categoria: Distruzione creativa
In Liechtenstein forse la miglior eurolegge sulla blockchain. Ecco perché
L’autore di questo post è l’avvocato Massimo Simbula, Associazione Copernicani, esperto in normativa FinTech –
Nel gennaio 2020 entrerà in vigore in Liechtenstein una nuova legge sui token e sui gestori di servizi relativi a token, da molti anche definita come “Blockchain Act”, ma che io preferirei chiamare con il suo nome originale, ovvero “Legge sui Token”.
Non sappiamo se questa legge possa realmente rivoluzionare il mercato dei token nel piccolo principato incastonato tra Austria e Svizzera e senza alcuno sbocco sul mare, ma di certo è una legge estremamente interessante e dal quale i legislatori europei dovrebbero prendere spunto.
Chi ha letto altri miei contributi, ben sa quanto non veda di buon occhio norme tese a definire la natura di un token e la sua tecnologia sottostante (come fatto in Italia), eppure siamo qui di fronte ad una norma decisamente eccezionale sia per il modo in cui è stata concepita, sia per la sua struttura e molti suoi contenuti.
Non ho dubbi nel definirla la migliore legge su criptomonete e blockchain che c’è in Europa per un motivo fondamentale: non ci dà alcuna precisa definizione di criptomoneta e soprattutto non parla mai di blockchain (al pari di Satoshi Nakamoto nel paper su Bitcoin pubblicato nel 2009).
Certo, non mancano alcune criticità, come quando si affronta il tema dei “validatori fisici” (veri e propri colli di bottiglia in una blockchain) o quando si cerca di definire la localizzazione geografica di un token, o ancora quando si introduce l’inversione dell’onere della prova in capo al terzo in buona fede (come vedremo più avanti), ma nel complesso va certamente lodato il legislatore del piccolo principato di lingua tedesca per averci finalmente liberato da definizioni di blockchain e token vari.
Si tratta, infatti, del primo organico tentativo di normare, in modo neutrale e flessibile, ciò che sta alla base delle operazioni di emissione e trasferimento token, fornendo maggiori garanzie di carattere legale agli operatori del settore.
La genesi e la struttura della norma
Innanzitutto si evidenzia come la norma sia frutto di una proposta di legge composta di circa 172 pagine di cui ben 116 dedicate ad un studio sulla tecnologia blockchain, sulla token economy, sui rischi sottostanti, sui miner, e sulla cosiddetta “tecnologia affidabile” ed è stata oggetto di un processo di analisi e discussione anche pubblica, iniziato nel 2016 e durato oltre 3 anni
La legge è composta da 51 articoli ben strutturati in separate sezioni che affrontano, per comparti le diverse questioni e contengono alcuni passaggi particolarmente interessanti ed altri, invece, che risentono di diverse criticità. Li espongo, qui di seguito, in rapida sintesi.
L’articolo 1 comma 1 della Legge sui Token stabilisce che la stessa si applica a tutti sistemi transattivi basati su tecnologia “affidabile” (letteralmente “Trustworthy Technology”). La Legge non ha, quindi, la presunzione di stabilire quale possa essere una tecnologia affidabile o meno ma, lasciando evidentemente spazio al caso concreto e all’evoluzione tecnologica, rende la norma applicabile ad una moltitudine di tecnologie che possano garantire determinati requisiti di affidabilità, tra cui, evidentemente, le tecnologie basate su registri distribuiti.
L’approccio direi “olistico” alla materia, permea l’intero corpus normativo. Ed infatti i token non vengono definiti in dettaglio ma si dice che sono solo delle “informazioni”, che possono incorporare diritti associativi, di proprietà o reali in genere, oppure obbligazioni.
Di particolare interesse è la definizione di “Payment Token”, da intendersi quale token che serve per adempiere ad obbligazioni contrattuali e che, in tali contesti, sostituisce la valuta legale. In sostanza il legislatore del Liechtenstein equipara i token di pagamento alla moneta avente corso legale, senza però assimilarla alla stessa con un approccio alternativo e non sostitutivo.
Una volta affrontato il tema definitorio più complesso (nei primi articoli si da anche una definizione dei player che operano nell’ambito delle transazioni dei token), si entra nel vivo della Legge, con un framework legislativo che regola nel dettaglio:
A) L’ambito di applicazione territoriale della legge
B) La validità delle transazioni aventi ad oggetto token;
C) L’obbligo di registrazione dei gestori di servizi sui token (creazione, trasferimento, conservazione sui token), nonché le loro caratteristiche legali e tecniche per poter essere registrabili presso la Financial Market Authority (equivalente della nostra CONSOB) e la conseguente attività di monitoraggio e cancellazione.
D) Le norme a tutela dei consumatori e dei possessori di token nell’ambito delle operazioni di collocamento di nuovi token.
L’ambito di applicazione territoriale della legge
Questo è uno dei passaggi più critici della norma. La legge sarebbe, infatti, applicabile non solo a tutte quelle società che hanno sede in Liechtenstein (o alle persone ivi residenti), ma anche a tutte le parti che decidano di richiamarla nei loro contratti . Da questo punto di vista il Liechtenstein sembra quasi offrire a tutti gli operatori in token basati su tecnologia DLT nel mondo, la possibilità di sfruttare un ombrello normativo particolarmente conveniente, non considerando, tuttavia, che la materia andrà inevitabilmente ad interessare le disposizioni degli altri paesi, essendo questo un tema fortemente regolato (la SEC americana ha già più volte dato prova di non curarsi più di tanto della legge richiamata in white paper o connessa alla sede della società che emette o gestisce token).
