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Che cosa sono le imprese zombie e perché forse è giunta la loro ora
La stagnazione della produttività rappresenta uno dei principali problemi dell’economia europea e italiana degli ultimi anni. Nonostante una ripresa del sistema Europa dopo la crisi del debito del 2012, la produttività media ha subito un lento declino.
Per spiegare questo declino, gli economisti hanno addotto ragioni cicliche quali la crisi finanziaria del 2008 e il rallentamento generalizzato delle economie mondiali e ragioni strutturali. Tra queste si annoverano il declino del progresso tecnologico, errori di misurazione e un minore dinamismo imprenditoriale. Molti attribuiscono la crisi della produttività globale a un’allocazione errata delle risorse economiche. Gli esponenti di questa teoria sostengono che la forte riduzione dei tassi di interesse abbia dato luce e forza al fenomeno delle “zombie firms”, le imprese zombie. Che cosa sono?
Con “zombie firms” si fa riferimento ad imprese con oltre dieci anni di età e che da tre anni o più non riescono nemmeno a ripagare gli interessi sul debito. Sarebbero tecnicamente fallite, ma vengono tenute in piedi per volontà dello Stato o, più spesso, delle stesse banche creditrici che, in caso di fallimento, dovrebbero iscrivere a bilancio la perdita, con ovvi riflessi sul loro stato patrimoniale, e quindi preferiscono continuare a prestare. Le “zombie firms” apportano quindi un contributo nullo all’economia di un Paese ma anzi determinano a essa un danno in quanto comportano un’errata allocazione di risorse che potrebbero essere destinate a start-up innovative e produttive.
La sopravvivenza delle zombie firms in Europa è stata garantita dalla prolungata politica monetaria espansiva della Banca Centrale Europea, caratterizzata da tassi di interesse vicini allo zero che hanno consentito anche ad aziende prossime al fallimento di prendere denaro a prestito dalle banche senza incorrere in insostenibili costi per ripagare i debiti contratti.
Nel 2018 l’OCSE ha dichiarato con fermezza la necessità di ciascun Stato europeo di lavorare alla graduale riduzione ed eliminazione di queste realtà imprenditoriali. È tuttavia chiaro come ciò rappresentasse un arduo compito vivendo nell’era dei tassi di interesse a zero e nel pieno di una prolungata ripresa economica globale. Nessuno, tuttavia, si attendeva che il 2020 riservasse lo scoppio di una delle più temibili pandemie della storia moderna e l’avvento di una crisi economica di inaudite proporzioni per rapidità e intensità. Albert Einstein diceva:
“una crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi”.
Le crisi economiche hanno il beneficio di scuotere il tessuto imprenditoriale di un Paese implicando la sopravvivenza delle sole realtà più solide e dal potenziale innovativo.
Questa crisi potrebbe finalmente determinare la morte delle zombie firms e lasciare maggiore spazio a tutte le giovani realtà imprenditoriali che necessitano di capitale e che possono rappresentare finalmente un volano per un aumento della produttività e un conseguente miglioramento dell’economia, cose che in Italia e in Europa mancano ormai da tanti anni.
A livello europeo, questo sarà possibile solo se si riuscirà ad evitare fenomeni di moral hazard e cioè che imprese già vicine al fallimento (le zombie firms appunto) ne approfittino per ricevere tali sussidi. L’Università di Venezia ha suggerito in un recente articolo come un indicatore oggettivo per tali sussidi potrebbe essere il pagamento dell’Iva dell’anno precedente in quanto in questo modo si andrebbe ad evitare il finanziamento di zombie firms e anche di imprese che nel passato poco hanno contribuito alle entrate dello Stato magari perché evasori.
Twitter @apbocconistu