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Nell’incertezza della pandemia, Visco invoca riforme e giustizia sociale
Quest’anno assistere in diretta video alle Considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia è sembrata un’esperienza distopica: l’unico a viso scoperto era Ignazio Visco, mentre tutto il Direttorio e i pochi presenti distanziati indossavano la mascherina. Che tempi! Fin dalle prime righe delle Considerazioni finali – la summa del pensiero della Banca d’Italia – il linguaggio tipicamente felpato di Via Nazionale assume toni preoccupati: “E’ una crisi senza precedenti nella storia recente, che mette a dura prova l’organizzazione e la tenuta dell’economia e della società”.
In un contesto normale sarebbe impegnativo uscire da un “desolante quindicennio di regresso e di ristagno (Pierluigi Ciocca, Ricchi per sempre?, cit.). Figuriamoci con questa depressione economica, che rende il ciclo economico mondiale più incerto che mai. E’ inutile farsi illusioni, è meglio prendere consapevolezza che la strada della ripresa sarà lunga e costellata di fatiche. Nelle parole di Visco: “Ci vorrà tempo per tornare a una situazione di normalità, probabilmente diversa da quella a cui eravamo abituati fino a pochi mesi fa”. Il rischio maggiore è la deflazione, che “potrebbe avviare un avvitamento tra il declino dei prezzi e quella della domanda aggregata”.
Con l’incertezza delle prospettive economiche a mille, sarà naturale vedere un calo degli investimenti privati, che dovrebbe indurre la politica economica a spingere con decisione sugli investimenti pubblici, ma come abbiamo scritto di recente, non tutti gli investimenti sono virtuosi. Bisogna distinguere e procedere a valutazioni rigorose. Proprio perché arriveranno dall’Unione europea vagonate di miliardi di euro, occorrerà agire con prudenza e sobrietà. L’idea di aver ottenuto soldi “a fondo perduto” fa già ingolosire molta gente, politici e mandarini in primis. Visto che “chi parla male, pensa male e vive male” (Nanni Moretti, Palombella rossa, cit.) chiamiamoli grants, così almeno mettiamo le mani avanti. Visco spiega che “i ritardi rispetto alle economie più avanzate non possono essere colmati con un aumento della spesa pubblica, se non se ne accresce l’efficacia e non si interviene sulla struttura dell’economia”. Come ha scritto Roberto Perotti, “Nessun governo (figuriamoci questo, denso di ministri sostenitori del disastroso motto “uno vale uno”, ndr) neanche il più competente e ben intenzionato, può riuscire in così poco tempo a trovare idee intelligenti e fruttuose e spendere il 10% del Pil di un anno che gli è piovuto dal cielo”.
A livello di finanza pubblica, con lo sforamento dei parametri di Maastricht (disavanzo al 10,4%), il debito pubblico volerà (debito/pil al 156% secondo le stime di Bankitalia) e ci vorranno molti anni di crescita economica per rientrare nei ranghi. Lo stesso varrà per le imprese che stanno ricorrendo ai finanziamenti bancari. Il rischio è un prossimo squilibrio della struttura finanziaria, per cui sarebbe opportuno bilanciare il debito bancario con aumenti di capitale. La storica sottopatrimonializzazione delle imprese renderà ancora più fragili le piccole e medie imprese, i cui margini spesso sono così bassi da coprire a fatica gli oneri finanziari. A fronte di tutte queste difficoltà, Visco invoca la consapevolezza delle scelte da compiere e invita tutte le forze sociali a “rompere le inerzie del passato”. Sappiamo bene che rimandare alle calende greche è lo sport nazionale.
L’incertezza di oggi deve essere contrastata sul fronte delle aspettative, attraverso un “disegno organico di riforme”, che la politica non ha mai voluto affrontare, nonostante spesso si tratti di riforme a costo zero. Provvedimenti volti ad aumentare la concorrenza (sparita dal radar governativo) nel settore dei servizi non costerebbero alcunché. Più chiare si fanno le prospettive, più si influenzano le aspettative e si accresce la fiducia, senza la quale non si fanno neanche figli. Siccome “il futuro non è più quello di una volta” (Paul Valery, cit.) sono sempre meno le coppie disposte a uscire dalla sindrome del figlio unico. Secondo Bankitalia, la popolazione di età compresa tra 15 e 64 anni si ridurrà di oltre 3 milioni nei prossimi 15 anni. Come scrive la sociologa Chiara Saraceno, le famiglie sono lasciate sole – il welfare è come sappiamo basato quasi esclusivamente sulle pensioni. Ne abbiamo avuto la dimostrazione in questi mesi con scuole e asili chiusi a tappo, mentre in Francia e Germania hanno riaperto. Come si fa ad andare a lavorare con i figli a casa? Tutto spesso ricade sulle spalle delle donne, indi per cui l’occupazione femminile in Italia è tra le più basse d’Europa.
Visco ha puntato spesso sulla virtù della conoscenza (Investire in conoscenza, il Mulino, cit.), per cui è naturale leggere nelle Considerazioni un riferimento al capitale umano e all’importanza dell’istruzione. A fronte dell’affermazione che “la preparazione e la motivazione degli insegnanti sono essenziali”, leggiamo sui giornali con rammarico che non è previsto alcun concorso per la prossima sfornata di assunzioni di insegnanti (ha senso assumere in presenza di un prossimo calo demografico?).
Verso la fine Visco – allievo di Federico Caffè – cita John Maynard Keynes che suggeriva di predisporre un “piano in uno spirito di giustizia sociale”, volto a ridurre le disuguaglianze. La mente di chi scrive è andata a un discorso di Camillo Benso Conte di Cavour, che in un intervento alla Camera del 1850 disse: “Vedete, dunque, o signori, come le riforme, compiute a tempo, invece di indebolire l’autorità, la rafforzano, invece di crescere lo spirito rivoluzionario, lo riducono all’impotenza”.
Prima di chiudere con un messaggio positivo – “Nessuno deve perdere la speranza” – Visco esce dal discorso scritto e ricorda a braccio Fabrizio Saccomanni, scomparso nell’agosto scorso (già direttore generale della Banca, mancato governatore per il veto dell’allora ministro Giulio Tremonti) ed Alberto Alesina (capo del dipartimento di economia ad Harvard University), che mancheranno alla comunità italiana per la forza delle idee, la franchezza (dei grandi) e la straordinaria umanità.
Twitter @beniapiccone