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Manager apocalypse a ottobre? Soluzioni ne abbiamo?
Chi sarà licenziato dovrà capire come affrontare la nuova sfida occupazionale: dipendenti e indipendenti, manager e stagisti, imprenditori e consulenti. Ho dialogato con associazioni manageriali per comprendere come vedono il futuro.
Bruno Villani è presidente di Aldai-Federmanager. Il gruppo, associa i manager di tutti i comparti manufatturieri.
Guido Carella di Manageritalia. Il gruppo associa i manager dell’industria dei servizi.
Federica Dallanoce, vice presidente e segretario generale di Adaci. Il gruppo associa i buyer e i direttori degli acquisti, supply chain manager.
Lo scenario in arrivo
Prendiamo i numeri che seguono con cautela. Lo scenario italiano migliore parla di un crollo del Pil tra i 5% e il 10%. Il caso più estremo vede un crollo del Pil tra il 20% e il 30%.
Fonte: Unicredit Chief Economist’s Comment del 22 marzo
Nell’ultimo report di Unicredit si parla di un crollo del 20% del Pil europeo nel secondo trimestre 2020 e scrive che si tornerà ai livelli Pil pre-crisi in qualche anno.
Fonte: Unicredit rapporto “La Madre di tutte le recessioni è arrivata”, scenario italiano
Giusto per avere un’idea paragoniamo l’indice PMI 2008-09 e 2020 nei grafici di Markit (sono confrontate le principali economie manufatturiere della UE).
Fonte: Markit
Le Pmi avranno il primo impatto ma sarà “infettata” tutta la filiera e si arriverà anche alle grandi aziende. Poi ci sono i consumatori: è probabile che avranno reazioni simili al 2008.
Fonte report: BCE
Le scelte dei consumatori, probabilmente, saranno guidate da due fattori principali: la paura di restare senza lavoro e/o la carenza di soldi (licenziamenti etc..). I consumatori quindi risparmieranno in modo estremo tagliando i consumi non strettamente vitali.
Tempistiche della manager apocalypse?
La stima temporale è da prendere con le pinze (non sono un virologo). Assumiamo che la crisi sanitaria si stabilizzi a giugno, usando come termine di paragone Wuhan (foto sotto).
Fonte: Financial Times. (8 aprile)
La normalizzazione prenderà almeno 1-2 mesi (a Wuhan hanno dei nuovi casi).
Luglio e Agosto: potremmo avere una moderata stabilizzazione con lenta ripresa delle attività lavorative e sociali.
Settembre: le aziende fanno i calcoli, si leccano le ferite, cominciano ad allinearsi al nuovo scenario.
Ottobre: prime ristrutturazioni aziendali e comincerà la manager Apocalypse. In vero già in questi giorni il Wall Street Journal parla di massicci licenziamenti di manager.
Come i manager vedono la crisi imminente
“Inutile negarlo, quello che si prospetta nei prossimi mesi sarà un periodo molto sfidante per i nostri associati” mi spiega Guido Carella. “Nella nostra recente inchiesta oltre il 50% degli intervistati ritiene che la situazione per le aziende sarà grave o molto grave.
Fonte: report Manageritalia
Riteniamo che una delle prime voci tra le scelte aziendali sarà il contenimento o il blocco delle assunzioni di nuovo personale, mentre soluzioni più violente, come il licenziamento di personale, hanno una possibilità di divenire reali tra il 9% e il 23%”. Ma c’è anche voglia di riprendersi, continua Carella, che spiega: “I manager stanno già pensando tutti o quasi anche a misure espansive. Un ottimo segno: la competizione sarà aspra come dopo la crisi 2008. Le aziende che sapranno emergere e innovare conquisteranno nuove quote a scapito di altri”, chiarisce Carella.
Fonte: report Manageritalia
Posizione simile da Bruno Villani che mi spiega: “La maggioranza dei manager sono consapevoli che soffriranno come tutti. Sono coscienti che il momento è difficile; ma sono altresì consapevoli di quello che la figura del manager rappresenta, una risorsa fondamentale per il rilancio dell’economia e delle imprese. Quindi, pur comprendendo certe necessita, è impensabile che si taglino certi costi a scapito delle competenze fondamentali per il medio e lungo termine, mettendo a rischio il futuro e la sopravvivenza dell’azienda stessa. Certo la componente temporale – durata delle misure in atto – sarà determinante e a seconda dei settori di attività, le ripercussioni/conseguenze potranno essere molto diverse. Come pure gli impatti saranno molto diversi tra PMI e grandi aziende, che si muovono sul medio/lungo termine con logiche e dinamiche molto diverse. La componente emotiva potrebbe prendere il sopravvento sulle decisioni di breve termine nelle PMI caratterizzate da gestione famigliare e scarsa presenza di competenze manageriali. Ma è proprio adesso che i manager diventano ancora di più figure essenziali per traghettare le aziende fuori dall’emergenza. Senza di loro, una vera e propria ripresa è impensabile”, chiarisce Villani.
