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Imparare a sopravvivere, bene, nel mondo dell’incertezza
Post di Paolo Sironi, Global Research Leader Banking and Finance, IBM Institute for Business Value –
La recente crisi mondiale dovuta alla pandemia ha colpito duramente il bilancio delle famiglie, la profittabilità delle imprese e il senso di fiducia da parte della società civile. Il sistema economico e finanziario sta affrontando, per l’ennesima volta, una crisi molto complessa con la prospettiva di uscirne profondamente cambiato. Affinché il cambiamento sia un momento di crescita e progresso, bisogna prendere piena consapevolezza di alcuni elementi chiave che emergono oltre la retorica degli ultimi anni sui modelli di business, sul tema dell’innovazione e sul rapporto tra banca e cliente. Tre sono i punti chiave da affrontare in modo costruttivo: il nostro rapporto umano con l’incertezza, i principi di trasparenza in ottica di etica consequenzialista, la centralità dell’essere umano nell’azione economica e digitale.
Si tratta, in primo luogo, di delineare come affrontare la cosiddetta “incertezza fondamentale” – che l’ECON Committee ha portato all’attenzione di Christine Lagarde e Mario Draghi su invito del Parlamento Europeo – per prepararsi a sopravvivere nella vita e nella gestione d’impresa di fronte alle avversità impreviste. In secondo luogo, si deve comprendere come usare in modo proattivo la trasparenza regolamentale – che ha ispirato la Commissione Europea nei lavori preliminari della MiFID2, quale sorgente di fiducia e collaborazione tra banca e cliente – per creare un sistema economico e finanziario anti-fragile. In terzo luogo, ne discendono le linee guida per costruire un modello di banca ispirato alla human-centricity integrando il concetto di client-centricity, per aiutare le imprese finanziarie a passare da una fase reattiva, basata sul “prodotto adeguato”, a un approccio interattivo di consulenza ongoing, basato sulla “scelta consapevole”. In sostanza, è possibile disegnare un percorso professionale che permetta di affrontare la sfida digitale in termini di valore (non solo di volumi) per l’utente e per la comunità (aumentando la capacità di relazione tra gli individui e la resilienza delle imprese, senza dimenticare le complessità dell’infrastruttura digitale incompleta e del “digital divide”).
INCERTEZZA FONDAMENTALE
L’incertezza fondamentale coglie sempre tutti impreparati, cosi come il coronavirus. È per questo che il tema della sopravvivenza si impone, per l’umanità, non solo come un elemento di lungo periodo ma anche sul tempo breve, coinvolgendo sia la vita delle persone individualmente, che la resilienza delle imprese e delle istituzioni democratiche. Il realizzarsi dell’incertezza fondamentale si configura sia come un drammatico accorciamento del tempo disponibile per prendere le decisioni, sia come una presa di coscienza della estrema vicinanza dell’incertezza rispetto al nostro sistema di riferimento, in quanto direttamente legata anche ai nostri comportamenti e alle nostre decisioni precedenti. L’incertezza non è dunque più una variabile esogena al sistema, come spesso ipotizzato dagli economisti e analisti finanziari, ma diventa endogena e come tale deve essere integrata nei nostri processi decisionali e comportamentali, quindi nel nostro sistema sociale e professionale di riferimento.
Lo ha ricordato chiaramente l’ECON Commitee a settembre 2019, nel paper “Challenges ahead for the ECB: navigating in the dark?” richiesto dal Parlamento Europeo e dedicato a suggerire punti di attenzione per ispirare l’azione della BCE e dell’organo di sorveglianza con l’arrivo di Christine Lagarde. È carattere proprio dell’incertezza fondamentale di non essere misurabile e quindi di essere troppo spesso allontanata dal processo decisionale (sia della banca centrale, che dell’impresa, che delle famiglie), focalizzando gli operatori economici e le famiglie solo sulla parte misurabile che è sfortunatamente verificabile solo ex-post. Nella gestione del rischio finanziario, quest’ultimo deve manifestarsi storicamente per essere trattato (analisi statistica della serie storiche). Invece, nella relazione con l’incertezza non finanziaria l’essere umano ha imparato (non sempre efficacemente) a interrogarsi sui comportamenti virtuosi che, soprattutto dal punto di vista medico, corrispondono a fare della prevenzione. Allo stesso modo, l’ECON Commitee invita a non considerare l’incertezza in modo passivo, ma ad agire in modo attivo modificando le regole e i comportamenti del sistema finanziario per poter essere capaci di superare il palesarsi dell’incertezza stessa (quindi di rischi non conosciuti) con un atto di prevenzione, al fine non mettere in pericolo la credibilità e sopravvivenza delle stesse istituzioni.
