Settimana di paura, ma i mercati devono restare aperti. Ecco perché

scritto da il 15 Marzo 2020

Questo post è stato scritto a 6 mani con due miei allievi dell’Università Carlo Cattaneo-Liuc, Jacopo Toia, imprenditore fintech, e Francesco Toia, studente double degree –

Durante le lezioni di “Sistema finanziario” gli studenti fanno fatica a comprendere con immediatezza il concetto di “efficienza informativa” dei mercati finanziari. Si parte citando Eugene Fama – premio Nobel per l’Economia nel 2013 – e si spiega come i mercati siano delle spugne che incorporano immediatamente tutte le informazioni disponibili. Di conseguenza, maggiore è l’efficienza, maggiore è il cambiamento dei prezzi. Se i prezzi si modificano velocemente, a fronte di nuove informazioni disponibili, di conseguenza la volatilità aumenta. La settimana scorsa è successo proprio questo. Le continue e vorticose notizie sul diffondersi del Coronavirus hanno portato a uno dei maggiori cali della storia dei mercati finanziari.

Fama sarebbe certamente felice di vedere realizzate le sue teorie, i mercati si sono dimostrati efficientissimi. Il ribasso dei mercati azionari lo possiamo vedere come un continuo e forsennato assorbimento delle continue notizie negativa sull’epidemia, che l’OMS – Organizzazione mondiale della sanità – ha definito ormai “pandemia”.

Ripercorriamo insieme questa settimana, che non sarà facile da dimenticare.

Venerdì 6 marzo, pomeriggio
Salta la triplice intesa tra Arabia Saudita, Stati Uniti e Russia per il taglio della produzione di petrolio. Di conseguenza l’Arabia inizia a vendere petrolio sottoprezzo. Il prezzo del crude oil arriva a perdere più del 30% in poche ore. Un crollo così non lo si vedeva da quando in Iraq partì l’operazione militare Desert Storm. Era il 17 gennaio 1991.

Sabato 7 marzo
Il governo annuncia – e una bozza trapelata anticipa il provvedimento – di voler bloccare gli spostamenti all’interno del Nord Italia. Molti italiani, fuggono verso Sud, dove verranno intercettati da ambulanze e polizia. Non è un bel vedere. La furbizia ha la meglio sull’intelligenza. L’apertura dei mercati di lunedì si preannuncia pesante.

Lunedi 9 marzo 
Dopo una mattinata di forte ribasso dei mercati europei, l’indice americano S&P 500 non riesce ad aprire per eccesso di ribasso. Si attivano così i circuit breaker, che hanno la capacità di sospendere le quotazioni per 15 minuti, nell’ipotesi in cui gli indici possano scendere oltre il valore soglia del 7%. Si iniziano a guardare gli ETF per capire come aprirà il mercato, dal momento che la liquidità inizia a scarseggiare e gli spread si stanno ampliando.

Al contempo l’attenzione degli investitori torna ancora una volta sul mercato del credito, detto high yield. Ed intanto il virus avanza, valicando inesorabilmente confini geografici, morali ed umani. Ormai è la paura a governare le azioni di ciascuno di noi, mercati finanziari inclusi. Basta dare un’occhiata ai rendimenti dei titoli di stato americani, che sul decennale sono scesi sotto lo 0,40%.

È la prima volta che succede nella storia economica moderna. Non è ancora notte, che si ha l’inversione di rotta. I rendimenti tornano a salire. È chiaro che l’incertezza e l’instabilità regnano sovrane. Lo Standard & Poor’s 500 lascia sul terreno il 7,60%.

Martedì 10 marzo
Mercati azionari negativi. Nel pomeriggio europeo interviene il presidente americano Donald Trump che, prova, a suo modo, a rassicurare i mercati. Promette un consistente stimolo fiscale. È l’anno delle elezioni – in novembre – e i mercati sembrano crederci.

Russia e Arabia Saudita immettono sul mercato nuovo greggio. I rendimenti sui decennali americani tornano a stabilizzarsi intorno allo 0,7% mentre il Bund decennale rimane ampiamente in territorio negativo (-0,85%).

Bernie Sanders, considerato dai mercati un socialista indefesso, inizia ad indietreggiare nei sondaggi. Emergono sempre più le chance di Joe Biden, ex fedelissimo di Obama, e prossimo ad ottenere la nomination democratica per le elezioni. La borsa americana ci crede e rimbalza del 4.94%.

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Mercoledì 11 marzo
Dopo una mattinata di forte ribasso sulle borse europee, Wall Street inizia ad intravedere lo spauracchio dell’orso. Manca poco al raggiungimento del bear market (quando il mercato scende del 20% rispetto ai massimi). Oro, Treasury bond, azioni e corporate bond sono trascinate insieme ed in egual misura nel baratro.

La Bank of England interviene e taglia i tassi dello 0,5%. Il governatore Mark Carney ripete che gli effetti del coronavirus saranno forti, ma temporanei. Non è convincente e dà l’impressione di non crederci nemmeno lui.

