Il grande lutto: ai piccoli imprenditori respinte le domande di prestito

scritto da il 27 Maggio 2020

Possiamo di certo intonare un irreprensibile peana agli officianti del Cura Italia per la qualità e la solennità dei numeri: ben oltre 1 milione di richieste di moratoria sui prestiti, la maggior parte delle quali proviene dal mondo delle imprese. Poco meno della metà, invece, dalle famiglie. Dunque: sospensione di obblighi e scadenze. L’aggiunta, di primo acchito, parrebbe una ridondanza bell’e buona o, in altri termini, una tautologia urticante. Tuttavia, a ben vedere, cioè riesaminando il termine con un po’ di pazienza, si tratta di qualcosa di diverso. Nell’audizione (29 aprile 2020) di Stefano Cappiello, Dirigente Generale Sistema Bancario e Finanziario del MEF, presso la Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Sistema Bancario e Finanziario, tale categoria economico-emergenziale viene fatta rientrare tra le misure di supporto alla liquidità. Ed è bene precisare che le definizioni non sono affatto rielaborate dallo scrivente, ma sono fedelmente citate dalla relazione pubblicata sul sito dello stesso MEF. Ne abbiamo così testimonianza scritta.

Il fatto è che una sospensione e l’eventuale ricalcolo dell’ammortamento non costituiscono liquidità aggiuntiva né si qualificano come un rinnovo della trasmissione monetaria cui è deputato il sistema bancario. Nessuno impedisce al narratore di trarne una visione del successo, così da riproporre la questione come l’avanzata trionfale del legislatore illuminato e prodigo, e, allo stesso modo, il giornalista plaudente ha tutto il diritto di vedere aprirsi le cateratte del cielo in segno d’avvento, ma ne nascerebbe solo un documentario picaresco e null’altro. Quando si annota pure che oltre l’80% delle domande è stato accolto positivamente, si è scossi da un moto d’orgoglio, laddove, per converso, forse inconsapevolmente, stiamo celebrando un lutto nazionale. In parole povere, ma efficaci e spartane: un milione e alcune centinaia di migliaia d’imprese non possono più permettersi di pagare le rate del proprio debito.

C’è forse ragione d’inorgoglirsi della ‘concessione’ bancario-legislativa, quasi fosse una manna?

Se un certo numero di aziende non è in grado di rimborsare un prestito, ciò si traduce, in genere, oltre che in un abbassamento del loro rating e dei loro indicatori di liquidità in bilancio, in un morboso calo della produzione aggregata e in una limitatissima, ma inevitabile, remunerazione di capitale e lavoro. A tal proposito, non a caso, s’è detto e pubblicato molto dappertutto. Qui, non intendiamo riscaldare la minestra né vogliamo giocare con l’arte del riassunto. Preferiamo piuttosto richiamare l’attenzione sull’inaccettabile sostituzione d’una misura con un’altra sul piano della narrazione e, di conseguenza, sull’uso improprio dei termini o sulle inesistenti relazioni dialettiche. Si continua a dire che l’economia non è una scienza esatta. Chi scrive non è un economista, ma un analista del linguaggio che studia il modo in cui l’economia viene ‘descritta e, soprattutto, ‘raccontata’ e ritiene che il problema delle scienze economiche non sia l’inesattezza, ma il protagonismo disfunzionale di chi se ne proclama portavoce.

Di là dall’inesausta querelle, a fortiori, confidando nella tolleranza del lettore, scegliamo di rinunciare, almeno per una volta, a farcire il testo di dati, numeri, grafici e tabelle per fare una passeggiata virtuale tra le persone, padri di famiglia, imprenditori, bottegai, artigiani e tutte quelle forme di esistenza microeconomica che, molto di frequente, vengono materialmente oscurate dal profetismo di scena. Il D.L. n. 23/2020 ha introdotto le garanzie per i cosiddetti prestiti assistiti per far fronte all’emergenza COVID-19, garanzie che devono essere rilasciate da SACE e dal Fondo per le PMI. L’intervento legislativo consente, com’è noto, di accedere alla liquidità messa a disposizione dall’Eurosistema. In un comunicato stampa diffuso da Banca d’Italia il 20 maggio scorso, si legge pure che potranno essere conferiti in garanzia “i prestiti all’interno dei portafogli di crediti alle imprese, a prescindere dalla probabilità di insolvenza (PD) attribuita al debitore (viene, pertanto, eliminato il limite di PD massima, attualmente pari al 10%)”.

Qui, devono venir meno lo scrupolo e il rigore dello studioso, con cui si vorrebbe ossessivamente e ripetutamente suffragare ogni affermazione con una fonte e con dei dati, al solo scopo di riferire ciò che ci accade intorno, con la semplicità con cui lo farebbe un bambino. Forse che il blog d’un quotidiano blasonato e di nobile reputazione non dovrebbe parlare della gente e del loro disagio?

Nel far questo, è necessario che la prima persona plurale, sempre adottata per umiltà e per far sì che la scrittura non giunga al lettore come un ampliamento dell’ego, lasci il posto alla prima persona singolare, vale a dire a un ‘io narrante’ che sia ‘elemento tra gli elementi’.