In sostanza, seppur sembri importante discutere delle cause della crisi attuale in termini di responsabilità accertabile (accountability), è altrettanto importante garantire che il sistema una volta entrato in stato di stress non collassi, attivando regole e comportamenti che garantiscano la sopravvivenza nella fase di turbolenza. In maniera simile per i terremoti, pur non essendo possibile prevederli né purtroppo evitarli, la responsabilità dell’architetto e del costruttore è garantire che la casa non crolli pur subendo qualche danno. Se la casa crolla, la responsabilità principale è dell’architetto, non del terremoto.
La sollecitazione dell’ECON Commitee richiede una risposta che vorrei qui delineare con uno spirito propositivo, aiutando a capire tutti insieme non solo come rendere il sistema bancario più anti-fragile nei confronti dell’incertezza ma anche come esso possa contribuire a costruire nuove modalità di creazione del valore per i cittadini restando a supporto dell’economia nei momenti di stress. Questa risposta passa attraverso una revisione del modello di business delle banche, auspicato dallo stesso Mario Draghi nell’ultimo discorso presso la pressroom della BCE il 12 Settembre 2019, in cui ha sottolineato che “il problema delle banche non sono i tassi negativi, ma la necessità di cambiare il modello di business nell’era digital”.
Questo cambiamento deve affrontare e risolvere alcuni punti critici:
– garantire che le banche restino gestori attivi e non passivi della liquidità (come osservato dagli analisti JP Morgan e ripotato dal Financial Times, spiegando perché la crisi attuale sia una crisi non solo dell’economia reale ma anche finanziaria a fronte della difficolta del sistema bancario di essere efficace meccanismo della trasmissione politica monetaria nonostante l’eccesso di liquidità);
– garantire che esse integrino a tendere l’impatto delle Central Bank Digital Currencies (CBDC) nella trasformazione del sistema monetario e della trasmissione del credito (come osservato nel 2019 da Thomas Jordan, governatore della Swiss National Bank, presagendo provocatoriamente che le banche centrali avrebbero “aperto sportelli commerciali”);
– garantire che esse consentano al sistema dei pagamenti digitali di evolvere per trasformare le relazioni primarie con la clientela in ottica di open banking (e assicurare che il sistema funzioni anche nei momenti di lockdown fisico);
– garantire la tutela dei risparmiatori non in termini negativi (negazione all’azione sulla base di un catalogo prodotti non adeguato) ma proattivi (responsabilizzazione alla relazione cliente / banca, come ricordato dal direttore generale della Commissione Europea Mario Nava in occasione del dibattito regolamentare ESG e SRI).
TRASPARENZA
In questa fase impegnativa per la società civile, la trasparenza appare come l’elemento guida per affrontare questi punti critici, facilitando una convergenza consapevole nei comportamenti che permetta ai cittadini e alle banche di assumersi le rispettive responsabilità nella tutela del weakest link (famiglie retail nel caso del sistema bancario, malati bisognosi di terapia intensiva nel caso del sistema sanitario nazionale). È la trasparenza rispetto all’incertezza, necessariamente associata a una capacità di comunicazione pedagogicamente responsabile, che crea un’etica consequenzialista incidendo in modo liberale e non normativo sui comportamenti individuali, consentendo di procedere al cambio di paradigma nei modelli economici e sociali in modo virtuoso e non dannoso. Ciò avviene per effetto della presa di coscienza attraverso la fiducia ad agire.
