categoria: Vicolo corto
Industria, quanto è complicato equilibrare sicurezza, economia e politica?
Post di Diego Bolchini, docente di analisi delle informazioni per la sicurezza presso l’Università di Firenze in sinergia con la PcM-DIS e collaboratore dello IAI di Roma –
A Richard Musgrave (1910-2007) autore di testi fondamentali come il celeberrimo “Teoria della Finanza Pubblica (1959) si deve l’individuazione delle tre funzioni cardinali esistenti nell’ambito della finanza pubblica: quella allocativa, quella distributiva e quella stabilizzatrice (Musgrave Three-Function Framework).
Attraverso la funzione allocativa lo Stato, nel contesto dell’economia pubblica, dovrebbe essere in grado di fornire beni e servizi per il soddisfacimento dei bisogni collettivi, di difesa, ordine pubblico e giustizia, considerando adeguatamente le spese per realizzarli e le entrate per finanziarli;
Per la funzione distributiva, lo Stato dovrebbe redistribuire redditi e ricchezza tra i vari settori produttivi e i diversi ambiti geografici secondo criteri di equità, al di là di un concetto di efficienza in senso stretto.
Secondo la funzione di stabilizzazione, infine, essa riguarda effetti e riflessi delle azioni di intervento pubblico sull’andamento dell’economia da un punto di vista macroeconomico, calibrando spesa pubblica ed entrate tributarie.
Questa teoria tripartita ha origine a fine anni Trenta del secolo scorso. Si tratta di una divisione concettuale di responsabilità di governo che da diversi anni a questa parte – in tempi di iper-globalizzazione – si scontra con un’altra teoria “trinaria”, ovvero il cosiddetto trilemma di Rodrick.
Vi sarebbe in questo senso una impossibilità e fallibilità intrinseca nell’economia globale odierna, nel gioco di relazione tra democrazia, sovranità nazionale (con sottese limitate capacità di intervento) e integrazione economica globale.
Non a caso, a livello accademico, si parla oggi di IPE (international political economy) o GPE (global political economy) laddove si cerca di decifrare e chiarire le relazioni internazionali tra Stati e Mercati, nonché l’impatto di tali relazioni sulla condotta degli Stati.
Alla complessità e intenibilità di obiettivi/strumenti sopra indicati, ovvero tra l’“olimpica” e rasserenante visione di Musgrave e la drammatica rappresentazione di Rodrick, subentra nel nostro tempo la crescente minaccia economico-finanziaria in capo a singoli attori statuali, aziende e PMI.
Esemplificativo in tal senso è un recente intervento pubblico del prefetto Gennaro Vecchione, attuale Direttore del DIS, in cui si ricordava come dalla prima lezione di economia politica sappiamo che il reddito nazionale è somma dei beni e servizi prodotti in un Paese in certo periodo di tempo.
Ma se questi beni e servizi non vengono prodotti, se c’è qualcuno che esfiltra e depaupera gli asset industriali, allora questo è un serio problema per la collettività di un territorio. In questo senso, le acquisizioni e le fusioni aziendali dovrebbero servire per far crescere, non per far saltare processi produttivi ed equilibri locali con modalità predatorie e finalità extraeconomiche.
Su un piano di sicurezza industriale, già approcciata da queste pagine lo scorso mese di agosto, il lancio lo scorso novembre del progetto Asset nella città di Milano (cuore del 10% del Pil nazionale) è paradigmatica nel senso di una nuova esigenza protettiva e cautelativa
In conclusione, viviamo certamente tempi complessi e sfidanti, laddove i tradizionali operatori presi in considerazione dall’analisi macroeconomica (famiglie, imprese, Stato e “resto del mondo”) si trovano ad agire e retro-agire in modo convulso, incerto, tra asimmetrie informative, opacità e difficoltà di comprensione.
Se gli schemi di flusso tra gli attori le entità economiche sono sempre più turbolenti e complessi, analoga opera di nuova articolazione concettuale deve allora esprimere chi cerchi di muoversi in questi scenari, soppesando nel modo migliore rischi e opportunità tra tecnica, politica ed economia.
Ovvero facendo il meglio possibile nelle condizioni date, cercando di amministrare al meglio la realtà, come ricordava il direttore della School of Government della Luiss Giovanni Orsina riflettendo sul rapporto tra politica, fallibilità e (im)perfezione nelle azioni umane.