categoria: Vicolo corto
E se riorganizzassimo anche l’azienda famiglia (all’insegna della parità)?
scritto da Luca Foresti il 13 Maggio 2020
l lavoro domestico è il cardine su cui gira la parità di genere, soprattutto in questa crisi. Le donne fanno molto più lavoro domestico e di cura degli uomini, come mostrano i grafici in basso, presi da Istat. E in questa crisi probabilmente la differenza si è acuita. Questa disparità, strutturale nella cultura Italiana, rappresenta il vincolo maggiore alla parità di genere in termini di opportunità professionali, oltre che essere una situazione che pone sistematicamente le donne in una condizione di “cuscinetto” per tutte le difficoltà vissute dalle famiglie.
Le tre fonti di disparità sono:
- Lavoro domestico
- Cura dei figli
- Cura degli anziani
In questa situazione di crisi dovuta al Covid, con scuole chiuse e rischio di perdere posti di lavoro per tutti, il rischio che stiamo correndo è di approfondire ancora di più questa disparità. La preoccupazione di molti è che la crisi porti indietro ulteriormente le lancette, con le donne a sobbarcarsi l’aggravio di cura causato da una maggiore presenza in casa dei figli.
Il dramma di questa situazione è che non saranno mai gli uomini a costruire le condizione per uscirne perché difenderanno sempre la propria situazione di privilegio. L’unica strada praticabile è una negoziazione dentro alle famiglie all’insegna dell’uguaglianza. Ovvero, detta in modo esplicito, le donne devono chiedere una riunione famigliare e discutere con mariti e figli una redistribuzione del carico di lavoro secondo un principio di uguaglianza.
Si può partire da ciò che piace fare alle singole persone, ma poi sul resto bisogna negoziare in maniera profonda fino a che non ci siano regole chiare e definite, con penali per chi non le rispetta. E dentro a questo schema bisogna far rientrare anche i figli. Sin da piccoli i figli possono benissimo apparecchiare, sparecchiare, riordinare, pulire casa, fare lavatrici e stendere, fare da mangiare, aiutare a fare la spesa, oltre ovviamente a tenere pulita e in ordine la propria stanza.
In queste negoziazioni uno dei cardini è dove si pone il limite della pulizia e ordine accettabile. Molto spesso le posizioni di partenza di donne, uomini e figli sono diverse e anche su questo bisogna negoziare per arrivare ad una definizione di “accettabile” condivisa. Ovviamente se qualcuno della famiglia si rifiuta di entrare dentro alla negoziazione deve semplicemente vedere azzerato ciò che gli altri fanno per lui/lei, in modo che capisca nel concreto cosa significhi una comunità di persone che si aiuta. Azzerato significa azzerato: non gli si fa da mangiare, non gli si lava vestiti e stanza, non li si aiuta nei compiti: li si lascia soli nel loro egoismo a comprendere quanto gli altri fanno per lui/lei.
Non dovrebbe essere usato, come argomento, quello della quantità di ore di lavoro extra-casalingo e di remunerazione (“Io lavoro più di te, guadagno più di te”): è un’arma a doppio taglio, perché è quasi sempre una scelta, anche se molto spesso viene dipinta come una condizione creata dalla società. Anche avere o non avere una colf è una scelta, che dipende dalle condizioni economiche della famiglia. Ma anche con una colf rimangono sempre molte attività e pensieri che devono essere dedicati alla famiglia perché le cose nella microazienda famiglia funzionino.
Ogni grande cambiamento parte dalla reazione degli oppressi. Sul carico di lavoro domestico le donne sono le oppresse e quindi sta a loro ribellarsi e agire accelerando il riequilibrio tra i sessi, in una società in cui la forza fisica non conta più quasi nulla nel successo professionale e i cervelli dei due sessi sono diversi ma hanno esattamente le stesse possibilità di successo.
Twitter @lforesti