categoria: Vicolo corto
Ripartire dalla sanità è la vera sfida verso il futuro, per le aziende
Viviamo nell’incertezza! E questo succedeva già prima dell’avvento del COVID-19, ma adesso diventa tutto più difficile. Siamo in guerra, in pandemia, chiamatela come volete! Oggi abbiamo un nemico da abbattere, sconosciuto e che fa paura oltre che alla nostra salute, alla nostra economia e sta imponendo violenti cambiamenti al nostro modo di vivere. Il nostro nemico si chiama futuro. Se per Angela Merkel era dai tempi dalla seconda guerra mondiale che non si affrontavano sfide nella quale il successo dipendeva così tanto dalla globale azione solidale, il co-fondatore di Microsoft Bill Gates cerca di rassicurare le comunità mondiali esortando i cittadini a restare calmi e conservare la fiducia, perché in 10 settimane si può sperare di tornare a una forma di normalità. Ripartire dall’incertezza e sopportare un momento non chiaro, è l’unica via per non cadere preda della paura e dei comportamenti disorganizzati che ne possono conseguire.
Sono settimane che il mondo si sta chiedendo da dove ripartire. Da dove ripartiranno le aziende, i governi, le persone. C’è chi dice che niente sarà più come prima e c’è chi sussurra che tutto sarà migliore di prima. Eppure secondo gli esperti e gli scienziati che studiano e monitorano il COVID-19 a livello globale, la situazione peggiorerà ancora prima di poter migliorare. Oggi non esistono ancora soluzioni. Ma la domanda a cui tutti cercano di dare una risposta è : tutto questo si poteva prevedere? Era il 1978 quando Stephen King scriveva “The Stand”, un romanzo post apocalittico in cui la trama racconta di un virus letale che invade l’America settentrionale con un tasso di infettività del 99% ed un tasso di mortalità per gli infetti del 100%. I più nostalgici, certamente si ricorderanno il film del 1964 “L’ultimo uomo della Terra”, citato anche in un albo di Dylan Dog e diretto dall’italianissimo Ubaldo Ragona. Una pellicola storica di fantascienza che è stata ripresa e adattata dopo 50 anni nel remake “Io sono leggenda” con Will Smith. C’è chi in questi giorni afferma addirittura che un romanzo degli anni ’80 aveva previsto l’epidemia di coronavirus di Wuhan. Un post su twitter dell’autore Dean Koontz mostra le foto della copertina di “The Eyes of Darkness” e due foto di pagine che fanno riferimento a malattie che, messe insieme, sembrano simili al nuovo coronavirus. Anche se per alcuni blogger antibufale, ci sarebbero delle imprecisioni.
In pratica film, libri, fantascienza e santoni avevano preannunciato tutto questo già cinquanta anni prima. Ma è possibile che il mondo globalizzato, quello tecnologico, quello scientifico, quello economico si sia fatto trovare impreparato? Il futuro, quello di cui temiamo quasi più del presente, rappresenta la vera sfida da affrontare.
Da dove dobbiamo ripartire ? Io credo che il sistema economico globale debba prima di tutto ridisegnare un nuovo welfare sanitario. I governi e le aziende devono poter prevedere un reale meccanismo di salvataggio che tuteli i cittadini in caso di pandemie come questa. Nonostante la grandi aziende di tutto il mondo siano diventate nel tempo socialmente responsabili e si siano impegnate a comportarsi in modo etico e corretto, andando oltre il semplice rispetto della legge, non ragionando esclusivamente solo in ottica di vendita di prodotti o servizi, in questo momento si dimostrano impreparate, quasi inermi di fronte all’emergenza Coronavirus.
