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Business as UnUsual: il vero manager si vede nel momento del bisogno?
L’autore di questo post, Silvano Joly,è in Centric Software dal 2016. Ha ricoperto posizioni di sales leadership presso Innovation leaders come PTC, Reply, Sap e Dassault Systemes. Oltre che con grandi società ha lavorato con Aziende pre-IPO, start up e collabora con varie università italiane. Mentore pro-bono di start-up high-tech è da sempre amico della Piccola Casa della Provvidenza (Cottolengo), il più antico istituto dedicato all’assistenza di persone con gravi disabilità –
Nel 1994 Price Pritchett scrisse un manuale che si proponeva, in sole 27 linee guida specifiche, di aiutare i manager a tenere buoni i dipendenti, mantenere il morale alto, raggiungere i risultati di performance attesi nel contesto di trasformazioni aziendali straordinarie, ad esempio una acquisizione o una fusione. Business as UnUsual, che è un titolo davvero azzeccato, seppur datato resta un best seller, e insegna ai Manager come diventare Agente di Cambiamento, ricostruire il morale, distribuire buste paga psicologiche, reclutare e trattenere le risorse di talento, prendersi cura di problemi personali, evitare danni collaterali nonostante una condizione esterna difficile, di crisi o di emergenza. Ho ancora la mia copia che venne distribuita proprio dopo una non facile acquisizione a inizio anni 2000. Anche oggi viviamo un periodo straordinario, ma il più grande problema sembra proprio l’assenza di un manuale, di buone pratiche, di norme da mettere in atto.
La copertina della prima edizione di Business as UnUsual
Da quando lavoro ho partecipato ad almeno 100 corsi: come assumere, idee per motivare, il licenziamento perfetto, (di venerdì e mai prima delle 17…), vendere tanto, negoziare con astuzia, lo sport come lavoro, gestire il business come uno chef gestisce la cucina e tanti altri,
Ma un corso per aiutare me stesso ed i miei colleghi a superare queste settimane di zone rosse, di misure eccezionali, di homeworking forzoso, di morale altalenante non l’ho mai fatto e non dispongo di nessuna linea guida scritta né altro cui ispirarmi. E questo mi fa sentire ancora di più la responsabilità che ho come riferimento per un gruppo di colleghi.
Cercando risposte e idee ho anche ripensato al servizio militare prestato nel 1990, nell’Arma dei Carabinieri ed a quando venni destinato a rimanere nella stessa Scuola Allievi, dove avevo studiato ma come carabiniere, un primus inter pares. Alla cerimonia di consegna dei gradi e degli alamari, il comandante ci fece un discorso molto interessante: “Da oggi siete carabinieri non più allievi, quindi voi non sarete più uno di noi bensì uno di Loro. Ancora militari di leva ma graduati, voi sarete diversi. E diversamente guardati e ascoltati. Siatene all’altezza, comportatevi e parlate di conseguenza”. Un discorso militare, enfatico e marziale ma corretto e coerente.
Questo discorso mi è tornato in mente molte volte vedendo Leader o Manager, sia in azienda che nelle istituzioni, dimenticare il loro ruolo e trasmettere con i loro stessi gesti, azioni, commenti un messaggio sbagliato a Colleghi e Collaboratori, arrivando a svelare la loro pochezza professionale e contraddicendo la propria missione e ruolo aziendale.
Sì, perché nei momenti difficili, nel Business as Un-Usual i Capi sono fondamentali! Sia i Leader che i Manager, i secondi a realizzare le idee dei primi. Un leader che pensa alla strategia, il o i manager che si occupano di creare le condizioni per eseguirla. Il Leader è come un Influencer che con coraggio traccia trend e dà la direzione, il Manager è un suo Follower, illuminato e intelligente però, che adatta l’Execution alla Vision e fa in modo che la forza lavoro vi aderisca.
Qui la proprietà transitiva che si applica è quella della Stima professionale, i Collaboratori che davvero hanno fiducia nei loro capi credono, sostengono, adottano completamente le linee guida suggerite. Questo accade solo se tali linee guida sono permeate di comprensione, competenza, innovazione e producono una Vision. Anche se il termine Manager (dall’Inglese to manage e dal Latino manus agere) fa pensare all’operatività, i Manager non devono essere considerati meri esecutori degli ordini di un Leader. I Dirigenti fanno la differenza nel condurre un’azienda verso il successo e nel gestire le situazioni difficili. Non bastano le idee dei Leader. Tra la Vision e l’Execution c’è di mezzo la vita reale, il mercato ed oggi pure un Virus.
Guardiamo un grande Leader come Jack Welch, Presidente e CEO di General Electric, che ne ha aumentato la capitalizzazione di 400 milioni di dollari. Il suo successo è basato sulle decine, centinaia di manager che hanno lavorato con lui e ne hanno fatto il Leader di maggior successo nella storia del business americano. Big Jack ne era così convinto che ha fondato un MBA, il Jack Welch Management Institute, che ha proprio lo scopo di formare Manager capaci di aiutare i Leader a realizzare il successo di un’organizzazione.
Jack Welch ed il suo best seller Vincere
Proviamo allora ad elencare le caratteristiche di un Leader:
– deve credere nelle fermamente nelle proprie idee e convincere che siano le più efficaci.
– commette errori ma ha la capacità di trovare soluzioni rapidamente.
– rompe gli schemi.
– trova le persone migliori per farsi affiancare e ispira con l’autorevolezza non con gli ordini.
