Patronati e CAF: enti privati con 700 milioni di soldi pubblici?

scritto da il 07 Settembre 2020

L’autore del post è Stefano Capaccioli, dottore commercialista, fondatore di Coinlex, società di consulenza e network di professionisti sulle criptovalute e soluzioni blockchain, nonché presidente di Assob.it –

Il buffo sistema italico è costituito da un carrozzone di enti, uffici, funzionari, piccoli centri di potere e di spesa, creati dal nulla da una legislazione oramai allo stadio terminale, senza oramai più alcuna difesa immunitaria.

La “semplicità” del sistema tributario e previdenziale necessita addirittura della presenza di pesanti strutture intermedie finalizzate all’assistenza del cittadino, dato che gli Enti preposti, nonostante costi e numeri faraonici, non sono minimamente in grado di rispondere alle domande ed esigenze dirette dell’utenza.

In Italia esistono i CAF (Centri di Assistenza Fiscale) e i Patronati, il cui compito è quello di assistere cittadini e pensionati nei confronti dello Stato, attività lodevole, visto il marasma normativo e regolamentare: il tutto, ahimè, nuovamente a carico dello Stato e quindi della collettività!

Vediamo alcuni numeri in dettaglio per comprendere i termini.

I Centri di Assistenza Fiscale sono stati introdotti nel 1991 con l’art. 78 della L. 30 dicembre 1991, n. 413, poi modificata dagli articoli 32 e seguenti del d.Lgs. n. 241/1997, costituibili da associazioni sindacali di categoria tra gli imprenditori o tra i lavoratori dipendenti (Elenco CAF Dipendenti e CAF Imprese).

I C.A.F. prestano assistenza fiscale ai contribuenti e, in particolare (art. 34):

a) elaborano e predispongono le dichiarazioni tributarie, nonché curano gli ulteriori adempimenti tributari; b) redigono le scritture contabili; c) verificano la conformità dei dati esposti nelle dichiarazioni alla relativa documentazione; d) consegnano al contribuente copia della dichiarazione elaborata e del prospetto di liquidazione delle imposte; e) comunicano ai sostituti d’imposta il risultato finale delle dichiarazioni stesse, ai fini del conguaglio a credito o a debito in sede di ritenuta d’acconto; f) inviano all’amministrazione finanziaria le dichiarazioni dei redditi e le scelte ai fini della destinazione dell’otto e del quattro per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Per tale attività ricevono i seguenti compensi pubblici da parte dello Stato (link) per un importo di euro 236.897.790 (art. 17 del D.L. 104 del 14.08.2020), oltre le somme richieste al contribuente per l’elaborazione dei modelli.

I Centri di Assistenza Fiscale, sulla base di Convenzioni con l’INPS, trasmettono poi i dati della Dichiarazione Sostitutiva Unica concernente le informazioni necessarie per la determinazione dell’ISEE riconoscendo importi da 10,81 euro fino a 17,35 euro a seconda del numero dei componenti familiari (ultima Convenzione).

Altro ente intermedio è il Patronato.

Le prime forme di Patronato sono state introdotte nel 1917 per poi avere una prima sistemazione giuridica nel 1947 (DLgs CPS 804/1947) poi riformati nel 2001 con la Legge 30 marzo 2001, n. 152, con i seguenti compiti (dal sito INPS):

I patronati esercitano attività di informazione, di assistenza e di tutela, anche con poteri di rappresentanza, in favore dei lavoratori dipendenti e autonomi, dei pensionati, dei singoli cittadini italiani, stranieri e apolidi presenti nel territorio dello Stato e dei loro superstiti e aventi causa, per il conseguimento in Italia e all’estero delle prestazioni (di qualsiasi genere in materia di sicurezza sociale, di immigrazione e emigrazione) erogate da amministrazioni e enti pubblici, da enti gestori di forme di previdenza complementare o da Stati esteri nei confronti di cittadini italiani. Inoltre, possono svolgere, senza scopo di lucro, attività di sostegno, informative, di servizio e di assistenza tecnica finalizzate alla diffusione della conoscenza della legislazione in materia di sicurezza sociale.

I patronati possono essere costituiti solo dalle associazioni e confederazioni dei lavoratori in possesso di determinati requisiti ed a oggi i patronati attivi sono 23 (sotto la vigilanza del Ministero del Lavoro.

Il loro finanziamento è pari (Articolo 13, legge 152/2001) al 0,199 per cento del gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall’INPS, dall’INAIL, dall’INPDAP e dall’IPSEMA che può essere stimato in euro 420.000.000 annuali (link).

Il Decreto Ministeriale dell’ultima erogazione (link al Decreto Direttoriale 36 del 18.03.2020) riporta, peraltro che “VISTA la necessità di dover procedere al pagamento della 1a anticipazione per l’anno 2019, come previsto dal comma 5, art. 13 della legge 152/2001, per la quale in mancanza di dati definitivi dell’attività di vigilanza svolta dagli Uffici dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e dei dati comunicati dall’INPS e dall’INAIL per la predetta annualità, si provvede sulla base della percentuale presuntiva dell’organizzazione e dell’attività svolta nell’anno 2015 dagli Istituti di patronato come da tabella di seguito indicata (…)”.