Le imprese devono rivedere la sanità non più come un costo ma bensì come una delle basi per lo sviluppo d’impresa. La popolazione diventa sempre più vecchia ed il ruolo della demografia continua ad essere sottovalutato. L’esempio è dato proprio dal Coronavirus, che attacca le fasce più anziane e immunodepresse della popolazione, evidenziando una netta discrepanza tra le aspettative di una società che punta a livelli di consumo sempre più alti e la decrescita economica. In questo momento neppure gli economisti riescono a comprendere se un mondo con meno persone ci potrebbe guidare comunque alla crescita dell’economia.
Soffermiamoci per un attimo a discutere sulla situazione d’emergenza dell’Italia e sul paradosso della regione Lombardia, considerata l’eccellenza sanitaria italiana e ora messa ko da un’epidemia che ha colto gli ospedali di tutta Italia impreparati. Abbiamo per decenni tagliato i posti letto in nome dell’‘efficienza ed oggi ci troviamo a non poter soccorrere i cittadini perché non abbiamo abbastanza spazi nei reparti di terapia intensiva.
Ma può un pianeta che progetta le auto elettriche, il 5G e i viaggi nello spazio, non garantire un’adeguata assistenza sanitaria ai cittadini?
Il Covid-19 è solo l’inizio di quel futuro incerto che ci attende. È’ molto probabile che queste epidemie siano causate dall’uomo e dal suo modo di comportarsi con l’ambiente. Secondo un’indagine pubblicata dalla Società italiana di medicina ambientale (Sima) insieme alle Università di Bari e di Bologna, potrebbe esistere un legame fra numero di contagiati da Covid-19 e l’inquinamento, in particolare delle polveri sottili presenti nel nord Italia. Se poi aggiungiamo il fatto, ormai accertato, che il riscaldamento globale trasforma il nostro pianeta in un habitat naturale per virus e batteri di cui non eravamo a conoscenza, allora la condizione in cui oggi ci troviamo è chiara da tempo. “Fino a quando continueremo a rendere i posti estremamente remoti meno remoti, le epidemie continueranno ad arrivare” ha dichiarato Alanna Shaikh, esperta di salute globale durante il suo discorso al TEDx SMU. Secondo Alanna “Dobbiamo assicurarci che tutti i paesi del mondo abbiano la capacità di identificare nuove malattie e curarle”. Non basta fermare le epidemie con le quarantene. In questo modo blocchiamo le economie, blocchiamo il progresso e favoriamo la crescita della povertà.
I governi e le imprese devono lavorare insieme per mettere a punto un sistema di salute globale che supporti le funzioni vitali dell’assistenza sanitaria in tutte le nazioni del mondo, soprattutto in quelle più povere. Il primo passo da compiere è riorganizzare i sistemi sanitari attraverso il cambiamento delle regole che dovrebbero garantire un equilibrato rapporto tra domanda e offerta di servizi e tra bisogni e risorse disponibili. Nonostante i numeri siano in crescita, il welfare aziendale deve puntare molto di più sulla sanità. Nel 2019 poco meno della metà delle PMI italiane, 45,7%, ha attivato iniziative di sanità integrativa e assistenza a beneficio dei propri lavoratori e in alcuni casi dei familiari. È quanto emerge dal IV Rapporto Welfare Index PMI, iniziativa promossa da Generali Italia con la partecipazione delle maggiori Confederazioni italiane con l’obiettivo di diffondere e valorizzare la cultura del welfare aziendale nelle PMI attraverso la rappresentazione di un quadro analitico dello stato dell’arte e delle tendenze del welfare aziendale in Italia, ad uso di istituzioni, policy maker, imprese e osservatori scientifici.
Fonte : Welfare Index PMI — Rapporto 2019
Le iniziative in ambito salute e assistenza sono raggruppate in tre ambiti specifici:
- sanità complementare;
- servizi diretti di prevenzione e di cura;
- assistenza ai familiari anziani, ai non autosufficienti e ai bambini.