Come ricordato da Kang Kyung-Wha, ministro degli esteri sud-coreano, la trasparenza è stata la risposta inizialmente vincente per spiegare l’efficacia della risposta istituzionale e civile della Corea del Sud alla pandemia (basso tasso di mortalità in assenza di lockdown generale). Ovviamente, questo processo comporta costi e conseguenze che devono essere discussi e comunicati. Parimenti, la Commissione Europea aveva individuato nella trasparenza regolamentare, anima fondante della MiFID2, l’elemento chiave per ricostruire la fiducia dei risparmiatori di fronte ai costi e ai rischi delle scelte di investimento. La strutturazione del sistema finanziario nei confronti dell’incertezza fondamentale apre il processo di intermediazione con la clientela a una discussione di valore che preceda (e in alcuni casi sostituisca) l’analisi dei prodotti finanziari verso un modello di consulenza patrimoniale olistica. La chiave di volta, ancora non pienamente compresa dall’industria, rimane sempre la stessa di quello previsto dalla MIFID2 (pur con i limiti regolamentari tutti perfettibili), cioè il cambiamento del rapporto tra banca e cliente che si basa sulla trasmissione di valore tramite la relazione professionale, trasparente e comprensibile, che diventa base della remunerazione. La nuova banca diventa quindi elemento chiave con le filiali, il personale riqualificato, l’accesso digitale condiviso (ibrido) per aiutare il sistema economico attraverso i suoi agenti a industrializzare il concetto di “purpose” e “impact”, riqualificando tutte le scelte di investimento (mobiliare, immobiliare, mutui, prestiti) in ottica di anti-fragilità attraverso la presa di coscienza nelle decisioni. Per esempio, il sistema pensionistico privato fortemente legato alle dinamiche delle attività finanziarie rischia di non regge di fronte all’incertezza aprendo la forbice con le passività, imponendo de facto una visione a 360 della pianificazione finanziaria e quindi della gestione “professionale” per obiettivi. Questo richiede di basare il valore della banca sulla consulenza a tutto tondo con le famiglie e le imprese, che superi i paletti organizzativi e regolamentari che vedono il risparmio, il credito, l’investimento e l’assicurazione come pilastri separati da ottimizzare ognuno al proprio interno. Non è così e così non deve essere affrontato, nell’interesse del cliente e anche degli azionisti che sappiano guardare alla banca come soggetto economico capace di competere nel lungo periodo e non solo nel breve.
La trasparenza, infatti, riguarda non soltanto gli incentivi e i costi della relazione, ma anche le conseguenze delle decisioni economiche (visione basata sull’immaginare il futuro, non solo replicante il passato). Per esempio, l’ottimizzazione dei sistemi sanitari nazionali sulla base dei dati storici per definire la disponibilità di posti in rianimazione (diversamente da quello tedesco) ha portato il sistema verso il collasso. In maniera ripetuta, il palesarsi dell’incertezza fondamentale appare non piu “locale” in termini di spazio (Cina rispetto all’Italia, Lodi rispetto a Milano, Italia rispetto alla Francia) o “distanziabile” in termini di tempo (prossime generazioni, inutile preoccuparsi ora). Allo stesso modo, l’ottimizzazione del modello bancario e finanziario sul cost/income di breve in ottica di remunerazione degli azionisti (senza vera comprensione dell’impatto sull’ecosistema ambientale, sui clienti e i dipendenti) non sembra permettere di prendere scelte di costo veramente consapevoli rispetto a situazioni di stress. Ne è prova la necessità di garantire coesione dell’azione a supporto del palesarsi come mai prima di tutta una serie concomitante di rischi operativi.
Gli stress test regolamentari richiesti da Basilea erano proprio volti ad aprire il sistema alla riflessione sull’incertezza quale “lesson learned” della crisi del 2008. Essi però assumo valore vero solo se concepiti oltre il modello quantitativo affinché il risultato non sia soltanto la contrazione dei comportamenti al “minimo indispensabile” (che crea credit crunch pro-ciclico e crisi di dislocazione della liquidità) ma nella rivisitazione dei modelli di business per ottenere resilienza durante e oltre la crisi, garantendo l’accesso ordinato ai mercati dei capitali, al credito e alle esigenze assicurative a servizio della clientela (vero patrimonio della banca). L’approccio olistico sta quindi attraversando la banca e l’assicurazione come istituzioni finanziarie che fanno interagire tutti gli agenti economici e finanziari. Anche l’analisi costi/benefici prevista per gli switch di investimento nel suitability framework della MiFID2 è stato un tentativo del regolatore di aprire il dialogo con il cliente rispetto all’incertezza senza limitare la compliance a basarsi su misure storiche non rappresentative dell’incertezza futura.
