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Inter, Milan e il nuovo stadio: sarà una scelta vincente restare insieme?
Si è svolta il 26 settembre al Politecnico di Milano la presentazione relativa al nuovo stadio a Milano: si tratta, come noto, di un’iniziativa congiunta dei due club milanesi, entrambi reduci da profonde riorganizzazioni societarie e finanziarie eppure pronti a questa nuova sfida.
Paolo Scaroni e Alessandro Antonello, rispettivamente Presidente del Milan ed Amministratore Delegato dell’Inter, hanno illustrato l’iniziativa: un budget complessivo di 1,2 miliardi, circa 60 mila spettatori di capienza, una riqualificazione dell’intera area per farne un polo vivibile “365 giorni all’anno” e non solo i giorni delle gare; quindi non solo (e non tanto) un nuovo stadio per Milano, ma anche nuovi spazi verdi, aree commerciali, sportive e di entertainment.
I due progetti rimasti in gara, “Gli Anelli di Milano” di Manica-Sportium e “La Cattedrale” di Populous, sono stati presentati dai progettisti con l’ausilio di accattivanti video: in entrambi i progetti la vecchia struttura, che verrà demolita, viene omaggiata con un (doveroso) tributo: in un caso con un museo del vecchio San Siro, nell’altro lasciando il vecchio campo storico alla fruibilità come area verde e sportiva.
Cosa possiamo dire di questa iniziativa? Ci sono parecchie argomentazioni che si intrecciano.
Dobbiamo ricordare che la tendenza, anche nel calcio italiano, ha recentemente imboccato con decisione la strada degli impianti di proprietà: ha aperto la strada la Juventus, nel 2011, e altre Società hanno seguito (Udinese, Sassuolo, Cagliari, Atalanta, Torino); anche la Roma ha avuto l’ok dal Comune, anche se non sono ancora state precisate le tempistiche.
Il senso di questa scelta, che è la norma nel campionato inglese, ha varie motivazioni: lo stadio di proprietà consente di norma l’incremento dei cosiddetti “ricavi da Match Day”, anche – va detto – incrementando i prezzi di biglietti ed abbonamenti grazie al fatto di rendere l’esperienza stadio non più limitata alle sole due ore di partita, ma aperta ad altro: visite allo stadio, musei, shopping, nonché attività collaterali (come il J Village recentemente inaugurato dalla Juventus intorno allo Stadium), il tutto con l’obiettivo di fare anche di questo una linea di ricavi strutturali da aumentare nel tempo.
Ci sono poi altri aspetti, più di carattere motivazionale: avere la propria “casa” è sicuramente, a parità di altre condizioni, un elemento distintivo per ogni Club: lo stadio può diventare un “fattore” agonistico rilevante; ed inoltre, non va trascurato l’aspetto sicurezza: strutture ospitali, moderne, con circuiti di sorveglianza adeguati e personale dedicato sono certamente di aiuto per prevenire casi di violenza o di razzismo od intervenire successivamente per individuare i responsabili (anche qui, la Premier League insegna).
Ma allora perché due gloriosi Club come Inter e Milan hanno imboccato una strada opposta, provocando i mugugni di molti tifosi? Perché continuare a condividere la stessa struttura e rinunciare a queste prerogative ed alle conseguenti ricadute? Perché non fare ognuno il proprio stadio, massimizzando i propri ricavi ed enfatizzando il fattore agonistico?
Non conosciamo nello specifico le considerazioni svolte dai due Club, ma per certo sappiamo che fra la ristrutturazione di San Siro e la costruzione di un nuovo stadio è prevalsa questa seconda opzione, sulla base del raffronto fra i tempi ed i costi delle due ipotesi.
Ma sul perché in ogni caso i due Club abbiano scelto di continuare a condividere la stessa struttura le motivazioni sono meno evidenti: sappiamo che ad esempio il Milan aveva avviato un concreto progetto per uno stadio proprio (alla vecchia Fiera) poi tramontato – pare – per il parere contrario di Fininvest (allora proprietario); è vero che il Club ha cambiato (due volte) proprietà, ma si tratta di una rilevante inversione di rotta.
L’Inter invece non aveva mai fatto trasparire l’ipotesi di un impianto proprio, mentre il sindaco di Milano per lungo tempo ha lamentato l’incertezza sulle reali intenzioni dei due Club, incertezza che ha ritardato l’avvio del progetto che ora invece vede la luce.
Il dado quindi è tratto e certamente la scelta di condivisione potrebbe avere a che fare con la taglia dell’investimento: si parla di 1,2 miliardi nel complesso, di cui il 50% è attribuibile all’impianto in sé; un importo rilevante, se si paragona ai 131 milioni di euro a cui è in carico lo Juventus Stadium, oggi Allianz Stadium, nel bilancio Juventus, e più vicino al miliardo di sterline che è costato il New Tottenham Stadium, recentemente inaugurato a Londra. Può quindi darsi che Inter e Milano abbiano puntato su una struttura di grandi ambizioni e di grande impatto, scegliendo però di condividerla, lavorando su caratteristiche costruttive che potessero consentire elementi distintivi a seconda di quale squadra giochi.
Non si poteva, a parità di investimento singolo (sui 300 milioni, cioè all’incirca il costo dell’Allianz Arena di Monaco), costruire due stadi, due case per le due grandi squadre milanesi? E’ una domanda legittima, su cui molti tifosi si arrovellano e a cui è effettivamente complicato dare una risposta, che forse risiede nel fatto che, effettivamente, quello su San Siro appare come un progetto peculiare e grandioso, con un vissuto che va oltre le bandiere dei singoli Club e che realizzerà un progetto di riqualificazione complessiva e di grande standing.
E sul profilo dei ricavi cosa possiamo affermare? Certamente il botteghino non dovrebbe risentirne, poiché ovviamente i due Club potranno disputare il medesimo numero di partite teoriche nello “stadio condiviso”, anche se è molto probabile che la attrattività su eventi collaterali possano essere depotenziate dalla condivisione degli spazi.
In fondo, i due Club non hanno una “casa” propria da 70 anni e ha prevalso ancora la volontà di continuare un percorso di condivisione, a scapito di una minore caratterizzazione di questo aspetto. Certo, c’è il vantaggio di poter condividere oneri e rischi, ma a fronte di un investimento così rilevante, il modello di ricavi reggerà? E magari potrà essere esportabile anche ad altre realtà “stracittadine”?
Lo scopriremo nei prossimi anni: Inter e Milan hanno avviato qui una consultazione aperta e c’è tutta l’intenzione di avere il nuovo stadio, e tutto quanto vi sta intorno, prima delle Olimpiadi Invernali collocate all’inizio del 2026: ambizioso, ma possibile. E nel recente passato Milano non ha certo deluso, in quanto ad ambizioni rese realtà.
Twitter @dorinileonardo