I mercati attendono buone notizie dall’ambito medico, ma non arrivano. Purtroppo, i contagi continuano ad aumentare in maniera incontrollata. Un’altra notizia “scossone” viene data dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, che annuncia un possibile contagio della popolazione alemanna sopra il 60% in un futuro prossimo.

Nel frattempo, in serata, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, con un intervento a reti unificate, comunica l’estensione delle misure drastiche in tema di mobilità in tutto il Paese. I contagi da coronavirus negli Stati Uniti arrivano a mille unità. Il mercato risponde con un chiaro segno meno: -4.89%.

schermata-2020-03-15-alle-00-01-06Giovedì 12 marzo
Lagarde è alla prova dei mercati e raccoglie (dal 1° dicembre 2019) il testimone di Mario Draghi che, nell’ormai lontano 2012 (“whatever it takes”), riuscì a salvare l’eurozona dal baratro.

Il nervosismo è alle stelle. Il mercato non sembra prendere in malo modo le decisioni della BCE – ulteriori dosi massicce di quantitative easing (QE) e diminuzione dei costi di finanziamento per le banche. La borsa di Milano, però, inizia a sprofondare dopo che la numero uno dell’Eurotower afferma più volte che il contenimento degli spread non è di competenza della BCE. Sostanzialmente mentre Draghi con una dichiarazione indusse il mercato a restringere gli spread sui bond governativi, la Lagarde dice il contrario: “We are not here to close the spread”. In un momento così di difficoltà del nostro Paese, è una mazzata in testa al cane che affoga. Il Btp decennale crolla. Gli spread si allargano a dismisura.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sempre pacato, si incazza. E con una mossa inconsueta, esce in tarda serata con un comunicato stampa durissimo verso la Bce: “L’Italia sta attraversando una condizione difficile e la sua esperienza di contrasto alla diffusione del coronavirus sarà probabilmente utile per tutti i Paesi dell’Unione Europea. Si attende quindi, a buon diritto, quanto meno nel comune interesse, iniziative di solidarietà e non mosse che possono ostacolarne l‘azione”.

È il giorno peggiore di sempre per la borsa italiana: -16,92%. Enel ed Eni, le maggiori società del listino, arrivano a perdere il 20%. Una cosa mai vista.

L’America continua a prezzare il rischio di una recessione globale. La Federal Reserve annuncia che alle 17,30, ora americana, inizierà ad iniettare quantità massicce di liquidità e lo farà con operazioni Repo (acquisto e contestuale rivendita) a 1 e 3 mesi per un totale di 1,5 trilioni di dollari.

Trump, senza alcun confronto diretto, firma il “travel ban” per tutti i voli da e verso l’Europa. È ormai sera e le contrattazioni chiudono. Termina una giornata plumbea. Il Dow Jones chiude in ribasso del 9.51%, segnando la maggior perdita di punti dal crash dell’ottobre 1987. Abbiamo appena vissuto il “Black Thursday del 2020”.

schermata-2020-03-15-alle-00-02-08Venerdì 13 marzo
L’Europa rimbalza. La Germania promette un ombrello fiscale da 550 miliardi di euro. Il capo della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, corre in soccorso dell’Italia e dichiara di essere d’accordo sulla sospensione del patto di stabilità. Philip Lane, già governatore della Banca centrale irlandese, capoeconomista della BCE, interviene a raffica in tutte le tv possibili dichiarando l’opposto della Lagarde, ossia che la Bce intende uniformare il meccanismo di trasmissione di politica monetaria, tutelando in tal modo i paesi periferici come l’Italia.

Urge sottolineare che Christine Lagarde non è una economista, bensì una giurista. Non si capisce come si possa nominare alla presidenza della Bce una persona che non ha le competenze in materia di politica monetaria. Ha ragione Michele Serra che sull’Amaca scrive: “La casta, a volte, esiste per davvero, si entra in un attico (Fondo Monetario Internazionale, ndr) e non se ne esce più…Non è obbligatorio che l’idraulico sia simpatico. Ma che aggiusti i tubi, sì”.

Il mercato italiano vola a +16% per poi chiudere a +7,12%. Gli indici americani salgono con decisione dopo l’intervento di Trump, che dichiara l’emergenza nazionale. Finisce anche negli Stati Uniti la fase di negazione del problema (“denial”).

P.S.: alcuni hanno sostenuto la necessità di chiudere le borse. Sarebbe stata una decisione sbagliata. I mercati mobiliari devono rimanere aperti, svolgono una funzione informativa – “price signalling” – e devono consentire a chi vuole comprare e vendere di poterlo fare. Altrimenti diventano mercati “immobiliari”, dove le transazioni necessitano mesi. La scoperta del prezzo, continua, ogni secondo, definita “price discovery”, gioca un ruolo importantissimo nell’allocazione dei capitali. Lasciamo che i mercati facciano il loro lavoro, prezzare il rischio.

Twitter @beniapiccone