nel corso della prima fase della pandemia si è collaborato per esigenze umanitarie (assicurare la disponibilità di dispositivi medici e contenere il numero delle infezioni e dei decessi), la cooperazione può anche avere – più prosaicamente – obiettivi di crescita aziendale. Le varie opzioni esistenti per avviare forme organizzative in logica di alleanza sono in effetti molte (Consorzi, Aggregazioni temporanee e Joint Ventures), ma in proposito uno strumento particolarmente interessante per la versatilità che lo contraddistingue è la rete d’imprese, perché riesce a coniugare collaborazione ed indipendenza tra i partecipanti. Con il contratto di rete, più imprenditori perseguono, infatti, lo scopo di accrescere la propria capacità innovativa e la propria capacità di competere sulla base di un programma comune, scambiandosi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale o tecnologica e esercitando in comune una o più funzioni (art.4, Legge n.33/2009 e modifiche art.42, Decreto-legge n.78/2010 convertito dalla Legge n.122).
COLLABORARE PAGA Quale sia l’obiettivo finale, a testimonianza della bontà del concetto collaborazione > competizione vi sono numeri e dati consolidati. Secondo il Business Networks Report in Italy 2019 di RetImpresa – the Italian Agency of Confindustria for Business Networks, ad esempio, tuttora e a dieci anni dall’introduzione in Italia, le reti d’impresa crescono ad un tasso annuale del 15 per cento, ovvero +765 contratti di rete e +3.506 imprese coinvolte. Tutto ciò perché fare rete, secondo le analisi di Unindustria Reggio Emilia, [1] significa semplificare il sistema di relazioni della filiera (perché l’aderenza ad una rete consente di comprimere il parco fornitori e quindi i costi di gestione delle commesse); [2] significa garantire un’offerta più completa (perché una rete trasversale riesce a soddisfare richieste più complesse); [3] significa ottimizzare le risorse e le competenze (perché una rete permette di condividere servizi e specializzazioni e, così, evita di aumentare le singole strutture o di saturare le risorse esistenti).
FARE RETE IN ITALIA Così il fenomeno si presenta equamente diffuso lungo tutto il territorio nazionale (38 per cento al Nord, 37 per cento al Centro e 25 per cento al Sud e nelle Isole), anche se andrebbe potenziata la collaborazione tra aziende di regioni diverse che, al momento, riguarda solo il 25 per cento dei casi. Le aree con il maggior numero di imprese in rete sono il Lazio (8.907), la Lombardia (3.584) e il Veneto (2.755), cui seguono Campania, Toscana, Emilia Romagna e Puglia (rispettivamente con 2.638; 2.380; 2.167 e 2.066). Se l’aumento delle reti di impresa interessa tutte le regioni, i territori si muovono ad una velocità differenziata (in testa ad un’ideale classifica si trovano Lazio, Veneto e Toscana con un incremento annuo rispettivamente pari a +602; +346 e +300) e, probabilmente, altrove si potrebbe intervenire intensificando l’informazione sui vantaggi di un approccio collaborativo, anche con Sportelli dedicati che offrano consulenze personalizzate alle aziende (come è il caso ad esempio di Unindustria Reggio Emilia). Così pure, grazie alla creazione di opportunità di networking delle Associazioni di categoria (come è il caso di UniVa) si potrebbe amplificare il ricorso alle reti anche in settori in cui, ad oggi, sono meno utilizzate (se la presenza di reti nella filiera agroalimentare raggiunge una quota del 22 per cento, nel settore turistico il ricorso si ferma al 10 per cento).
PROPOSITI PER IL 2021 Anche se le aggregazioni e le filiere locali richiamate nell’incipit sono state fortuite ed accelerate da un evento imprevisto, ne sono chiari i benefici raggiunti: l’interazione e l’integrazione di competenze diverse ha velocizzato l’esecuzione dei progetti, fino al raggiungimento di una migliore qualità nel prodotto finito. Collaborare è dunque una valida alternativa strategica, per dare impulso alla crescita e conquistare nuovi mercati, poggiando sui vantaggi legati a maggiori dimensioni e consentendo così di portare avanti azioni comuni altrimenti inaccessibili singolarmente. Una evidenza non da poco, su cui costruire il piano d’azione operativo per l’anno che verrà.