HUMAN-CENTRICITY
La centralità del cliente deve quindi essere integrata dalla centralità dell’essere umano, ovvero il business-to-human. La client-centricity porta con sé il concetto di prodotto della “output economy” (si è clienti se si compra) già superato in termini di piattaforme di servizi. La human-centricity segue invece il concetto di valore della relazione come evidenziato proprio delle piattaforme della “outcome economy” (si è esseri umani in quanto in relazione gli uni con gli altri, sia essa diretta o digitale, generando uno scambio di valore trasparente e comprensibile). Il cambiamento di centralità non è impossibile perché comporta semplicemente un cambiamento di prospettiva nel modello di business, attraverso un’inversione del principio di conoscenza dal “prodotto adeguato” alla “scelta / decisione consapevole”. La trasformazione della banca richiede di ridisegnare il suo scopo da istituto creditizio, che fornisce soluzioni accessorie ancorché sempre più rilevanti (pagamenti, investimento, assicurazione), a istituzione cardine del processo di relazione economica e finanziaria moderna che integri anche l’azione creditizia in un modello di business basato sulla pianificazione finanziaria delle famiglie e delle imprese, che arricchisca i principi di educazione finanziaria e permetta di passare dal marketing del prodotto al marketing del servizio nella relazione. In sostanza, lo sforzo di riavvicinamento tra banca e cliente non si esaurisce nell’utilizzo dei dati affinché la banca ottimizzi la vendita prodotti sulla base di una maggiore conoscenza del cliente (output economy), ma viene preceduto e si realizza nel mettere in cliente in grado di conoscere la banca e di relazionarsi con il problema dell’incertezza finanziaria tramite la relazione di risparmio, investimento, credito e assicurazione (outcome economy). Solo in questo caso l’engagement del cliente diviene permanente perché abilita il cliente a un percorso di crescita dinamico e non statico come in passato. La “data driven bank” si deve fondare sul concetto di “data enabled client” per creare valore, comprendendo come il digitale può veramente creare vicinanza e valore anche in momenti drammatici come il lockdown.
Pertanto, il digitale assume tutta una nuova valenza rispetto al passato. Esso non sostituisce la relazione ma è uno strumento arricchente della relazione umana. Il cuore non è la user experience (essenzialmente tattica, non strategica) ma la user engagement (che è l’unico elemento di ammortamento degli shock basati sull’incertezza). Ciò che colpisce nei giorni del lockdown è la necessità di comunicazione e vicinanza per trovare una modalità condivisa di affrontare le difficoltà. Solo lo “spessore” della relazione spiega al cliente l’importanza di restare investiti o meno oltre le regole meccanicistiche della regolamentazione (espresse nella frattura delle soglie di rischio coerenti ai processi di compliance, che guardano alle perdite realizzate non agli scenari prospettici). Chiaramente, la relazione efficace si avvale anche della capacità della banca di fornire i servizi di base in modo continuativo e non intermediato. È tuttavia necessario evitare di cadere nella trappola del “digital divide” (esclusione della clientela che per anzianità o reddito non è in grado di orientarsi sullo smart phone). Si pone quindi in evidenza il tema di cambiamento nel modo di fare banca, sia all’intero che verso l’esterno. Le funzioni aziendali devono poter funzionare sia in situazioni normali che di crisi, quindi essere in grado sia di supportare il telelavoro per i dipendenti e fornitori che di permettere l’accesso ai servizi in caso di escalation delle richieste (evitando il crash delle piattaforme di trading come nuovamente avvenuto negli Stati Uniti a blasonate istituzioni o startup innovative).
In sostanza, i principi della “Financial Market Transparency” nell’azione economica, finanziaria e regolamentare sono fondamentali per creare fiducia contro l’incertezza, consentendo al sistema bancario di trasformarsi in ottica digitale e creare progresso al servizio dell’essere umano, della comunità e del pianeta.
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