Siamo tutti difensori dell’ ambiente, ma se i tassi e le bollette si alzano?

scritto da il 18 Febbraio 2020

Recentemente Microsoft ha dichiarato che potrebbe diventare “carbon negative” entro il 2030 e che compenserà entro il 2050 tutte le emissioni di CO2  prodotte sin dalla sua fondazione (1975). Ha altresì reso noto che, entro il 2025, il 100% della sua energia arriverà da fonti rinnovabili, compresa tutta l’elettricità consumata nei suoi data center, edifici e campus. A distanza di pochi giorni da queste dichiarazioni tuttavia, il Wall Street Journal, ha diffuso la notizia che per alimentare il suo campus aziendale nella città di Fargo (Nord Dakota), Microsoft ha dovuto affidarsi all’energia generata dal diesel. Il gigante del software “ha dovuto”, anche se per poche ore, avviare questi generatori per illuminare e riscaldare i circa 1.600 dipendenti del campus. Nell’area intorno alla città di Fargo ci sono circa un centinaio di aziende che si coordinano con la cooperativa elettrica locale Cass County Electric Cooperative, per fronteggiare i picchi di domanda o le criticità rendendo disponibili i generatori di backup che queste aziende hanno per le emergenze.

Può capitare alcune volte all’anno che le compagnie ricevano uno sconto significativo sulle tariffe elettriche in cambio dell’utilizzo della potenza di backup di cui dispongono: i generatori diesel nel caso di Microsoft. Contattato dal Wall Street Journal, Il Chief Environmental Officer di Microsoft ha dichiarato di essere sicuro che la società possa raggiungere i suoi obiettivi ma <<understands it will be difficult. He expects stumbles along the way>>. Allora dove è la notizia? Si tratta di sole 5 ore di “sofferenza”. Poca cosa rispetto agli ambiziosi obiettivi di difesa dell’ ambiente “dichiarati” dal titano tecnologico.

Il punto è un altro: le aziende dovranno affrontare una sfida titanica per rispettare le promesse di riduzione di emissioni di CO2 soprattutto se faranno affidamento su altre aziende (third parties) nelle forniture di energia.

Analizziamo altri dati a nostra disposizione. Nella città di Fargo Microsoft è presente dal 2001 e si è molto ampliata negli anni. Il suo campus riceve energia dalla Cooper County Electric Cooperative, che a sua volta è alimentata dalla Minnkota Power Cooperative. Minnkota genera i due terzi della sua elettricità da due grandi impianti a carbone. Minnkota inoltre starebbe prendendo in considerazione un investimento di circa 1 miliardo di dollari per catturare le emissioni di carbonio nella sua più grande centrale a carbone per iniettarle sottoterra. Tale idea risulta ad oggi fattibile grazie al  nuovo credito d’imposta federale reso disponibile. Infatti nel febbraio 2018 il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato una legge di bilancio che ha ampliato il credito d’imposta per incoraggiare la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica CCS.

I potenziali progetti che utilizzano il credito, noto come 45Q, devono iniziare però la costruzione prima del 1° gennaio 2024. L’industria CCS ha riacquistato slancio dal 2017 aumentando notevolmente rispetto al 2010 (circa 4 volte in termini di capacità). I due terzi di questa capacità si trova in Nord America, sebbene l’industria si stia allargando su scala planetaria. Dal 2019 la capacità di cattura dell’anidride carbonica degli impianti in esercizio ha raggiunto 40 milioni di tonnellate l’anno (1% delle emissioni globali). In cantiere ci sarebbero circa 100 milioni di tonnellate l’anno di capacità, se si considerano tutti i progetti in tutte le fasi dello sviluppo.

 WACC ne abbiamo?

Un settore fortemente capital intensive come quello dell’energia impiega anni per adattarsi anche se dobbiamo riconoscere senza dubbio che l’adattamento è già in corso. Se facciamo riferimento al panorama europeo, secondo alcune società di consulenza le utility quotate hanno perso in media metà della loro capitalizzazione di mercato dal 2008, distruggendo circa 500 miliardi di euro di valore per gli azionisti. Il peggio è passato: dopo le svalutazioni del 2015 queste si sarebbero sostanzialmente arrestate. Ma, aggiungono le “consultant Co.”, la crescita della generazione di elettricità off-grid, i veicoli elettrici e le batterie potrebbero velocizzare il cambiamento a favore dell’ ambiente e innescare altre potenziali svalutazioni.