– pensa a lungo termine, si prende dei rischi e disegna innovazione e trasformazione.
Come detto un Leader avrà bisogno di buoni Manager, in una simbiosi necessaria, un rapporto cooperativo e collaborativo, necessario anche per il welfare ed il successo della forza lavoro. Sapendo che in certe situazioni può essere più facile fare il leader che il manager, soprattutto nei momenti di crisi.
In questi casi forse tutto dipende dallo stile di management? Daniel Goleman, psicologo, scrittore e giornalista statunitense ne ha parlato in “Emotional Intelligence” parlando di persistenza e di empatia come ingredienti del “quid manageriale”, l’intelligenza emozionale che si contrappone al quoziente d’intelligenza (QI) e diventa la capacità di influenzare la gente, e aiutarla a lavorare meglio per raggiungere uno scopo finale in comune.
Daniel Goleman, l’ideatore della Intelligenza Emozionale
Goleman descrive 6 diversi stili di leadership, adatti alle diverse esigenze aziendali e alle situazioni di business e che si devono alternare in base ai contesti, ai momenti, alle criticità, agli obiettivi
1 – Visionario
crea un clima positivo in azienda, da una direzione chiara e riesce a farla capire anche al proprio team.
2 – Democratico
valorizza i propri collaboratori attraverso il coinvolgimento nella operatività partecipativa responsabilizzante.
3 – Coach
connette mission aziendale e bisogni dei lavoratori che però devono essere motivati, di iniziativa, carrieristi.
4 – Esigente
estremamente determinato, poco empatico esige perfezione e rapidità. Per non far sentire il team inadatto si mette anche in gioco in prima persona.
5 – Armonizzatore
crea armonia nel gruppo di lavoro e previene conflitti tra i singoli componenti di un team, usando la motivazione per aumentare le performance.
6 – Autoritario (Militaresco)
tende alla coercizione, impone modi e metodi, esige rispetto, non ammette repliche, punisce fallimenti.
Interessante sottolineare che Goleman suggerisce lo stile Militare nei casi di estrema emergenza e di crisi. Come quello che stiamo vivendo, un momento grave quanto un incendio, un terremoto ove il tempo è poco e le emozioni sono intense. Casi in cui Leadership, Management e Comunicazione diventano il fattore critico per il successo e la sopravvivenza di un’organizzazione aziendale, preservare il morale e la stabilità psicologica dei Colleghi.
Oggi forse avremmo bisogno di questo, ma purtroppo, o per fortuna, questi sono temi noti ai professionisti dell’emergenza ma vi è poca letteratura manageriale, per capire ciò che avviene, a livello psicologico, durante un’emergenza in un team di lavoro, un ufficio, una fabbrica, un centro di R&D.
E dunque in assenza di un manuale per Manager durante una crisi globale e cercando un paragone, vediamo come si dividono le emozioni nella gestione delle emergenze:
– piacere/dispiacere: emozioni negative (preoccupazione, paura, rabbia) contrapposte a emozioni positive (speranza, ammirazione per la professionalità altrui, commozione per il lieto fine, gratificazione sentendosi utili);
– azione/impotenza: senso incapacità contrapposto a ostinazione e voglia di lottare;
– alta/bassa intensità: agitazione, rabbia controllate con la “paura buona” che impedisce di compiere azioni sconsiderate, quindi controllata e non troppo intensa.
Nella crisi quindi un Manager dovrebbe basare la sua comunicazione su
– gli aspetti riguardanti “affiatamento” e “rispetto” reciproco;
– il coordinamento nella comunicazione (poche parole, calma, collaborazione”)
– gli aspetti riguardanti il controllo dell’emozione (fiducia in se stessi, trasmettere sicurezza);
– il mostrare competenza per tranquillizzare (capire la criticità della situazione e intervenire);
Oltre a ciò, occorrono sintesi, comunicazione visiva, aspetti non verbali (voce ferma e sguardo fisso negli occhi).
Oggi un manager deve intervenire sulla situazione di emotività individuale e di gruppo e lì intervenire: deve influenzare e far agire reagire i Colleghi per gestire le emozioni e saper utilizzare la componente positiva dell’emotività (attivazione, prontezza ad agire). Ad esempio, azioni semplici e comprensibili, volte a infondere calma e tranquillità come training, occasioni formative o di conversazione on line tra Colleghi possono essere un antidoto alla costrizione al telelavoro o in una zona rossa. Tant’è che in queste settimane i miei 20 Colleghi ed io siamo “isolati” ma ci prendiamo una pausa The & Caffè in web conference. L’abbiamo chiamata Web.Tea.M e ci da quasi lo stesso gusto di quelle fatte in ufficio…i
Nel Business come in una calamità il panico fa predominare sentimenti ed emozioni come la paura, la disperazione, la rabbia, la confusione che in un Team di Lavoro come in una folla sono amplificate dal contagio emotivo, rendendo ardua ogni attività utile ed efficace.
In questo 2020 iniziato così pericolosamente occorre quindi che anche noi manager sviluppiamo in tempi rapidi almeno un minimo di competenza nella gestione delle situazioni critiche: dobbiamo saper mettere in campo, in tempi brevissimi, le conoscenze che abbiamo e le emozioni positive per valorizzare e ottimizzare l’efficacia della nostra squadra.
Se ci impegniamo ce la faremo. Andrà tutto bene, ma solo se ci diamo da fare.
Twitter @sjoly_ita