La sanità complementare comprende le diverse forme di sostegno alle spese sanitarie delle famiglie e dai dati rilevati rappresenta il settore su cui converge maggiormente l’iniziativa delle imprese. Si tratta di un ambito di grande impatto sociale ed economico nel quale le imprese possono offrire un contributo importante, considerando le gravi difficoltà del Sistema Sanitario Nazionale e l’impatto economico che le spese per la salute producono sul bilancio familiare. Gli strumenti più diffusi di contributo alle spese sanitarie si confermano i fondi sanitari di categoria seguite dalle polizze sanitarie collettive sottoscritte dall’impresa per i propri lavoratori. Un ulteriore ambito su cui le imprese devono investire è proprio quello dell’assistenza a familiari anziani, non autosufficienti. Le persone non autosufficienti o disabili in Italia sono 3,6 milioni, di cui 2,9 milioni di età superiore a 65 anni.
Fonte : Rapporto Oasi 2018
Ma il fenomeno è destinato inevitabilmente ad ampliarsi a causa dell’invecchiamento della popolazione ed a gravare pesantemente sulle economie familiari. L’offerta dei servizi è bassa e spesso non qualificata. Le imprese devono poter offrire un contributo prezioso anche assicurando un supporto ai propri lavoratori alle prese con casi di non autosufficienza in famiglia offrendo sostegno economico, su cui peraltro ricadono positivamente le agevolazioni fiscali e promuovendo sistemi di servizi sul territorio. È vero, siamo tutti responsabili della nostra salute, ma le imprese hanno l’obbligo morale di supportarla. Le aziende, che siano grandi o piccole, pubbliche o private, esternalizzano molto spesso il costo dell’inquinamento che hanno generato. Anche se gran parte dei prodotti sono fabbricati in Cina, tutti noi continuiamo a liquidare i costi dell’inquinamento, perché l’inquinamento cammina per tutto il globo. La plastica che troviamo nei nostri oceani, nei nostri pesci, nelle nostre risorse idriche, è ormai entrata di diritto a far parte della nostra catena alimentare. Si stimano circa 80.000 sostanze chimiche nei nostri alimenti che non sono mai state testate per la sicurezza dei consumatori. I dati raccolti dagli scienziati indicano che la quantità totale di CO2 riversata nell’atmosfera dai vulcani del pianeta equivale a circa 0,3 gigatoni all’anno, un valore impercettibile se paragonato ai 37 gigatoni prodotti dall’umanità nel solo 2018.
Per questo e per tanti altri motivi abbiamo bisogno di assistenza sanitaria universale perché non possiamo aspettare di morire dentro casa perché mancano i respiratori o perché i governi non intendono procedere ad effettuare i tamponi alla popolazione. Mi verrebbe da pensare che questo mondo è abitato da persone non abbastanza intelligenti da anticipare ogni circostanza derivante dalle nostre azioni. Siamo bravi a scrivere libri e fare film sul futuro, ma non siamo ancora capaci di anticiparlo! Ristrutturare e organizzare il modo in cui l’assistenza sanitaria viene percepita e fornita nel presente scenario rafforzerebbe le imprese e il loro valore di mercato ma soprattutto tutelerebbe lavoratori, cittadini e famiglie.
Ma cosa occorre fare e subito ? Io partirei da :
- aumentare la quantità e la qualità tecnica dei servizi sanitari erogati;
- migliorare le condizioni di lavoro, comprese le remunerazioni, di chi presta la sua opera in attività di prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione;
- realizzare un profitto, una remunerazione per chi investe capitali in queste attività.
La sanità è oggi più che mai un pilastro fondamentale della difesa nazionale, alla stregua delle contromisure per una minaccia terroristica. Lo stiamo vivendo sulla nostra pelle, anzi, sulle nostre vite come il Coronavirus stia bloccando il sistema sanitario nazionale di interi paesi. Un attacco militare probabilmente sarebbe stato gestito in maniera migliore. L’Europa e tutti i paesi occidentali devono orientare le loro burocrazie, i loro servizi verso queste necessità, trasformando i nostri ospedali basi militari di alta eccellenza. Non possiamo più fallire perché ne va della nostra esistenza.
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