categoria: Vicolo corto
Cristo si è fermato a Eboli, con il CoViD la politica molto prima
L’autore del post è Stefano Capaccioli, dottore commercialista, fondatore di Coinlex, società di consulenza e network di professionisti sulle criptovalute e soluzioni blockchain, nonché presidente di Assob.it –
Dal 9 marzo l’Italia si è fermata, anzi è stata sequestrata, bloccando le attività produttive e commerciali, con una draconiana misura di lockdown.
Da quel giorno, accattivanti slogan, rassicuranti proclami e jingle pubblicitari da parte del Governo, dei suoi ministri e di molti esponenti della intellighenzia pubblica, con termini fascinosi: potenza di fuoco, liquidità immediata, nessuno perderà il lavoro, decreto #CuraItalia, #RilanciaItalia, in un continuo divenire di mantra seducenti.
La comunicazione istituzionale, sempre positiva e sfidante, ahimè, tace sui fatti, sul disastro in corso, sulle macerie sociali e sulla conseguente macelleria: i soldi non sono arrivati né arriveranno a breve, per le aziende non saranno a fondo perduto ma erogati dal sistema finanziario sotto forma di prestito garantito.
Neanche quelli sotto forma di finanziamento, stanno arrivando: colpa delle banche che non erogano!
A ben guardare, le banche rallentano (rectius: rifiutano) i prestiti garantiti perché è loro dovere di effettuare il merito creditizio (e Banca d’Italia li ha pure avvertiti), dato che sono loro che erogano i finanziamenti e che dovranno sostenere i costi per le azioni legali in caso di inadempienza, prima di poter accedere alla garanzia statale, che poi così automatica non sembra.
Pare addirittura che le cattive banche stiano lavorando giorno e notte per sospendere manualmente rate di mutui in attesa che gli strumenti proposti e promessi per accedere ai fondi di sospensione siano resi attivi dal Governo.
Sul lato dipendenti, le casse integrazioni si sono arenate nelle procedure barocche scritte per altre situazioni, con ricorsi di urgenza al TAR per evitare di dover obbligatoriamente aderire ad enti associativi (TAR Lazio, sez. Terza Quater n. 04047/2020).
Una babele di dati informazioni, circolari, procedure, moduli e modelli.
Pare che nessuno strumento abbia funzionato.
La paghetta dell’INPS, peraltro negata agli amministratori di società non soci, risulta offensiva e le varie forme di reddito di emergenza o di ultima istanza appaiono inadeguate.
Come è possibile?
La politica e la Pubblica Amministrazione oramai si occupano, parlano e raccontano un paese in gran parte idealizzato e presente solo nelle loro stanze ovattate: il paese reale, tuttavia, è costituito da parti di cui sembrano provare vergogna e nascoste come polvere sotto il tappeto, quali:
– il lavoro nero e irregolare che garantisce prodotti a buon mercato,
– l’utilizzo degli assegni postdatati che reggono il credito di intere filiere,
– l’uso in modo massiccio di contante per resistere alle procedure e alle difficoltà di accesso al sistema bancario,
– la necessità di importare manodopera straniera per lavori che gli italiani rifiutano
– Il lavoro fatto di cooperative, per aggirare vincoli e limiti del lavoro dipendente
– Le sofferenze, le segnalazioni in centrali rischi, i mancati rilasci di DURC per disallineamento di procedure, le mille piccole vessazioni cui l’impresa è sottoposta e che costringe l’imprenditore a mille astuzie..
Orbene, tali parti, in alcuni casi, costituiscono la stessa ossatura di alcune filiere produttive, ma che per esigenze comunicative, elettorali, di vergogna, nessuno se ne è mai occupato, pur tollerandole e allo stesso tempo normando in maniera dogmatica e autoritaria e tagliando il ramo dell’albero su cui siamo seduti.
Questa parte del paese, invisibile ed indesiderabile, emerge in tutta la sua brutalità: esiste e va contemplata in qualunque manovra che non voglia costituire un mero proclama a fini di bieco consenso.
Nessun denaro è arrivato o sta arrivando.
Per quella parte dell’economia nulla è stato previsto, dato che nelle menti illuminate dei governanti non esiste e non deve esistere.
I lavoratori e le imprese boccheggiano, e stanno morendo, asfissiate dalla carenza di ossigeno (liquidità) e dal boa constrictor della burocrazia.
Hanno ragione coloro che allarmano sull’ingresso della criminalità organizzata nell’economia, attraverso usura, prestiti e provvidenze varie. Hanno ragione ma concentrano la loro attenzione sugli effetti, e non sulle cause, vale a dire su come il problema di sopravvivenza viene risolto.
Come poter esprimere un giudizio morale su coloro che accettano il cibo da una qualsiasi mano piuttosto che morire? Perché quando un’impresa è morta, si dissolve e non esiste più e con si mantiene in vita con le promesse, né tanto meno con le aspettative, bensì con i fatti.
È facile fare la morale al caldo di una tutela, spesso protetti da scorte a spese dello Stato, dimenticandosi che per la sopravvivenza si è disposti a tutto, da attraversare uno stretto su un barcone ad accettare denari da mani grondanti di sangue. Si concentra l’attenzione sulla pagliuzza, generando sterili discussioni sulle strade utilizzate dalla criminalità per entrare in contatto con le imprese in difficoltà, senza preoccuparsi della trave.
Difficile è puntare il dito sugli intollerabili ritardi che consegneranno ulteriori “clienti” alla criminalità organizzata, unica organizzazione che pare funzionare in determinati territori, dato che lo stato, quando va bene, latita, altrimenti ti rema contro!
Qualche PM di frontiera ha subito sollevato il problema ed è subito stato inascoltato come di regola si usa con i competenti, istituendo una novella task force che illumini con soluzioni fumose.
Pare che esista una correlazione inversa tra inefficienza dello Stato, presenza di criminalità ed evasione tributaria, dovendo riflettere che invece che combattere evasione e crimine (effetti), forse sarebbe opportuno far funzionare la macchina statale nei confronti dei cittadini (causa), una volta per tutte.
Ma è difficile, faticosa e non vi sono né nastri da tagliare né teste da esporre o da mettere al 41-bis: nessuna medaglia o paginata roboante di giornale, niente riflettori né possibilità di assurgere a nuovi censori quali professionisti prezzolati dell’antimafia.
La risoluzione delle cause è il perseguimento degli interessi dei cittadini, che presumibilmente sarebbero anche irriconoscenti, peraltro dimenticandosi che “Il bene si fa, ma non si dice. E certe medaglie si appendono all’anima, non alla giacca” (Gino Bartali).
La politica e la pubblica amministrazione di quei territori diviene, a questo punto, con le proprie omissioni, complice, se non agente provocatore di tale inquinamento criminale, per la propria incapacità dolosa (almeno nella forma del dolo eventuale) di avere bloccato un’economia senza alcuna conoscenza della situazione reale né alcuna capacità di assistere lavoratori e imprese.
Per Levi, Cristo si è fermato a Eboli, il Governo non è neanche partito, suggellando altresì il monito di Catone il Censore: “I ladri di beni privati passano la vita in carcere e in catene, quelli di beni pubblici nelle ricchezze e negli onori”.
Twitter @s_capaccioli