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Conte, gli errori sul Mes e il rischio di tornare a votare
No, non stiamo parlando di Venezia e del Mose, che decine d’anni e miliardi di lire (poi euro) dopo la sua approvazione, finalmente è entrato in funzione, sigillando per due volte ad Ottobre la laguna dall’onda di marea generata prima dallo scirocco a inizio mese, e poi dalla bora. E no, non ci riferiamo nemmeno al crescere vertiginoso dei contagi, che nel giro di poche settimane hanno sfondato la soglia delle 30.000 unità, ed ora si apprestano a raggiungere quota 40.000.
L’oggetto del contendere è per ora un rischio, o una possibilità, che però potrebbe concretizzarsi se il Governo non dovesse cambiare passo rapidamente e con convinzione: parliamo di un risalire nei sondaggi della Destra italiana, e delle conseguenze che ciò comporterebbe in termini di stabilità e credibilità degli attuali inquilini di Palazzo Chigi.
L’emergenza sanitaria di primavera ha dimostrato la capacità reattiva del Governo (e fa piuttosto ridere il fatto che gran parte della popolazione sia rimasta stupita da questo fatto), portando in dote a Conte e ai suoi ministri un inaspettato dividendo elettorale; le bordate da parte della coalizione “di Centrodestra” non sono andate granché a segno, generando tra l’altro effetti diversi sui leader di opposizione. Da un lato, Salvini è stato protagonista di una caduta significativa nei sondaggi, passando dal 37% alle Europee a più o meno il 24% di inizio novembre (un’emorragia di quasi 5 milioni di elettori); Meloni, dal canto suo, ha invece visto crescere il proprio supporto, scalzando il M5S dalla posizione di terzo partito nazionale secondo le ultime proiezioni. Il partito di Berlusconi (o Tajani, al lettore la scelta) non ha infine subito grandi scossoni, confermando il proprio ruolo marginale sia all’interno dell’opposizione che in sede parlamentare.
Tuttavia, la situazione sta cambiando, e anche rapidamente: il Governo si è dimostrato in ritardo rispetto a ciò che si sarebbe dovuto fare in previsione dell’autunno, a partire da un effettivo potenziamento delle terapie intensive e del contact tracing; a onor del vero però, le Regioni sono da ritenere ugualmente responsabili, essendo la sanità una loro competenza. La gestione del trasporto pubblico è un’altra questione rimasta praticamente lettera morta, pur essendo risaputo che settembre avrebbe riportato studenti e lavoratori su autobus e treni.
Ma ciò che mette a repentaglio sia la salute pubblica che la credibilità di Conte sono le mezze verità, che in alcuni casi diventano bugie vere e proprie: a partire dai posti in terapia intensiva, mai raddoppiati ma semplicemente aumentati di circa 2.000 unità, passando poi per l’incapacità del Commissario Straordinario, ancora una volta colpevole insieme alle Regioni, di assicurare una quantità insufficiente di dosi di vaccino antinfluenzale (strumento che potrebbe ridurre il livello di incertezza nel momento in cui i sintomi compaiono), e concludendo con le informazioni fuorvianti e concettualmente sbagliate circa il MES, che il Presidente del Consiglio ha offerto ai giornalisti a metà ottobre durante la presentazione del DPCM.
I dati relativi al suo ricorso sono economicamente incontrovertibili, come segnalato più volte da numerosi esperti, tra cui Ignazio Visco e Carlo Cottarelli: il MES, grazie a tassi estremamente agevolati, permetterebbe al Governo italiano di accedere a risorse per un massimo di 37 miliardi, con un risparmio di circa 170/200 milioni all’anno sugli interessi dovuti, rispetto all’opzione di emettere Buoni del Tesoro sul mercato. Conte, vittima o sostenitore dell’ideologia pentastellata, ha invece rifiutato tale verità fattuale, paventando tagli di spesa o aumenti di tasse per ripagare l’eventuale debito del MES: questa è un’affermazione falsa e senza basi economiche, e anzi lo stesso scenario potrebbe avverarsi se l’Italia continuasse a rifiutare il pacchetto di prestiti agevolati e perseguisse la propria politica di aumento di debito pubblico.
Con un rapporto debito-PIL alle porte del 160%, ogni opzione che ne evitasse l’ulteriore esplosione e permettesse investimenti nella Sanità dovrebbe essere abbracciata con sollievo dal Governo: ancora una volta invece, il calcolo politico scalza la realtà dei fatti, in nome di una visione ideologica senza basi concrete. E questa volta, con la disoccupazione pronta a dilagare e lo spettro di una recessione all’orizzonte, il consenso che il Governo ha ottenuto nei mesi precedenti potrebbe rapidamente sfaldarsi, coagulandosi attorno alla prospettiva di nuove elezioni e all’apertura di una nuova legislatura. Il Governo ha perso una grandissima occasione, e sta ora ai suoi membri riparare il danno. Purtroppo, però, non sarà un’impresa facile: la fiducia ha bisogno di tempo per essere resa salda, ma basta veramente poco per spazzarla via.
Giacomo Angelo Quaia