Un ulteriore aspetto da considerare, sollevato in un report della International Energy Agency del 2015, è che circa il 50% della capacità di generazione elettrica è di proprietà statale, direttamente o attraverso le sue controllate. Capiamo bene che una riduzione di valore e/o dei guadagni di queste compagnie potrebbe comportare una sensibile calo delle entrate per lo stato. Quest’ultimo per coprire la mancanza di entrate potrà ricorrere al debito oppure usare la leva fiscale.

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Lo stesso report indicava che circa il 60% degli investimenti in nuova capacità da inizio 2000 al 2015 era finanziato grazie ai retained earnings. Successivamente questa fonte di finanziamento si è ridotta a causa anche della liberalizzazione dei mercati. Si è quindi ricorsi ad un maggiore utilizzo del debito (per circa il 30-40% della nuova capacità installata). La leva finanziaria a sua volta ha avuto come “beneficio” la riduzione del costo del capitale (WACC ovvero Weighted average capital cost). Da circa 10 anni siamo in condizioni di tassi bassi grazie agli stimoli monetari post crisi: ricevere soldi in prestito e avere accesso al credito è diventato più semplice.

Questo aspetto si collega fortemente alla trasformazione energetica in atto con riferimento al mercato europeo (ma va bene in generale per i paesi OECD). Se infatti ci riferiamo alla generazione di energia da rinnovabile, uno studio del 2018 di una nota società di consulenza ha calcolato che in Inghilterra un aumento del WACC del 200% avrebbe come effetto l’aumento del costo dell’energia di circa il 20%. Di questo ne parlano anche qui al ETH Institute for Climate Impact Research di Zurigo e  Potsdam.

Un occhio altrove – concludendo

Alphabet è diventata la quarta Big Tech a raggiungere una capitalizzazione di mercato di un trilione di dollari. Apple fu la prima a raggiungere il traguardo nel 2018. Poi Amazon e infine Microsoft hanno superato la soglia. Se ci chiediamo chi sarà/saranno la Big Energy del futuro dovremo ancora aspettare… Forse guardare cosa è accaduto nel mondo ICT potrebbe aiutarci a stimare le tempistiche con i dovuti contrappesi. Il computer inizia ad espandersi intorno agli anni ‘70, il primo microprocessore di Intel (ad opera di Federico Faggin) arrivò sul mercato nel 1971 dando inizio allo sviluppo dei micro computer (prima occupavano lo spazio di una stanza).

Nel 1977 il computer entra nelle case con l’Apple II che praticamente forza anche la IBM ad entrare nel mercato del personal computer. Nel 1984 in termine di vendite solo IBM ed Apple, fanno registrare i 6 miliardi di dollari. Si assiste ad un vero e proprio fenomeno di commoditizzazione: negli USA il 40% dei colletti bianchi dichiara di utilizzare un computer al lavoro. La percentuale sale al 68% nel 1993. Quindi ricapitolando, prima un PC è entrato in ogni casa, poi Internet li ha connessi, quindi è iniziata la fase di generazione dei dati. I dati poi sono diventati una fonte di business grazie soprattutto alla diffusione dello smartphone.

Analogamente, possiamo immaginare che prima ci sarà una fase “hardware” che precede l’installazione di dispositivi di generazione e scambio informazioni (smart meter), poi la fase di generazione di dati. Da questo momento in poi potrebbe nascere una Google o Apple dell’energia e dell’ ambiente. Potrebbe accadere ma non è detto che accada. Anche perché gli attuali smart meters assomigliano più al passaggio dal telefono a filo ai primi cellulari (i motorola modello mattone per capirci) in un certo senso. Non dobbiamo dimenticare che tutto questo ha un costo.

L’Unione europea prevede entro il 2020 l’installazione di 200 milioni di contatori intelligenti. Questi coprirebbero quasi il 72% delle case dei cittadini europei, un investimento stimato in circa 45 miliardi di euro. La disponibilità di questi dispositivi e la generazione dei dati associati saranno alla base di questo cambiamento. In Inghilterra ad esempio le installazioni degli smart meter sono in ritardo di 4 anni. A giugno 2019 erano installati quasi 15 milioni dei 53 previsti. Il costo è in aumento di quasi mezzo miliardo di sterline ed è stato passato ai consumatori con la bolletta.

 << […] Non puoi cambiare la natura degli umani, quello che puoi fare è cambiare gli strumenti che usano, cambiare le tecniche. Allora cambierai la civiltà >> da “The Game” A. Baricco, frase di S. Brand

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