Affari di famiglia? Il nuovo corso è la disintermediazione delle banche

scritto da il 12 Novembre 2019

Post di Elena Giordano, Partner, Senior Family Advisor, Albacore Wealth Management – 

C’era una volta, e c’è ancora, il family office che potremmo definire “all’italiana”, il cui ruolo non è tanto diverso da quello di un amministratore che controlla i conti correnti, i conti titoli, le gestioni patrimoniali, i beni immobili. Un ufficio, o una figura, che non gestisce. Ma se uno non sa gestire, come può giudicare se hanno fatto bene o male i gestori cui ha affidato le ricchezze che amministra?

Questo non significa che i family office debbano per forza essere gestori unici dei patrimoni dei loro clienti. L’affermazione nel mondo anglosassone e in Svizzera, e ora anche in Italia, di un modello di family office capace di offrire una molteplicità di servizi mettendo sempre in relazione la ricchezza con le situazioni, le aspettative e gli obiettivi della famiglia, non esclude affatto un coordinamento dell’asset allocation che passi attraverso la selezione delle società e dei manager esterni cui affidare la gestione finanziaria o di altri asset. Senza contare che una buona diversificazione dei gestori riduce la volatilità di un portafoglio, e quindi il rischio.

Ma anche se si possiede la capacità di individuare il meglio al mondo per ogni cliente, sono convinta che non tutto vada messo nelle mani di case di investimento e gestori terzi. Come Albacore WM siamo arrivati alla scelta di gestire in casa un terzo di ogni patrimonio perché abbiamo verificato sul campo, nel rapporto con le persone e le famiglie, l’esistenza di bisogni che solo un family office può soddisfare.

Nell’interazione con il family office quella parte di ricchezza diventa infatti una sorta di espressione della famiglia stessa: rappresenta l’opportunità di investire secondo interessi coltivati personalmente, di giocarsi una scommessa, di coniugare una passione con la finanza o con il business, di realizzare l’aspirazione a investimenti sentiti come più congeniali o più vicini. In più, e non è poco, sulla parte gestita direttamente è molto più semplice e più veloce per il family office, rispetto alla quota data in gestione a terzi, costruire difese per l’intero patrimonio quando sui mercati si profilano crisi minacciose o viceversa agire tempestivamente appena si manifestano trend di rialzo chiari.

familybusiness

Proprio sulla gestione diretta in stretta interazione con la famiglia si sta delineando la nuova frontiera dei family office, frutto di un’ulteriore evoluzione che per ora vede ancora pochi protagonisti sulla scena globale. Il persistere di bassissimi tassi di interesse e le ricorrenti incertezze sull’andamento delle economie e delle Borse spingono da tempo anche i privati, ancor di più i possessori di grandi patrimoni, a cercare rendimenti e profitti negli investimenti alternativi e illiquidi come il private equity, il private debt, la partecipazione diretta a operazioni di fusioni e acquisizioni, il venture capital.

Una tendenza che diventa preminente per gli imprenditori di successo, ancora dinamici e attivi, che cedono le loro aziende a fronte di offerte irrinunciabili e si ritrovano improvvisamente con ingenti capitali liquidi da investire. Il numero crescente nel mondo di questa tipologia di clienti, che per storia familiare, competenza e passione guardano soprattutto al mercato corporate, spinge i multi family office ad acquisire e integrare nelle proprie strutture competenze dirette di altissimo livello: top manager dell’industria, della finanza, del real estate, della consulenza in grado di realizzare un approccio diretto ai mercati e quindi di individuare e realizzare in prima persona operazioni altrimenti delegate alle banche di investimento, bypassate come consulenti e partner non più indispensabili e utilizzate solo come strumenti per l’esecuzione di deal pensati, costruiti e diretti dal family office.

Di fatto è una disintermediazione delle banche di investimento. L’evoluzione da family office a quasi “family merchant bank” delle società più innovative e globali, capaci di stare in proprio sui mercati internazionali e coglierne le opportunità, si traduce per le famiglie clienti che partecipano direttamente alle operazioni in un abbattimento delle commissioni che in termini di risultato finale può valere da 6 a 10 punti in più: uno spread di valore che misura la differenza tra essere sui mercati e non esserci.

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