categoria: Distruzione creativa
Bitcoin, i rischi e l’evoluzione del sistema di pagamento globale
Cominciai la mia carriera lavorativa in una banca americana. Nonostante in alcuni casi abbiano dimostrato un’eccessiva propensione al rischio, basti ricordare il 2008. Quando entri in banca ti inculcano un’attitudine al rischio molto prudente. Lasciai la banca dopo due anni per una trading house svizzera, dove il concetto di rischio era molto meno prudente. Il trasporto di diesel da una raffineria nel mezzo della Siberia al Mar Baltico, fu la prima transazione che dovetti strutturare. La seconda fu il finanziamento di uno stoccaggio in Mozambico. Fino ad allora, la mia comprensione del rischio, il mio risk box, era limitato alle esperienze che avevo vissuto in banca. Quelle due transazioni non sarebbero mai entrare nel mio vecchio risk box. Con il tempo, il mio risk box si è allargato, avendo individuato i rischi ed i suoi fattori di attenuazione. Da investitore, ha avuto lo stesso effetto quando ho incontrato, per la prima volta, il Bitcoin. Nel primo articolo su Bitcoin che ho scritto su Econopoly, ho descritto gli strumenti che aiutano a comprenderlo come asset. Mi riferisco allo Stock to Flow, lo Sharpe Ratio e la correlazione (e non) che ha dimostrato in questi dieci anni con altri asset. In questo articolo mi concentrerò sui suoi rischi ed il sistema di pagamento globale. Citerò alcuni passaggi della mia conversazione con l’investitore istituzionale Plan B, l’omonimo quant che ha realizzato il modello Stock to Flow.
La relazione delle cryptocurrencies con i governi
Qualsiasi evento o prodotto che crea disruption reca chiaramente sconforto agli attuali operatori. Provate a chiedere ai taxisti quando è arrivato Uber. Bitcoin ha recato lo stesso livello di sconforto al sistema bancario. I critici come l’economista Nouriel Roubini (fu uno dei primi a prevedere la crisi immobiliare del 2008) lo reputano insignificante. La realtà è un’altra. Quando il tema Bitcoin viene discusso in un’udienza al Congresso americano, vuole dire che tanto insignificante non è. Che Bitcoin e le crypto currencies non piacciono a Washington è un dato di fatto. Come mi ha spiegato Plan B, “Il rischio di una messa al bando è un rischio presente”. In generale, molte cryptovalute non sono altro che un software open source che può essere implementato da chiunque in un garage. Finché l’internet è attivo possono essere generate. Queste crypto vengono generate grazie ad un algoritmo. E questo è un incognito per ogni governo: la diffusione di valute non regolamentate. Più velocemente si sviluppa l’internet e più veloce vi è la possibilità che si sviluppino nuove cryptovalute. Plan B continua spiegando che “ad oggi Bitcoin ha circa 100,000 nodi che gravitano in questo protocollo. Spegnerlo è praticamente impossibile. Quello che è possibile è che i governi trovino il modo di regolamentarli. Un bando non funzionerebbe”. Trump e Mnuchin, il ministro del Tesoro americano, hanno parlato spesso di sanzioni nei confronti di Bitcoin e del mondo delle crypto. Il sistema bancario ed i governi avrebbero più possibilità di eliminare Bitcoin se diventassero più competitivi nel mondo delle cryptovalute.
Bitcoin come altri disruptors sembra aver evidenziato un problema nel sistema globale bancario. Un sistema che funziona solo 8 ore al giorno, 5 giorni alla settimana, non sembra molto pratico al mondo d’oggi. Inoltre, politiche monetarie basate sulla svalutazione della valuta lo sono ancora meno. Il sistema bancario lavora ancora su un’infrastruttura arcaica non più adatta ai tempi moderni.
Quando si parla di Bitcoin e crypto non si parla più solo di un gruppo di crypto fanatici. Ad oggi investitori con track record importanti hanno capitali in questo mondo. Basti pensare ad Andreessen Horowitz. Il fondo venture capital di Marc Andreessen miliardario, fondatore di Netscape ed investitore seriale di Silicon Valley. Ha raccolto circa 500 milioni di dollari che saranno investiti in crypto assets. Nel 2018 ne aveva già raccolti 300 milioni di dollari. Ma non sono gli unici.
Libra: Facebook diventa una banca centrale?
