Turismo malato di Beach disease? Macché, non c’è strategia economica

scritto da il 23 Ottobre 2019

Pubblichiamo un post di Raffaello Zanini, fondatore del portale Planethotel.net. Laureato in urbanistica, assiste gli investitori del settore turistico alberghiero con studi di fattibilità, consulenza ai progettisti, selezione di opportunità – 

Per scrivere questo post mi sono dovuto leggere tutto il paper “Tourism and local growth in Italy” di Raffaello Bronzini, Emanuele Ciani e Francesco Montaruli pubblicato qualche giorno fa da Banca d’Italia. Prenderò qualche spunto, ma avverto che si tratta di un lavoro accademico, su cui lascerò discettare gli accademici, ma che ha nullo effetto pratico, e qui di seguito dirò perché.

La tesi del paper, che non è assolutamente verificata, semmai viene falsificata dagli autori, è una tesi che ogni tanto circola tra giornalisti ed accademici che invitano a non basare la strategia economica dell’Italia sul turismo perché “Chi vuol basare la politica economica sul #turismo rischia inconsapevolmente di allontanare l’Italia dal treno delle grandi economie sviluppate”.

Perdonatemi il linguaggio francese. Balle.

Che cosa ipotizzano gli studiosi?

Ipotizzano che spingere sul turismo potrebbe provocare quello che hanno definito Beach Disease Effect, e cioè basare un’economia su bassi salari e bassa produttività sottraendo risorse a settori molto più moderni, produttivi, aperti al mercato internazionale, rischia di allontanare l’Italia bla bla bla.

In realtà le conclusioni del paper (che bisogna leggere tutto, ovviamente, almeno fino alle conclusioni) dicono tutt’altro. Il paper dice che se si ottiene una crescita del 10% nella spesa di turisti stranieri, l’effetto maggiore lo si riscontra… “The effect is greater for those starting from low levels of added value per capita and employment rates the relatively smaller provinces in terms of population benefit the most. Since these conditions characterize the South, we find a greater effect in the southern provinces compared with the central and northern ones”.

… quindi nelle zone più povere, con maggiore disoccupazione, e con un Valore Aggiunto pro capite di partenza più basso, come quelle meridionali, gli autori della ricerca sostengono che si ottengono effetti positivi derivanti dalla crescita turistica.

A me non serviva questo studio per ipotizzarlo, ma mi felicito con gli autori per le conclusioni. Metto qui a disposizione alcuni altri dati che a molti sfuggono.

La mancanza di una vera strategia turistica, e le debolezze del settore turistico, lasciato per troppo tempo senza guida sia dal Ministro pro tempore, che da quasi tutte le Regioni, in particolare quelle del Sud, ha come effetto la debolezza complessive dell’economia italiana, ed anzi un impulso al turismo nelle regioni meridionali porterebbe, come scrivono gli autori:
“By bringing foreign currency, tourism inflows allow beneficiary countries to expand imports, in particular of capital goods, and by increasing employment it brings about a raise in residents’income. positive effects in other economic sectors linked to tourism (see, among others,Schubert et al. 2011 and the surveys by Song et al. 2012and Brida et al. 2016)”.

Portare turismo al Sud, avrebbe quindi il vantaggio di innescare un circolo virtuoso fatto di flussi di denaro, che si trasformano in investimenti, con incremento di occupazione, reddito, e sviluppo di altri settori legati al turismo.

Parole sacrosante.

Ma come si ottiene tutto questo?

Da quale punto si parte?

Ci aiuta in questo un altro lavoro della Banca d’Italia firmato da Andrea Petrella, “Il peso del turismo in Italia, le caratteristiche della domanda e la capacità ricettiva” dal quale attingo le seguenti considerazioni.

Innanzitutto si conferma che in tutto il mondo la produttività del settore è bassa. Si tratta di un settore ad alta intensità di manodopera (segnalo però l’eccezione della Spagna). Se questo ha come effetto di attrarre immigrazione poco qualificata (come avviene nel Regno Unito) avrebbe però anche un effetto positivo nelle zone del nostro paese ad alta disoccupazione, come il Meridione d’Italia, riducendo la necessità di emigrare per i giovani di quelle zone.

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Il problema fondamentale del turismo italiano però è che mentre gli hotel del Nord , tra il 2000 e il 2017, hanno aumentato l’occupazione media, quelli del Centro e del Sud l’hanno diminuita. Provocando una ulteriore flessione nella produttività del settore (comunque sia misurata: per valore o per quantità di pernottamenti).

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Se ci limitiamo a considerare i turisti stranieri che arrivano nella penisola, scopriamo che:

Al Nord Ovest arrivano spinti da motivi i più vari (business e motivi personali)

Al Nord Est sono più forti la motivazione “vacanza culturale” e “vacanza di mare”

Al Centro, come prevedibile è fondamentale la “vacanza culturale”

Al Sud è quasi tutto “vacanza di mare” e “vacanza culturale” (concentrata nei pochi mesi estivi)

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La tavola successiva sintetizza la debolezza del settore, anche in raffronto alla media dei paesi EU.

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In Italia oltre il 75% del Valore Aggiunto viene prodotto da micro e piccole imprese (32% fino a 10 addetti, e 41% da 10 a 49 addetti). Immagino molte comprese nella fascia da 10 a 15 a causa delle leggi sul lavoro a tutti note.

Conclusioni

1. La conclusione evidente è che se queste sono le condizioni del nostro turismo non esiste una strategia economica per l’Italia basata sul turismo, magari ci fosse. Ipotizzare che l’economia italiana non va bene perché ci sono troppi studenti all’alberghiero e pochi a informatica è una sciocchezza: si possono aumentare gli iscritti ad alberghiero e a informatica e l’economia ne trarrebbe vantaggio.

2. Avremmo bisogno di investimenti e strategia turistica per il Sud al fine di modificare questa situazione fatta di stagioni corte, prezzi calanti, lavoro intermittente e precario. Ne ho già scritto qui su Econopoly.

3. Bisogna che tutto il Sistema (governo, regioni, sindaci, tasse, urbanistica, diritto del lavoro) spinga verso un aumento delle dimensioni delle strutture turistiche ricettive (hotel, gruppi di hotel, catene, centri di prenotazione…)

È mia ferma convinzione che alcune aree dell’Italia potrebbero e dovrebbero essere destinazione turistica e contemporaneamente destinazione attrattiva per attività nei settori più qualificati, come ad esempio Brighton in Inghilterra.

Sono convinto che attività di ricerca, attività di impresa innovativa, e attività turistica possano andare d’accordo ed essere il fulcro dello sviluppo del nostro Sud.

Servono visione, progetto, investimenti, costanza.

Invece vedo solo #valigie.

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