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Eurobond, Mes e gli altri: il peccato originale è nel bilancio Ue
Post di Roberto Ricciuti, professore associato di Politica economica all’Università di Verona –
Ogni volta che c’è una crisi, l’Unione Europea “guarda nell’abisso”, secondo le parole della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
Durante la crisi finanziaria del 2008 sono emersi alcuni problemi di incompletezza della costruzione dell’Unione monetaria europea. In particolare, mancava un comune strumento fiscale, che è stato costituito nel 2010 con il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria, trasformato poi in Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) nel 2012. Queste istituzioni sono state costituite con l’obiettivo di fornire prestiti, subordinati al soddisfacimento di alcune condizioni, ai membri dell’eurozona che si trovino in difficoltà finanziaria. Fino ad oggi lo strumento è stato usato da Cipro, Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna, ed ha permesso, non senza difficoltà, a questi paesi di ristrutturare i propri debiti pubblici, aumentare la competitività internazionale e superare le crisi bancarie in alcuni paesi si erano determinate a seguito dello scoppio delle bolle immobiliari. Tuttavia, il MES ha una capacità finanziaria limitata e può fare prestiti e non trasferimenti dal fondo comune ai singoli paesi.
Il MES non è stata l’unica istitutuzione fondata dopo la Grande Recessione, un secondo intervento è stata l’Unione bancaria che, tra le altre cose, ha messo in capo alla Banca Centrale Europea la vigilanza sulle principali banche del continente, ed ha imposto di aumentare la dotazione di capitale delle stesse. Oggi le banche sono più solide di dieci anni fa, e mentre allora sono state l’epicentro della crisi, ora potranno subire l’effetto della recessione in maniera relativamente sicura. Tuttavia, l’Unione bancaria manca di uno strumento che può rafforzare ulteriormente il sistema: un’assicurazione europea dei depositi, istituto che oggi esiste a livello nazionale per proteggere i depositi bancari fino a 100.000 euro. Un’assicurazione europea permetterebbe di assorbire shock molto grandi in maniera migliore di quanto possa fare un fondo nazionale.
Negli anni scorsi si era discusso dell’istituzione di un sussidio di disoccupazione europeo, senza giungere ad un accordo sulla sua creazione. A seguito della pandemia è stato istituito il SURE (Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency), un meccanismo temporaneo finanziato dagli Stati membri dell’Unione europea attraverso garanzie, che permette di raccogliere capitali per sostenere i paesi che hanno subito i maggiori aumenti del tasso di disoccupazione a causa del Covid-19. Non è propriamente un sussidio di disoccupazione finanziato dall’Unione, è piuttosto un meccanismo di riassicurazione rispetto a quanto gli stati danno ai disoccupati, però rappresenta una risposta ad un problema sociale di enorme importanza, che poi potrà evolvere verso uno strumento più stabile e strutturato.
In definitiva, il problema risiede nel bilancio dell’Unione europea: finché sarà limitato all’1% del Pil europeo e non ci saranno significative entrate autonome, la capacità di fornire politiche economiche anche sostituendosi agli stati nazionali sarà molto ridotta. Ma centralizzare parte della politica fiscale a Bruxelles rappresenta una significativa riduzione della sovranità nazionale. Non è chiaro quanti leader siano in grado di prospettare questo cambiamento alle rispettive opinioni pubbliche. È questo il dibattito che serve, e gli eurobond potranno venire dopo, e non prima, aver creato una capacità fiscale europea.