categoria: Tasche vostre
Flat tax sul fatturato ed altre amenità. E una tassa sul macinato 2.0?
L’autore del post è Stefano Capaccioli, dottore commercialista, fondatore di Coinlex, società di consulenza e network di professionisti sulle criptovalute e soluzioni blockchain, nonché presidente di Assob.it –
Per anni abbiamo ascoltato la novella di abbassare le tasse, che in Italia sono troppo alte e che è necessario semplificare il sistema tributario.
La stanca novella si scontra con le realtà di un fisco falso amico, traditore, mentitore e fedifrago.
Il principio di capacità contributiva (Art. 53 della Costituzione) viene immolato, poi, sul principio di cassa, sulla necessità di fare imponibile con la creazione di gabelle, agliatici e pontatici di medievale memoria, con interpretazioni capziose e fantasiose.
Esulando dalla ridicola stratificazione delle accise, bancomat per tutti i Governi (e di alcuni non mantenuti proclami sulla loro immediata riduzione), il Legislatore Tributario, in preda ad attacchi schizofrenici ha infestato il sistema di agevolazioni, indeducibilità, indetraibilità, Regimi Agevolati, Imposte Sostitutive e tassazioni separate, generando un caos di dimensioni epiche, senza capo né coda.
L’Agenzia delle Entrate, carnefice di tale sistema (ed in parte anche artefice), amministra tale decadente sfacelo con Circolari, Risoluzioni, Interpelli, Principi di diritto, spesso dimenticando peraltro il principio di riserva di legge.
Fuori dai proclami, dai termini a-tecnici e dalle sparate televisive, è opportuno comprendere alcuni concetti base, prima di iniziare l’ennesima guerra di religione.
Esistono due tipi di tassazione: diretta (connessa al reddito) ed indiretta (connessa al consumo), con quest’ultima in percentuale sulla transazione.
La tassazione diretta dovrebbe essere informata principi di progressività (art. 53 Costituzione) e viene declinata attraverso quattro forme di imposizione:
1. Tassazione normale (Aliquote progressive dal 23 al 45%) oltre addizionali locali
2. Tassazione Separata
3. Imposta Sostitutiva
4. Imposizione forfetaria
Il regime di tassazione normale aderisce ai principi costituzionali di progressività sulla capacità contributiva, la tassazione separata costituisce sistema per stemperare quella progressività, mentre gli altri due regimi costituiscono semplificazioni sul calcolo (imposta sostitutiva) o sull’imponibile (Imposizione Forfetaria), distorsioni dell’imposizione introdotte con motivazioni di semplificazione.
I redditi attratti da tassazione sono definiti nell’art. 6 del T.U.I.R. e sono
a) redditi fondiari (relativi agli immobili);
b) redditi di capitale;
c) redditi di lavoro dipendente;
d) redditi di lavoro autonomo (professionisti);
e) redditi di impresa (compresi i redditi delle societa’ in nome collettivo e in accomandita semplice);
f) redditi diversi.
Analizzando le scelte alla base del nostro Legislatore Tributario, la semplificazione del calcolo è sui redditi di capitale, sui redditi diversi di capitale riducendo la progressività (Aliquota del 26%) e su alcuni redditi immobiliari con la cedolare secca.
I redditi di lavoro (dipendente, autonomo e d’impresa) sono, eccezion fatta per i regimi forfetari, tra i pochi redditi soggetti alla progressività delle aliquote, cui va aggiunto il carico previdenziale.
Prima che i FiscoAnalfabeti aprano bocca dandogli vento, è opportuno sapere che le imprese gestite in forma di società di capitale generano redditi di lavoro dipendente per i compensi percepiti dagli amministratori e redditi di capitale per i dividendi incassati, tale per cui qualunque statistica venga utilizzata per dividere dipendenti da imprenditori è falsa ed erronea.
Ora, i redditi non soggetti a semplificazioni sono quelli “produttivi”, con buona pace della competitività del paese Italia, mentre sono agevolati i redditi passivi, quali le rendite finanziarie, i capital gain ed in generale l’impiego di capitale.
Un capolavoro realizzato nel corso del tempo, a forza di proclami politici tesi a procacciarsi voti a destra e a sinistra, utilizzando la leva tributaria e distruggendo l’impianto dell’IRPEF del 1973 che aveva una sua coerenza e una sua logica, anche se già presentava esclusioni per fini elettorali (vedesi tassazione sull’agricoltura).
Venuta meno quella logica, invece di riarmonizzare il tutto, essendo peraltro venuti meno molti dei motivi che portavano alla semplificazione della tassazione dei redditi di capitale, si vuole introdurre forme astruse di tassazione, quali aliquote forfetarie sul fatturato, flat tax o tasse sui redditi mensili: norme su norme, eccezioni delle eccezioni, che di regola generano mostri e casi imbarazzanti.
I proclami volti alla banalizzazione della tassazione sono finalizzati a sfuggire all’analisi del nostro sistema tributario che vessa i produttori di reddito, attraverso aberranti aumenti di base imponibile attraverso indeducibilità di costi ovvero invenzione di ricavi.
Si preferisce la scorciatoia cognitiva piuttosto che rientrare nell’alveo costituzionale e ai principi della capacità contributiva e della progressività, rivedendo le paradossali dilatazioni delle imponibili e le prezzolate esclusioni dal reddito complessivo per agevolare questa o quella categoria di elettori.
In questa follia banalizzatoria per attrarre voti, tanto vale reintrodurre la tassazione secondo le bocche da sfamare, il boccatico, riesumando i principi della legge 7 luglio 1868, n. 4490, la “tassa sul macinato”, che appare equa e facile da incassare.
Al posto del contatore meccanico in ogni mulino per contare i giri effettuati dalla ruota macinatrice, potremmo rendere esattori i supermercati tassando le derrate alimentari o introdurre la tassazione solo sulle movimentazioni finanziarie (alla stregua di una Tassa dello Sceriffo di Nottingham) dato che follia per follia, inciviltà per inciviltà, tanto vale tornare a tassazioni medioevali (delatori annessi), rendendo almeno più agevole le riscossioni.
La discussione sul rientro della base imponibile sui criteri di effettività finalizzato a contribuzione eque, costituisce l’unica strada percorribile per recuperare una perduta credibilità evitando sparate ad effetto.
È quindi necessario sviluppare una visione di paese, con una chiara strategia delle spese e una solida struttura fiscale per definire le uscite e modulare i carichi tributari e contributivi in maniera adeguata allo sviluppo, senza assistere al teatro delle clausole di salvaguardia, assegni postdatati senza alcuna copertura cui ogni anno si necessita di porre rimedio.
Purtroppo, qualunque seria riflessione viene svilita dalla becera discussione politica, dal “Questo lo dice lei”, dal tronfio trionfo della comunicazione sull’oggettività dei fatti, utili solamente all’esame autoptico di questo paese destinato all’inevitabile decesso per inedia ed assoluta incapacità.
Twitter @s_capaccioli