Quanto sopra appare strano, dato che i patronati sono solo 23 e che tutti gli anni, ai sensi e per gli effetti dell’art. 14 della legge 152/2001 (i) comunicano al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, entro tre mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale, il rendiconto dell’esercizio stesso e i nominativi dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo e (ii) forniscono, entro il 30 aprile di ciascun anno, allo stesso Ministero del lavoro e della previdenza sociale, i dati riassuntivi e statistici dell’attività assistenziale svolta nell’anno precedente, nonché quelli relativi alla struttura organizzativa in Italia e all’estero, comunicazioni che risultano, fra l’altro, effettivamente effettuate.

L’ultima Relazione al Parlamento sui Patronati per l’anno 2018 da parte del Ministro del Lavoro (prevista dall’art. 19 della legge 152/2001) presenta uno spaccato “imbarazzante” del sistema “Patronati” in quanto contiene i rilievi, qui sotto riassunti:

1. Non presenta la somma complessiva erogabile al sistema “patronato” né tantomeno per ogni singolo;

2. Stigmatizza il notevole ritardo con cui gli Ispettorati territoriali del lavoro (Agenzia sotto la Vigilanza dello stesso ministero), hanno trasmesso gli esiti degli Accertamenti ispettivi;

3. Presenta numerose discrasie tra le risultanze degli accertamenti pervenute alla scrivente in forma cartacea e quelle trasferite in via informatica (?)

4. Sottolinea la presenza comportamenti non omogenei da parte degli Uffici, rispetto alle istruzioni ministeriali nella Compilazione dei file Excel;

5. Evidenzia il ritardo da parte dell’INPS (sempre sotto la Vigilanza del Ministero del Lavoro) nella trasmissione dei dati relativi all’attribuzione del punteggio telematico;

6. Denota il malfunzionamento del programma informatico con il quale vengono acquisiti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali i dati trasmessi dagli uffici territoriali e dagli enti previdenziali.

Lo Stato, nonostante le tempestive comunicazioni da parte dei Patronati, non è in grado di controllare avvitandosi su se stesso, generando l’ennesimo ambiente in cui non vi sono controlli e il merito e la legalità rischiano di dissolversi “come lacrime nella pioggia”.

Orbene, vedere la necessità di frapporsi tra lo Stato ed i suoi enti di queste strutture intermedie con un costo stimabile di quasi 700 milioni di euro a carico della collettività, pone delle forti riflessioni sul tumore che questo paese sta portando dentro di sé: l’assoluta impossibilità per un qualsivoglia cittadino di interfacciarsi con gli enti e la pubblica amministrazione in generale, oramai autoreferenziale ed arroccata sulle proprie procedure, che in primis, sono centri di potere interni.

L’utenza, senza contatti con gli Enti, non si rende conto della confusione che regna sovrana (e della lotta tribale tra le varie amministrazioni) e quindi non è in grado di generare le difese immunitarie costituite dalla coscienza civica.

È necessario sempre un tramite, un intermediario, un cuscino, una camera di decompressione: in tali casi a spese della collettività.

La narrazione del “Fisco Amico” e della dichiarazione precompl(ic)ata non hanno reso superflui i C.A.F. che devono continuare ad apporre il Visto di Conformità e a correggere errori dei 730 a spese di tutti i contribuenti!

L’informativa e la digitalizzazione della pubblica amministrazione, sbandierate ai quattro venti, non hanno avuto quale finalità la possibilità di interagire con la propria utenza, bensì la riproduzione informatica delle stanche procedure cartacee realizzando un disastro assoluto.

È avvilente che nessuno discuta sul costo generato dalla ipertrofia normativa e amministrativa, che oltre che necessitare di strutture sempre più ampie, produce figure intermedie finalizzate ad evitare qualunque contatto con il cittadino, figure che talvolta fungono da rappresentanti, altre da agenti, qualche volta da intercessori, spesso da postulanti.

Mentre i CAF e i Patronati, foraggiati dal pubblico, paiono sopperire alle carenze del pubblico e alla sua incapacità di trattare l’utente come cittadino e non come suddito, tutte le altre figure intermedie che si frappongono, sono attratte dalla logica di Don Abbondio, accorgendosi, “d’essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiar in compagnia di molti vasi di ferro”.

L’obiettivo finale di questo sistema sembra stare nella imperitura logica che nulla deve cambiare, per mai affrontare le proprie inefficienze scaricate sempre e comunque sulle spalle della collettività.

A ben pensare, il patrimonio informativo degli Enti pubblici costituisce una miniera inesauribile per poter rimettere l’individuo al centro, semplificandogli l’esistenza, e rendendolo utente di sé stesso, senza mai più dover portare un certificato di esistenza in vita, fare una DSU per avere un ISEE o comunicare dati sempre in possesso della Pubblica Amministrazione, evitando la ricerca continua di portali, PEC, modelli, gestionali o applicazioni.

Tutto questo sarebbe possibile, smettendo di partire dalle esigenze degli enti, dei funzionari, delle procedure: purtuttavia Governo ed Enti continuano a fare sempre le stesse cose, promettendo risultati diversi, dimenticandosi dell’ammonimento di A. Einstein (The definition of insanity is doing the same thing over and over again, but expecting different results. – La definizione della insanità mentale è perseverare nel fare le stesse cose, attendendo risultati diversi).

Twitter @s_capaccioli