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Come affrontare il problema tasse nell’immediato (domani è tardi…)
L’autore di questo post è Costantino Ferrara, vice presidente di sezione della Commissione tributaria di Frosinone, già giudice onorario del Tribunale di Latina, presidente Associazione magistrati tributari della Provincia di Frosinone –
Era facilmente prevedibile che le prime conseguenze economiche della recente pandemia avrebbero riguardato il pagamento delle tasse. Il periodo di lockdown si è beffardamente posizionato proprio in prossimità delle scadenze fiscali più pesanti per imprese e contribuenti, coincidenti con i mesi di giugno e luglio (o agosto, con proroghe) di ogni anno.
Gli effetti dei mancati incassi si sono riverberati necessariamente sulla difficoltà di assolvere al pagamento delle tasse e non mancano le varie misure e proposte governative per tentare di affrontare la situazione. Non è bastato, infatti, sospendere e rimandare a settembre i pagamenti che scadevano durante il periodo “caldo” del Covid-19 (marzo, aprile e maggio); e, del resto, era impensabile che le imprese potessero recuperare la strada perduta in pochissimo tempo, così da assolvere agevolmente e puntualmente alle obbligazioni tributarie ricadenti nei mesi appena successivi allo stop forzato.
Tra i discorsi più accreditati, al momento, si prevede la possibilità di rimandare ulteriormente i pagamenti già rinviati a settembre (quelli delle scadenze fiscali coincise con il periodo di lockdown) e di prorogare lo stop alla fase di riscossione delle cartelle esattoriali, attualmente in pausa fino al 31 agosto in forza del Decreto Rilancio.
Un altro discorso di forte attualità riguarda l’eventualità di rivoluzionare completamente il sistema di pagamento delle imposte, ragionando su uno scadenzario mensile dei pagamenti, così da non dover cumulare l’intero carico fiscale di un anno in un unico momento. In tal senso, la proposta del direttore dell’Agenzia delle Entrate Ruffini prevede un sistema di liquidazione mensile delle imposte, basato sugli incassi e sulle spese effettive registrate mese per mese (dunque, adoperando un criterio di “cassa” puro).
L’avallo del ministro dell’economia Gualtieri su una tale prospettiva sembra potersi evincere dalle parole pronunciate qualche giorno fa: “Ragioniamo su una riscrittura sostanziale del calendario dei versamenti”.
Va premesso che ogni proposta di riforma dell’attuale sistema è ben accetta, va vagliata e considerata: è pacifico ed innegabile che il meccanismo attuale crei difficoltà, ora accentuate dalla crisi post Covid, e debba essere cambiato.
L’aspetto che, tuttavia, appare maggiormente discutibile riguarda il tempo.
Per l’attuazione una riforma del genere, che stravolga l’attuale sistema di versamento delle imposte, l’orizzonte minimo temporale che si può ipotizzare sconfina necessariamente al 2021. Anche le parole del tanto contestato viceministro Laura Castelli (alla forca mediatica dopo le dichiarazioni sui ristoratori) individuano esplicitamente il periodo d’imposta 2021 come obiettivo per implementare i cambiamenti.
Ma che succede nel frattempo? Come possono le imprese affrontare le attuali scadenze? Neppure la soluzione del continuo rinvio appare logica, perché rinviare significa che arriverà, prima o poi, un momento in cui si cumuleranno le partite correnti con quelle rinviate, con impossibilità per le imprese di adempiere ad entrambe le obbligazioni. Peraltro, è probabile che le esigenze di cassa erariali non consentano un congelamento troppo lungo (né tantomeno alcun “abbuono”).
Una soluzione immediatamente percorribile, a parere di chi scrive, sarebbe quella di intervenire sull’attuale meccanismo di liquidazione delle imposte, prevedendo semplicemente la possibilità di spalmare su 12 mesi (o più) il pagamento di saldi e acconti, calcolati in base alle regole attuali.
Del resto, se uno degli obiettivi principali della riforma è quello di non far accumulare i pagamenti delle imposte annuali in un unico momento, consentendo al contribuente di adempiere con più calma, mese per mese, non vedo perché non si possa implementare questo concetto partendo da oggi, con un intervento che vada banalmente ad aumentare il numero delle rate con cui adempiere all’obbligazione tributaria.
La soluzione della rateizzazione lunga è, peraltro, più funzionale rispetto a quella del mero rinvio perché, come detto, il rinvio presuppone che arrivi un momento X in cui si deve pagare il debito corrente e quello passato. E, inoltre, rappresenterebbe una soluzione ponte propedeutica al transito verso il sistema a liquidazione mensile che sembra ormai la strada tracciata dall’attuale direttivo per il futuro.
Dunque, oltre alla quasi scontata mini proroga per il pagamento delle imposte “estive”, che si chiami tolleranza sui versamenti in ritardo o in altro modo, è auspicabile che il Governo intraprenda una misura immediata per consentire alle imprese di assolvere alle proprie obbligazioni tributarie. Perché il sentore generale è che tantissimi esercenti stiano optando per non pagare, attendendo poi il famoso “avviso bonario”, con il quale è possibile pagare le imposte non versate in tempo con una maggiorazione del 10% di sanzione e gli interessi: ciò perché l’avviso bonario è rateizzabile in 8 rate trimestrali e risulta più “digeribile”.
Quindi, in un certo senso, i contribuenti stanno creando in autonomia le proroghe e le rateizzazioni (il che significa che allo Stato mancheranno cospicui incassi correnti). Non prendere coscienza della situazione, con interventi mirati a porvi rimedio, sarebbe imperdonabile.