A ciò si aggiunga il fatto che l’articolo 4 della Legge sui Token stabilisce, in modo alquanto vago, che se la stessa risulta applicabile ai sensi di quanto sopra detto, il token dovrà considerarsi “localizzato” in Liechtenstein, quando è evidente che difficilmente un asset digitale possa essere considerato territorialmente localizzabile al pari di un server o di gestore di servizi relativi a token.
La validità delle transazioni aventi ad oggetto i token.
La legge protegge in maniera rilevante i soggetti che operano transazioni con i token. I terzi che acquistano un token sono quasi sempre protetti e considerati in buona fede.
Esiste, tuttavia, una eccezione concernente i contenziosi legali già iniziati.
In tali casi la legge distingue l’operazione di trasferimento in due fasi: attivazione ed esecuzione.
Se il trasferimento viene attivato dopo l’avvio della azione legale concernente il token oggetto del trasferimento, ed eseguita il giorno di apertura del procedimento, spetta al ricevente dimostrare di essere in buona fede e pertanto dimostrare di non essere a conoscenza del procedimento legale pendente o che comunque non avrebbe potuto conoscerlo anche dopo lo svolgimento di una due diligence.
Nonostante qui vada apprezzato lo sforzo per tutelare il terzo in buona fede, il legislatore, allorquando si pone il problema della tutela del potenziale avente diritto nell’ambito di un procedimento giudiziale già attivato, si complica la vita definendo due fasi del trasferimento token (attivazione ed esecuzione, in maniera forse non chiarissima) e invertendo l’onere della prova, lascia in capo all’acquirente una vera e propria “probatio diabolica”.
Vi è però da dire che si tratta di eccezioni minori e che nella maggior parte dei casi, la tutela riconosciuta al terzo sembra essere, almeno leggendo la norma, particolarmente efficace.
L’obbligo di registrazione dei gestori di servizi sui token
Questo è uno degli aspetti più interessanti della legge ma decisamente critico. Sostanzialmente si concepiscono dei validatori fisici che dovranno immettere un determinato oggetto o bene, tokenizzandolo, nel mondo digitale. Hanno quindi un ruolo fondamentale poiché partecipano alla catena della fiducia pur essendo fuori dalla stessa. Qui, evidentemente, esistono molte criticità connesse al validatore esterno, che snatura in modo radicale la tecnologia blockchain, ma la legge, non ha alcuna presunzione di regolare una DLT e in maniera intelligente parla solo di “tecnologia affidabile”. Rimane solo da capire il senso di questa tecnologia e, soprattutto se abbia senso affidarsi ad una blockchain quando esiste un collo di bottiglia che funge da validatore iniziale.
L’obbligo di registrazione è esteso a tutti coloro (persone fisiche e giuridiche) che decidano di svolgere e gestire servizi connessi ai token (di qualunque natura sia il token). Sono esclusi gli emittenti di token che svolgono la loro attività per conto proprio o terzi e in via non professionale, purché il valore dei token da loro emessi non superi, nell’arco di 12 mesi, un controvalore in CHF pari a 5 milioni. Si rileva come la valutazione per la registrazione sia soggetta a numerosi requisiti tecnici e legali, sicuramente interessanti, ma anche ad un requisito del tutto arbitrario e facoltativo, allorquando ci siano “seri dubbi sulla affidabilità” del gestore (art. 14, comma 1, lett. e) della legge sui Token).
Le norme a tutela dei consumatori e dei possessori di token
La Legge sui Token è molto interessante non solo perché tende a favorire le transazioni in token riconoscendone in larga parte la legalità e la affidabilità se proveniente da soggetti riconosciuti e autorizzati per legge, ma soprattutto istituisce norme a tutela di chi compra e detiene token. Ed infatti l’art. 25 della legge, stabilisce che i token che vengono depositati in un trust nell’interesse del cliente, non potranno essere oggetto di azioni esecutive conseguenti a procedure concorsuali o fallimento del gestore.
Inoltre vengono disciplinati una serie di obblighi informativi per tutti coloro che decidano di effettuare emissione di nuovi token. Si tratta, in sostanza, di quello che in gergo viene definito “white paper” relativo al progetto di emissione del nuovo token e che può essere assimilabile al prospetto informativo nell’ambito delle operazioni di quotazione in borsa.
L’obbligo informativo non è applicabile per le emissioni che interessano non più di 150 utenti, per quelle che non raggiungono un valore superiore a 5 milioni di CHF (in un arco temporale di 12 mesi), quando esiste già un obbligo di pubblicazione secondo disposizioni di altri paesi, applicabile all’emittente (qui notiamo l’approccio conservativo anche in considerazione delle recenti azioni della SEC americana) e, soprattutto, quando tutti gli acquirenti hanno espressamente rinunciato a qualunque informativa specifica prima di procedere all’acquisto dei token. E quest’ultima disposizione pare aprire alle famigerate rinunce che possiamo trovare nelle condizioni generali di vendita dei token magari espressamente indicate con box dedicati all’atto della accettazione on line.
Twitter @MassimoSimbula