Pubblicare su Econopoly, sul Sole 24 Ore o su qualche altro quotidiano (Linkiesta, in passato qualche contributo su la Repubblica) mi ha permesso, naturalmente, di acquisire un po’ visibilità, a tal punto che, non di rado, la gente, tramite le chat dei social network, mi contatta per chiedermi dei pareri. Talvolta, m’insultano; talaltra, mi lodano; il fermento c’è e, molto probabilmente, è uno sprone più importante di quanto si sia disposti ad ammettere. Non ho mai creduto a coloro che dichiarano di scrivere solo per sé, sprezzanti del parere altrui. O, per lo meno, non mi riconosco alcuna superiorità umana e intellettuale, pertanto, ogni sillaba che mi viene rivolta è per me motivo di gratificazione. Non so neppure se facciano bene a rivolgersi a me per dei consigli: sono solo un operaio della parola e, in me, vedo sempre e solo i limiti delle opere che non ho lette.

Perché questa pausa d’introspezione nel bel mezzo di un articolo?

Poco meno di un mese fa, ricevetti una richiesta di messaggio su Messenger. Non conoscendo il mittente, accettai a stento. Dopodiché, lessi il resoconto di una delle tante tragedie: “Buongiorno. Sono un parrucchiere. Io la leggo sempre e la stimo. Spero che lei possa aiutarmi a capire. Ho fatto una richiesta di prestito alla mia banca. Ma mi hanno detto di no. È stato respinto subito. Io ho sentito dire che ci sono le garanzie. Secondo lei perché?”. Sulle prime, mi sentii talmente a disagio da non sapere rispondere. Feci passare un paio di giorni e, a quel punto, gli feci delle domande su possibili insolvenze e sulla sua situazione debitoria. Dopo che mi ebbe risposto, provai a spiegargli la differenza tra una dichiarazione politica o il titolo di un giornale, il testo di un provvedimento e la sua applicazione nell’economia reale. E ne fui oltremodo imbarazzato non perché mancasse un comune codice culturale tra di noi, come qualche raffinato benpensante potrebbe insinuare, ma perché, di fatto, la stessa incongruenza, in teoria, non sarebbe ammissibile. “Così come faccio? Non potrò riaprire.” mi chiese da ultimo. E aggiunse: “Lei mi può aiutare?”. Non potevo aiutarlo né dargli ulteriori risposte. Osservai a lungo quella chat storcendo le labbra e fui costretto a congedarmi da lui tra incertezza e stordimento.

Io stesso attendo ancora oggi il primo contributo di 600 euro da parte dell’INPS e non sono l’unico, giacché la schiera è folta; il che vi fa comprendere che non appartengo ad alcuna categoria di personaggi privilegiati.

L’economia reale è per lo più investita dall’invisibile, tanto da essere sottratta all’uso e alla vita comune; al culmine di questa violazione dell’esistenza, si raggiunge il parossismo della distruzione e, indirettamente, dell’uccisione sociale.

Il parrucchiere non fu l’unico a rivolgersi a me, anzi, in quello stesso periodo, ricevetti tante sollecitazioni: quasi tutte uguali, così numerose che avrei potuto produrre dei cahiers de doléances. Pochi giorni prima, in effetti, avevo pubblicato, sempre su Econopoly, un articolo intitolato “La liquidità di Conte non è immediata”, in cui tentavo di far notare che l’entusiasmo con cui era stata annunciata la liquidità era infondato. Di conseguenza, lettori d’ogni genere, sicuramente sopravvalutandomi, avevano visto in me l’interlocutore ideale. Ognuno di loro mi riproponeva sempre lo stesso problema: richieste di finanziamento respinte dalle banche. Certo, adesso sarebbe troppo comodo andare a consultare report e statistiche, ‘interpellare’ l’ABI, ma un dualismo scettico avrebbe la meglio su di me, mi sentirei sicuramente preda di un demone ingannatore. E, non possedendo l’acume funzionale dei logici di Port Royal, forse non sono in grado di formulare un giudizio (per es. “La liquidità è immediata”) in cui il soggetto d’una dichiarazione di politica economica sia compreso nell’estensione degli attributi utilizzati.

Tra le altre cose, la Banca d’Italia, Cassandra o Sibylla, secondo che la si voglia ribattezzare come vittima d’un sistema o interprete d’una volontà suprema, faceva sapere che alle imprese serviranno almeno 50 miliardi entro l’inizio dell’estate, mentre presso l’ente sommo dei nominalisti europei si concepivano gli Additional Credit Claims.

Insomma, forse Dio provvederà un agnello per l’olocausto, ma, per il momento, questo popolo di Dio è esso stesso il capro della grande ‘moratoria’, che si configura come un esodo lungo ed estenuante. La sofferenza è sicuramente la prova dell’alleanza, ma, prima o poi, non ci si meravigli che gli uomini si costruiscano un vitello d’oro rifugiandosi sotto le ali del populismo e del sovranismo!

 

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