Scendiamo nello “stomaco” delle imprese e parliamo di sourcing e purchasing manager (direzione acquisti et similia). “Con questa situazione, in azienda, arriva la paura per il futuro lavorativo; sono iniziate tutte le azioni di contenimento costi a 360 gradi a fronte di mancate entrate future: blocco delle assunzioni e politiche d’incentivi rinviate, taglio dei variabili, riduzioni di stipendi dei manager, aumento delle tutele sanitarie dei lavoratori. I contratti meno tutelati sono stati bloccati o posticipati”, mi spiega Dallanoce. Fonte: Adaci
“La logica di pulizia del mercato imporrà alle aziende di ripensare alle loro risorse. Vi sono due paure principali: paura delle Risorse umane (HR) di trovar le giuste risorse, paura del manager di individuare le richieste anche non dichiarate. Due facce della stessa medaglia.”
Fonte: Adaci
“In Italia,” continua Dallanoce “le imprese hanno acquisito maggiore flessibilità contrattuale, che non corrisponde a un mercato del lavoro dinamico e reattivo, di conseguenza la ri-collocazione è lenta. Le aziende italiane non comprendono l’idea di trasformazione necessaria. La funzione acquisti è molto coinvolta nell’innovazione del procurement e di prodotto. La professionalità dei manager degli acquisti si esprime in tutti i tavoli funzionali: fase di scounting, analisi dati e fonti informative del fornitore, requisiti minimi organizzativi, qualifica tecnica, analisi del maggior vantaggio nell’offerta etc… Questa professionalità implica un equilibrio fra approccio data driven e la percezione dei mercati di fornitura. Avere esperti in azienda aggiunge valore e abilita all’introduzione di nuovi modelli contactless (processi di acquisto digitalizzati, centrali di acquisto etc..). La domanda di queste figure professionali specializzate crescerà, anche per aziende che hanno un organico limitato”, chiarisce Dallanoce.
Una soluzione? Il fractional executive
Se ti licenziano è bene capire che tra “aspetto che mi riassumano e sto sul divano” e “abbandono la carriera , apro un’edicola” c’è una via di mezzo. Di fractional executive ho scritto in passato, leggete qui. Voglio capire cosa ne pensano le associazioni manageriali.
“Per le Pmi che stanno ben comprendendo come serva oggi più che mai una cultura manageriale d’impresa e che avranno necessità, durante la crisi, di avere competenze elevate, per operazioni ordinarie o straordinarie, a costi contenuti, la soluzione frazionale potrebbe essere, tra le altre, un’ottima possibilità. Un fractional executive ha la competenza maturata in una grande azienda, ma, lavorando in modo frazionale, può ridurre i costi per un’azienda senza rinunciare a fare un salto di qualità”, conclude Villani.
“Da un mese riceviamo richieste di assistenza da parte dei dirigenti per tagliarsi momentaneamente lo stipendio, per non pesare eccessivamente sui costi aziendali e dare modo di integrare la cassa integrazione dei collaboratori. Restano in azienda a lavorare come o più di prima. Le aziende non possono farne senza. Ci saranno delle ristrutturazioni ma, anche, aziende che avranno bisogno di managerialità per stare sul mercato. Pensiamo si possano anche prevedere incentivi alle aziende per introdurre managerialità. Il fractional è una buona risposta, permette di continuare ad operare. Si può farlo anche entrando da subito con il nostro contratto dirigenti che al pari di un contratto libero professionale ha un’ampia flessibilità. Prevede il tempo determinato, il part-time e altre forme di flessibilità e un minimo di 55mila euro lordi all’anno. Un modo per stare sul mercato e per poi avere una conferma e rientrare in un’altra azienda”, conclude Guido Carella.
“Uno dei timori maggiori per i nostri associati è non essere concreti, posticipare le decisioni e non essere efficaci ed efficienti. Dopo 6 mesi se si è fuori dal giro è difficile mantenere attivo il proprio network. Il riposizionamento di un manager può variare dai 12 ai 36 mesi. La funzione acquisti è uno snodo cruciale nei momenti di cambiamento che coinvolgono sempre più catene di fornitura integrate ed evolute. Serve una risposta articolata per le aziende associate e per i manager in difficoltà. La soluzione di fractional executive, che è negoziata da impresa e manager, è ottima per mettere alla prova il nuovo arrivato. È un win-win, come un progetto pilota. L’azienda, inseguito, può decidere di assumere il manager stabilmente, oppure continuare la collaborazione fractional. È necessaria maturità da entrambi i lati: il manager deve comprendere che è una tipologia di lavoro differente, molto focalizzata sull’obbiettivo, l’imprenditore deve capire che il manager non è suo. Ma è in condivisione con altre aziende. Nel ripensare un re-start delle imprese alla riapertura e a riprova della fiducia che riponiamo in questa soluzione abbiamo attivato una tavola rotonda con la più importante realtà del fractional executive italiano per comprendere scenari di ingaggio possibili nel futuro”, conclude Dallanoce di Adaci.
Sappiamo che “tutto andrà bene”… ma ritengo sia opportuno che i manager, abituati da sempre a pianificare, comprendano i rischi a cui vanno incontro e pianifichino come meglio gestire la propria carriera: stare fino a 3 anni a far la muffa sul divano non credo sia un opzione.
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