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Covid19, le molte lezioni che vengono dall’evoluzione dei consumi elettrici
Post di Luigi Grossi, professore associato di Statistica Economica presso l’Università di Verona ed External Expert di Energy Policy della Commissione Europea e Francesco Rossetto, dottorando al terzo anno di dottorato all’Università di Verona e recente Visiting PhD Student presso l’Energy Policy Research Group dell’Università di Cambridge –
Gli effetti dell’epidemia e delle conseguenti misure restrittive imposte dai decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri (DPCM) che si sono succeduti nell’ultimo mese hanno avuto ripercussioni notevoli sulla produzione industriale. In particolare, la chiusura di buona parte delle attività industriali in seguito al DPCM del 22 marzo ha provocato una forte contrazione dell’offerta di beni e servizi da parte delle imprese nazionali. Mentre Confindustria chiede a gran voce la riapertura delle fabbriche per scongiurare il rischio di rottura del motore dell’economia e Goldman Sachs prevede una caduta del PIL Italiano nel 2020 pari a -11,6%, gli economisti si trovano di fronte alla necessità di fornire stime attendibili della prossima congiuntura.
In attesa di avere i dati ufficiali dell’ISTAT inerenti l’impatto diretto del blocco sul fatturato industriale, possiamo fin d’ora ottenere delle indicazioni approssimate monitorando l’andamento delle cosiddette variabili “proxy”. Una delle variabili principali è fornita dalla domanda di energia elettrica. Negli ultimi giorni sono stati pubblicati diversi articoli in merito. Appare tuttavia utile fornire alcuni elementi aggiuntivi che ci aiutino ad avere un quadro più chiaro sulla portata del fenomeno e sulle implicazioni economiche e di politica energetica.
Le variazioni del fatturato. I dati sulla domanda di elettricità vengono pubblicati da Terna S.p.A. giornalmente a intervalli di 15 minuti e ci consentono di avere un’informazione estremamente tempestiva ed aggiornata. Per valutare l’effetto del blocco produttivo possiamo confrontare due settimane lavorative: la prima settimana di marzo che va da lunedì 2 a venerdì 6 in cui non si sono notate differenze significative rispetto alle precedenti e la prima settimana in cui il lockdown ha funzionato tutti i giorni, cioè da lunedì 30 marzo a venerdì 3 aprile. A livello nazionale nella prima settimana di chiusura, il consumo totale settimanale si è ridotto del 25,7%. L’impatto però non è stato omogeneo su tutto il territorio nazionale. I dati di Terna sono infatti suddivisi in relazione alle sei zone territoriali fisiche sulle quali si svolgono le aste per la fissazione dei prezzi all’ingrosso dell’elettricità, la cosiddetta “Borsa elettrica” che è stata istituita in Italia a partire dal 2004. I dati macro-zonali ci dicono che la portata della riduzione nello stesso periodo è stata fortemente eterogenea. Esiste una netta separazione fra il Nord (-31,2%) e il Centro-Nord (-28,3%) e il resto della penisola in cui sono stati rilevate riduzioni più contenute: -15,9% nel Centro-Sud e -16,2% nel Sud. Per quanto riguarda le isole, se la Sardegna può essere equiparata alle regioni del Sud (-15,2%), in Sicilia il calo è stato molto più contenuto (-9,1%). La maggiore riduzione dei consumi elettrici nelle regioni del Nord e Centro-Nord può essere spiegata con la presenza nel tessuto produttivo di una percentuale elevata di aziende manifatturiere non appartenenti ai codici ATECO che identificano le attività essenziali e che hanno dovuto quindi sottostare al blocco della produzione. Ed è un effetto che dovrebbe pesare sulle decisioni di finanziamento della ripresa delle attività produttive una volta passati alla fase due dell’emergenza.
