categoria: Vicolo corto
Perché il coronavirus può riportarci alla manovra lacrime e sangue del 2012
L’autore del post è Costantino De Blasi, risk manager e fondatore di Liberi, Oltre Le Illusioni –
È pressoché impossibile fare previsioni sull’impatto che avrà sull’economia la diffusione del coronavirus, il Covid-19. Molto dipende da quando terminerà l’emergenza, quando verrà sintetizzato e distribuito un vaccino, quanto sarà profonda ed estesa la diffusione eccetera. Le variabili in gioco sono talmente tante che lanciarsi in complicate proiezioni econometriche è inutile quando non anche dannoso.
Una cosa che si può fare è invece tentare di prevedere gli effetti dell’emergenza sui saldi di finanza pubblica. Nella Nota di aggiornamento al DEF il governo aveva indicato per il 2020 una crescita reale dello 0,6% e la brusca frenata di dicembre, certificata dall’Istat, aveva subito fatto ritenere quel dato ottimistico. La Commissione nel winter outlook aveva indicato una crescita dello 0,2%. Adesso anche quella misera previsione è superata dai fatti.
Il livello del debito pubblico, al netto delle disponibilità liquide del Tesoro, ha chiuso il 2019 al 135,1% del PIL, in moderato miglioramento rispetto alle previsioni della stessa NaDef che lo vedevano al 135,7%. Per effetto del cattivo andamento dell’economia nel quarto trimestre 2019, la crescita acquisita per l’anno in corso è pari al – 0,2%.
La crisi scatenata dal Covid-19 si innesta, dunque, su un quadro già molto debole e in parte compromesso, con gli obiettivi di risanamento dei conti pubblici molto lontani. Inoltre l’equilibrio di bilancio sarebbe, per ora, garantito solo dai 20,1 miliardi di clausole di salvaguardia previsti per il 2021. Per soddisfare il quadro programmatico presentato in legge di bilancio sarebbe stato probabilmente necessario varare in estate una manovra correttiva per 3 o 4 miliardi.
Non è un problema di flessibilità nella valutazione dei conti. La flessibilità, prontamente evocata dai rappresentanti del governo e delle opposizioni, sarà accordata dalla Commissione perché i meccanismi europei già prevedono che qualora il disavanzo eccessivo e o il mancato rispetto della regola del debito siano dovuti a fattori rilevanti, sia di natura esogena che di natura endogena, non sia prevista alcuna sanzione o procedura. Lo ha ricordato lo stesso commissario agli affari economici Gentiloni.
Resta però un problema. quanto sarà lunga e profonda la crisi e quanto tempo impiegheremo ad uscirne?
Quando ci fu la crisi del 2008-2009 il prodotto interno lordo decrebbe del 5,9% e a quei livelli di reddito precrisi non siamo ancora tornati nonostante siano passati 11 anni. La debolezza strutturale dell’economia italiana e la sua cronica incapacità di reagire prontamente a fattori che ne minano la sostenibilità nel medio termine potrebbero far più danni della stessa emergenza. Il Covid-19 ci coglie impreparati, con risicati margini di azione e con spazio fiscale di fatto inesistente. Per decenni abbiamo rinviato il risanamento dei conti e una razionalizzazione della spesa; abbiamo elargito prebende e misure assistenziali senza preoccuparci di avere cassa; abbiamo ipotecato il futuro ignorando la bomba pensionistica che scoppierà fra il 2030 e il 2045. Così, ora che è arrivato uno shock, non abbiamo armi per poterlo arginare.
Il timore di chi scrive è che, una volta passata l’emergenza, sarà necessario un nuovo e pesante consolidamento fiscale alla stregua di quanto fu fatto dal governo Monti in piena crisi dei debiti sovrani. Quando le condizioni di normalità saranno ristabilite e i sistemi di scambi internazionali torneranno ad essere quelli precedenti a quelli di questi giorni, sarà inevitabile rivedere il rigore che vedemmo nel 2012. È il prezzo che si paga quando ci si ostina a comportarsi da cicala e non da formica e si rinviano continuamente gli appuntamenti con gli impegni presi.
Twitter @DeShindig