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Tutta la verità sul SURE, la cassa integrazione Ue (che è un prestito)
L’Italia sta fronteggiando un’emergenza sanitaria di portata storica. Il rischio è che, con ogni probabilità, potrebbe trasformarsi in una crisi economica senza precedenti: più di 3 milioni di famiglie hanno visto il loro reddito complessivo dimezzarsi, mentre più del 50% delle imprese italiane, senza gli adeguati provvedimenti, rischia di chiudere. A tal proposito è intervenuta la Commissione Europea, sotto la guida della presidente Ursula von der Leyen e, per l’Italia, del Commissario europeo per l’economia Paolo Gentiloni, con una nuova misura di sostegno al lavoro europeo, sotto il nome di SURE.
Cos’è?
SURE, “sicuro” in inglese, è un acronimo: sta per “Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency”, ovvero un supporto per mitigare i rischi di disoccupazione dovuti all’emergenza. È una cassa integrazione, volta a ridurre drasticamente le conseguenze di questa crisi sul piano occupazionale. Questo provvedimento andrà a maggior beneficio delle imprese dei paesi più colpiti (Italia, Spagna etc.), ciò non toglie che possa sostenere le economie di tutti i paesi dell’Unione, qualora ne necessiteranno.
Le caratteristiche del provvedimento
I paesi membri dell’Unione verseranno garanzie proporzionate al PIL, fino a raggiungere una quota pari a 25 miliardi di euro complessivi. L’Ue emetterà bond, finanziandosi sui mercati fino a una potenza di fuoco di 100 miliardi di euro, ottenibili grazie alla leva finanziaria a fronte delle garanzie versate dagli Stati. Ad ogni modo, la bozza afferma che tali risorse corrispondono ad “un prestito, non un finanziamento a fondo perduto” (il termine loan, “prestito”, compare ben 6 volte nel comunicato della Commissione). Lo stesso comunicato afferma che questo provvedimento ha carattere “temporaneo” – si presuppone fino al termine dell’emergenza – e che sarà commisurato ai vincoli di bilancio europei, al momento sospesi. Le dimensioni dei prestiti del Sure sono potenzialmente suscettibili di aumento, ma incrementare tali risorse vuol dire versare ulteriori garanzie: manovra, questa, che al momento non appare per nulla scontata. La cifra rappresenterà un ulteriore sostegno a favore delle imprese dell’Unione, in particolar modo a favore dei lavoratori che hanno dovuto sospendere, causa coronavirus, le loro consuete attività, sapendo che a paesi diversi corrispondono economie diverse. A tal proposito, la Commissione europea dovrà farsi carico delle richieste di stati fortemente eterogenei tra loro (es. Italia, Germania e Grecia), cercando di perseguire il fine comune di sopperire a differenziali, anche importanti, di reddito e costo della vita.
Come funziona?
Qualora uno stato membro dell’Unione faccia richiesta di assistenza finanziaria da parte del SURE, avverrà una consultazione tra lo Stato e la Commissione Ue, volta a verificare l’entità del provvedimento – che si tradurrà, per il paese richiedente, in un equivalente aumento della spesa pubblica – e a valutare con cognizione di causa le condizioni del prestito: importo, durata massima, prezzi e modalità tecniche di attuazione. Una volta terminata la consultazione, la Commissione formulerà una proposta da presentare al Consiglio Europeo, il quale approverà o meno la richiesta di assistenza.
Che impatto avrà sul mondo del lavoro?
Questa misura, nella pratica, si concretizza in un sussidio pubblico, che garantirà il posto di lavoro a milioni di cittadini europei riducendo gli orari di lavoro: “lavorare meno per lavorare tutti”. I lavoratori potranno così continuare ad acquistare quanto loro necessario generando, conseguentemente, un impatto positivo sull’economia. Nel tempo libero creatosi a causa della diminuzione delle ore di lavoro, i dipendenti possono seguire corsi di formazione, volti a beneficiare sia le imprese sia i lavoratori stessi. Un surplus, come si suol dire, a vantaggio di tutta la comunità, in un’area, quella europea in cui, da circa sette anni il tasso di disoccupazione stava vivendo un declino non indifferente.
Tasso di disoccupazione europeo
Cosa succederà?
Quando l’emergenza sarà conclusa, i fondi di cui avranno beneficiato i Paesi dell’Ue andranno restituiti, essendo un prestito, avendo solo successivamente la possibilità di ritirare le garanzie versate. Stando a quanto affermato nei giorni scorsi, circa il 60% dei fondi del Sure – quindi fino a un massimo di 60 miliardi di euro – sosterranno i paesi più colpiti dall’emergenza, come Spagna e Italia.
Confronti
Le caratteristiche di questo provvedimento ricordano un’altra misura intrapresa dall’Ue nel 2010 a seguito della Grande Recessione del 2008: l’EFSF, European Financial Stability Facility, ovvero “Fondo europeo di stabilità finanziaria”. Tuttavia, oltre ad essere provvedimenti a sostegno di due “cause” diverse, differiscono in quanto questa cassa di integrazione europea prevede condizionalità piuttosto favorevoli per il beneficiario, prese di comune accordo con quest’ultimo. Quanto a convenienza in termini di tassi rispetto al finanziarsi emettendo debito, il risparmio è quasi trascurabile: numerosi sono gli esperti concordi nello stimare un risparmio medio, in termini di costo del debito, pari a circa 0,015 punti percentuali rispetto all’emettere Btp italiani.
E quindi?
Il Fmi prevede un crollo del Pil mondiale pari a tre punti percentuale, con una perdita monetaria pronosticata uguale a circa 9000 miliardi di dollari. È ancora difficile stabilire quanto durerà questa emergenza, quando terminerà questa crisi e quando i cittadini italiani ed europei torneranno alla normalità. Per queste ragioni, l’Ue sta cercando di tutelare – oggi, e fino ad una totale ripresa economica – i lavoratori e, conseguentemente, le famiglie dell’intera zona. È un passo importante: l’auspicio è che se ne verifichino altri, vista un’emergenza di portata epocale.
Mattia Moretta
Twitter @apbocconistu