L’evoluzione di Bitcoin non poteva passare inosservata dalle grandi Tech americane. E così il giugno scorso, Facebook svelo’ un piano, o meglio il suo piano per creare una valuta che avrebbe rivoluzionato il sistema finanziario. In questo piano, Facebook avrebbe giocato il ruolo della banca centrale e Mark Zuckerberg sarebbe diventato il chairman. A questo proposito Plan B mi ha detto “Qual è la differenze tra Bitcoin e Libra? Libra e’ tutto quello che non è Bitcoin. È una CBDC (Central Bank Digital Currency), ma gestita da un’azienda. Le CBDC come Libra sono uguale a valute FIAT. Nel protocollo Bitcoin ci sono 21 milioni di coins. Bitcoin è raro. Facebook può stampare quanto vuole. Chiunque può avere accesso a Bitcoin. Nel caso di Libra, Facebook decide chi può avere un conto e possono fermare qualsiasi transazione se non gli va bene. Il concetto di Libra e’ l’opposto di quello che e’ Bitcoin. Smonta tutti i principi sui quali e’ stato fondato Bitcoin”. Il sistema Libra come potete immaginare, ha scosso i regolatori, che si sono sentiti raggirati da Mark Zuckerberg. Dopo i problemi che Facebook ha avuto con la campagna elettorale scorsa, e l’udienza al congresso ad Ottobre, Facebook ha tirato indietro il progetto originale. O meglio lo ha notevolmente modificato. Libra v2 e’ meno ambizioso. La nuova valuta sarà legata a valute nazionali, una sorta di dollaro digitale in un conto PayPal.
In tutto questo cosa sta facendo la Federal Reserve?
Nel frattempo, la Federal Reserve ha cominciato a pensare ad una CBDC come base per un nuovo sistema di pagamento in tempo reale. La nuova valuta sarà chiamata FedNow. La sta creando in congiunzione con aziende Fintech e banche che stanno già pilotando criptovalute garantite dal dollaro. Ormai è chiaro che le banche centrali non avranno più il controllo delle valute come nel pre 2009.
In pratica il loro obiettivo è quello di velocizzare i sistemi di pagamento per tutti dagli individui agli imprenditori fino ai fornitori. La carenza del sistema bancario attuale è stata chiara durante questa crisi. Spedire il supporto di $1200 dollari ai cittadini non e’ stato cosi semplice come si pensava originariamente. Per i Bitcoin fans, un crypto dollar non sembra essere una vera alternativa. Come mi ha spiegato Plan B “non risolve il problema inflazionario delle monete FIAT/ CBDC, resta una valuta FIAT. Può essere stampata come il dollaro. Bitcoin invece è unico, non può essere gestito dal governo, e non può essere stampato oltre i 21 milioni di coins”.
Vi sono poi altri problemi che preoccupano i regolatori e la Federal Reserve quando si parla di Bitcoin, Libra e altra cryptovalute. Vi e’ il problema legale e di supervisione di un intermediario. Un concetto che per Bitcoin è un vantaggio, per la Federal reserve e’ un problema. Oggi le banche hanno un ruolo importante in quel senso.
Un altro progetto interessante, vede la Fed collaborare con privati per creare una criptovaluta sostenuta dal dollaro. Questo progetto prevede un sistema crittografico, simile al Blockchain. In questo modo si potrebbero avere i vantaggi del Blockchain per gli individui e quelli di sorveglianza (come anti money laundering) per i regolatori.
L’evoluzione di Bitcoin e gli investitori istituzionali
Nel suo ultimo articolo su Medium, Plan B traccia l’evoluzione di Bitcoin. È passato da un semplice concetto delineato nel White Paper di Satoshi fino a diventare un financial asset. Queste sono le fasi più importanti che ha delineato:
1- Proof of concept –> dopo il White Paper di Satoshi Nakamoto
2- Metodo di Pagamento –> dopo la parità con il dollaro Usa (1 bitcoin = 1 dollaro Usa)
3- E-Gold –> dopo il primo halving, ha raggiunto la parità con l’oro (1 bitcoin = 1 oncia di oro)
4- Asset Finanziario –> è diventato un asset finanziario dopo il secondo halving (1 miliardo di transazioni in un giorno)
A questo punto, il prossimo step per Bitcoin sarà l’adozione o meno da parte dei fondi istituzionali. Senza questo supporto, non può diventare un vero e proprio asset finanziario. Fino ad oggi, fondi come quelli pensionistici sono rimasti fuori. Per alcuni il motivo è la volatilità. In realtà, credo che il problema maggiore sia dovuto alla mancanza di regolamentazione e soprattutto di una struttura legale. Nello stato attuale, fondi pensione non possono investire in Bitcoin, perché non vi e’ nessun ricorso legale. Come dicevo nel mio primo articolo, non e’ un investimento ma una speculazione. Quindi è un asset più adatto a Hedge Fund che a fondi istituzionali.
