categoria: Res Publica
Uno shock esogeno e i rischi sul sistema paese: è ora di fare sul serio
L’autore del post è Costantino De Blasi, risk manager e fondatore di Liberi, Oltre Le Illusioni –
Nel mezzo di quella che è probabilmente la crisi economica peggiore dal dopoguerra occorre cominciare a pensare a quali sono gli scenari che ci attendono dopo che l’emergenza sarà stata superata.
Al momento non sappiamo quando sarà raggiunto il picco del contagio, quanto durerà il lockdown in Italia e quanto severe saranno le misure dei governi di quei Paesi che si apprestano ad affrontare la fase acuta dell’epidemia. Quello che è certo è che alla fine dell’emergenza sanitaria il quadro economico che ci ritroveremo ad affrontare sarà gravemente compromesso.
I focus point su cui concentrare l’attenzione sono sostanzialmente 3:
– La tenuta delle attività economiche della piccola e media impresa
– La resilienza del sistema bancario e creditizio
– Le misure per la messa in sicurezza del bilancio dello Stato.
Il sostegno alle piccole e medie imprese
Il decreto del Presidente della Repubblica del 17 marzo ha varato una serie di misure universali di sostegno alle imprese e ai professionisti. Non è questa la sede per valutarne la congruità e l’efficacia, posto che di fronte ad una crisi di queste dimensioni qualcosa in quel senso andava fatto e sussidi diretti e indiretti (attraverso la traslazione delle imposte) andavano implementati.
Il tessuto produttivo italiano è tuttavia intrinsecamente debole, strutturalmente sottocapitalizzato e, soprattutto, scarsamente liquido. La crisi che si trova ad affrontare non è tanto o solo quella di una riorganizzazione del lavoro attraverso strumenti di smart working, bensì soprattutto una questione di liquidità a breve e medio periodo. Per quanto tempo saranno in grado le nostre imprese di far fronte agli impegni con clienti e fornitori (e in parte con la PA) senza che i flussi di pagamenti riprendano a circolare? Le possibilità di trovare al termine di questo periodo un grandissimo numero di imprese in crisi è elevatissima. A soffrire di più saranno quelle piccole e piccolissime. L’effetto domino di imprese che non avranno la forza di resistere e saranno costrette a chiudere sarà imprevedibile. Per ora il Decreto Marzo (così chiamato giustamente dal ministro Gualtieri) mette una toppa a questo problema di liquidità, ma potrebbe non essere sufficiente. La controgaranzia pubblica sugli indebitamenti privati con il sistema bancario trasferisce parte di questo rischio sulle banche e sui conti pubblici.
Le banche in tempo di crisi
Il lascito di ogni crisi sistemica, in particolare quelle del 2001, 2007/2008 e 2011/12, è stato un deterioramento della tenuta del sistema bancario. Superate le precedenti crisi, le autorità monetarie avevano irrigidito i criteri per l’erogazione del credito al fine di garantire al sistema una miglior tenuta dei ratios. Davanti alla pandemia e agli stop alla produzione si dà per scontato che aumenti la pressione sulle banche tanto è vero che fra i punti in discussione dell’Eurogruppo c’è un allentamento significativo di quei criteri.
L’aumento violento degli spread (btp bund oggi abbondantemente sopra 300 punti base) inciderà sul capitale delle banche al pari, se non di più, del volume degli impieghi unlike to pay e dei non performing loans. Insomma la crisi prima sanitaria e poi economica, diventerà crisi bancaria. Occorreranno misure straordinarie di sostegno al sistema creditizio posto che da esso, come sappiamo, dipende gran parte della liquidità delle aziende.
Il bilancio pubblico
Il governo italiano ha deciso di varare una vera e propria finanziaria di 25 miliardi. È una prima reazione e potrebbe non essere l’ultima. In una situazione di emergenza come questa è logico ricorrere all’indebitamento e si preannuncia una sospensione del Patto di Stabilità e Crescita. La Commissione europea ha annunciato che non verrà conteggiato nell’indebitamento nominale quello fatto con misure una tantum di contrasto alla crisi. Non si tratta di rincorrere le cosiddette politiche keynesiane tanto invocate anche in situazioni di normalità, ma di reagire con misure di sussidio e sostegno ad una situazione di portata eccezionale e ancora sconosciuta.
Conte ha chiesto nella riunione di martedì 17 marzo l’emissione straordinaria di eurobond (Covid Bond) da parte della Banca Europea degli Investimenti o, in ogni caso, di obbligazioni controgarantite da entità sovranazionali. A ben guardare non sarebbe questa una misura tanto diversa da quella prevista dal MES e dagli altri meccanismi già previsti dagli ordinamenti europei come l’OMT (Outright Monetary Transactions).
Una volta passata la crisi avremo Paesi con indebitamento molto elevato e debito su PIL gravemente appesantito. Le condizioni di partenza del nostro Paese sono il deficit strutturale allo 0,6% (quando dovremmo essere in pareggio di bilancio), quello nominale al 2% e rapporto debito/pil al 135%. La situazione peggiore per affrontare una crisi.
Molto si è detto della Germania, che però in virtù del surplus di bilancio ha spazi di manovra fiscale che sono 5 volte i nostri anche senza ricorrere a misure eccezionali. Anche Francia e Spagna, che hanno economie simili alla nostra, hanno maggiori margini di noi.
Qualunque intervento verrà fatto, che sia MES o altro, per continuare ad accedere al mercato servirà presentare un piano credibile di messa in sicurezza dei conti. I costi del nostro debito hanno sottratto al Paese nel 2019 risorse per 60 miliardi e con l’aumento dei tassi di interesse non è pessimismo ipotizzare che si ritorni agli 83 miliardi del 2012. Ragion per cui servirà rassicurare gli operatori che ci accordano fiducia perché una crisi del debito diventa sempre crisi di liquidità per la pubblica amministrazione. Troppe volte i nostri governi hanno rimandato l’applicazione della disciplina di bilancio sperando nella buona stella.
Quando la stella ci abbandona e la realtà ci presenta il conto con shock esogeni le conseguenze sono drammatiche.
Twitter @DeShindig