Le variazioni del ciclo giornaliero. Le differenze territoriali danno un’immagine molto chiara dell’eterogeneità del tessuto produttivo del nostro paese, ma non esauriscono la gamma degli effetti delle misure restrittive. Un effetto molto interessante del calo dei consumi elettrici è infatti legato alle variazioni dei consumi nei diversi momenti della giornata, cioè di quella che viene chiamata dagli esperti “stagionalità intra-day”. Prima del lockdown produttivo, si notava un andamento ciclico dei consumi elettrici all’interno della giornata che si ripeteva in tutti i giorni feriali, con differenze sostanziali nelle zone del Nord e del Centro-Nord rispetto a tutte le altre zone. La figura mostra un confronto fra il ciclo giornaliero della zona Nord e quello della zona Sud. Prendendo i dati medi orari nei giorni feriali della prima settimana di marzo, i consumi raggiungevano il minimo tra le 2 e le 4 di notte in tutte le macro-zone, mentre il valore massimo veniva raggiunto nella fascia oraria 9-11 nel Nord e nel Centro-Nord e nella fascia 19-21 nelle altre zone. Nella prima settimana di pieno lockdown produttivo, si sono notevolmente attenuate le differenze territoriali: il Nord e il Centro-Nord si sono omogeneizzati alle altre zone mostrando il minimo nella fascia 2-4 e il picco in quella 19-21. L’effetto del blocco sul ciclo giornaliero è interessante perché può essere identificato come un esperimento “quasi-naturale” con il quale è possibile individuare il diverso ciclo giornaliero dei consumi delle famiglie rispetto a quello delle attività produttive con possibili ripercussioni sulla calibrazione delle tariffe orarie elettriche da parte dei fornitori di energia elettrica.
Variazioni dei prezzi. La contrazione della domanda ha provocato un inevitabile crollo dei prezzi elettrici all’ingrosso registrati sulla borsa elettrica. Analizzando i dati relativi al Mercato del Giorno Prima – il principale mercato italiano di energia elettrica all’ingrosso- il cosiddetto “Prezzo Unico Nazionale” nella prima settimana intera di blocco (30/03 – 05/04) si è ridotto del 31% rispetto alla prima settimana intera di marzo (02/03 – 08/03). Inoltre, alle ore 15 della giornata di domenica 5 aprile si è verificato un fenomeno mai accaduto negli ultimi cinque anni: il PUN ha registrato un valore orario pari a zero. La spiegazione di un calo così marcato dei prezzi è da ricercare nella struttura stessa del mercato e nelle caratteristiche degli impianti che vi operano. L’equilibrio di mercato, ottenuto come punto di intersezione tra domanda e offerta, produce prezzi più bassi in corrispondenza di una contrazione della domanda. Ciò però non basta a giustificare un calo così marcato dei prezzi. Grazie al meccanismo di “ordine di merito”, gli impianti più competitivi in termini di prezzo hanno precedenza nella generazione di elettricità. Tali impianti generalmente coincidono con quelli a energia rinnovabile, i quali tendono a offrire elettricità a prezzo molto basso, se non addirittura a zero, grazie ai costi marginali quasi nulli. Dunque, in una circostanza caratterizzata da domanda contratta, le rinnovabili sembrano rimanere in gioco senza particolari problemi determinando prezzi di equilibrio più bassi. A farne le spese sono gli impianti a combustibili fossili, essenzialmente gas e petrolio, i cui costi non permettono loro di essere competitivi a prezzi così ridotti.
Variazione del mix di generazione. La momentanea minor richiesta di generazione da parte di centrali elettriche a combustibili fossili emerge chiaramente dai dati di generazione messi a disposizione da Terna. Nella settimana 30/03 – 05/04 la produzione di energia da fonti fossili è diminuita del 19% rispetto alla settimana 02/03 – 08/03, mentre la generazione solare ed eolica si è contratta del 5%. Ragionando in termini di quote di generazione sul totale di energia elettrica prodotta, la quota degli impianti a combustibili fossili è variata del -4,5%, mentre quella delle fonti rinnovabili a intermittenza – solare ed eolico – è variata del +1,2%. L’aumento della produzione da fonti rinnovabili a intermittenza costituisce una grande sfida per i mercati elettrici di tutto il mondo, anche se la loro integrazione nel sistema elettrico deve avvenire gradualmente, garantendo la stabilità e la sicurezza del sistema elettrico. Tuttavia, tali fonti energetiche sono in grado di offrire, non solo energia pulita e di conseguenza un beneficio ambientale, ma anche un sistema elettrico più competitivo. In assenza di questo tipo di fonti non si noterebbe in quest’ultimo periodo una così marcata riduzione dei prezzi di mercato. Per questi motivi è conveniente continuare ad investire in tecnologie capaci di garantirci un guadagno sia in termini di salute che in termini economici.