Ho fatto questa domanda a Plan B. E questa è stata la sua risposta “in questo momento fondi istituzionali non investono in Bitcoin perché non capiscono questo asset, ed investono solo in asset che conoscono e che hanno un track record. Per quello ci vorrà molto tempo. Gli CIO (Chief Investment Officers) seguono la narrativa dei media che vede Bitcoin come un mezzo criminale di riciclaggio. Quants e Hedge Funds capiscono meglio questo asset e investono beneficiando della sua volatilità. Il mondo istituzionale non è pronto”. Nel frattempo, importanti istituzioni che sono in giro da parecchi decenni hanno accolto Bitcoin. Il Chicago Mercantile Exchange (CME) ha creato un contratto futures mentre la Intercontinental Exchange (ICE) e New York Stock Exchange (NYSE) hanno creato Bakkt. Questo è di sicuro un passo positivo per Bitcoin, ma va anche detto che queste tre entità sono degli exchange, degli intermediari. Il loro guadagno viene quando c’è volatilità perché i trader investono di più. E Bitcoin è molto volatile.
Conclusione
Il market cap di Bitcoin è andato da 0 a 170 miliardi di dollari in circa dieci anni. La scalata cosi’ veloce di Bitcoin e di altre crypto è dovuta anche al fatto che il tasso di adozione delle nuove tecnologie è notevolmente aumentato rispetto al passato. Il telefono prima di entrare in tutte le case d’America ci mise 35 anni. L’ internet ce ne ha messi 13. Oggi, grazie agli smartphone, stiamo ripensando a come effettuiamo pagamenti, basti pensare a Venmo. Negli Stati Uniti è molto difficile trovare un Millennial che non utilizza questa app.
Quando parliamo di Bitcoin, vi sono diverse incognite. Innanzitutto il problema legale e di salvaguardia del consumatore. Oggi i conti degli americani sono (fino ad un certo punto) assicurati. Non e’ lo stesso per i possessori di Bitcoin – il protocollo non lo prevede. Queste incognite rendono (per ora) questo asset non disponibile per gli investitori istituzionali, e per diventare un vero financial asset, ci vuole più chiarezza da questo punto di vista.
Nel frattempo, la Federal Reserve è in netto ritardo. Con FedNow l’obiettivo è quello di creare un sistema più veloce ed economico per il risparmiatore. Il progetto di Libra continuerà a svilupparsi, ma completamente regolamentato e garantito dal dollaro. Dopo le violazioni della privacy nell’ultima campagna elettorale, Zuckerberg non può permettersi un nuovo affronto ai regolatori.
Il concetto del denaro continuerà a cambiare molto velocemente. Questo e’ soprattutto merito di Bitcoin. Le banche centrali l’hanno capito e stanno cercando di rimediare. Per quanto riguarda Bitcoin sembra arrivato il test di maturità. Una regolamentazione e’ imminente, come ci ha spiegato Plan B difficilmente verra’ vietato, ma una struttura legale e regolamentazione sono inevitabili. Senza questo sistema, non sarà possibile l’entrata di fondi istituzionali, che storicamente hanno bisogno di queste salvaguardie. Bitcoin rappresenta l’anti establishment. A questo punto, bisogna capire se e’ possibile che la sua ascesa continui senza alcuna mediazione con i regolatori.
I problemi attorno alla creazione di un nuovo sistema di pagamento sono complicati e al di fuori della mia sfera di esperienza. Da investitore ho beneficiato della volatilità di Bitcoin. Fino ad oggi, il protocollo mi piace, l’innovazione era necessaria. Il sistema bancario e monetario sono ormai antiquati. Il White Paper è stata la scintilla che ha innescato questo cambiamento. Seguendo gli articoli di Plan B, sono curioso di vedere quale sarà la fase 5. All bets are still on.
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