Le cinque ragioni che frenano gli investimenti stranieri nel turismo

scritto da il 21 Agosto 2019

Pubblichiamo un post di Raffaello Zanini, fondatore del portale Planethotel.net. Laureato in urbanistica, assiste gli investitori del settore turistico alberghiero con studi di fattibilità, consulenza ai progettisti, selezione di opportunità – 

Come previsto ad inizio d’anno, il 2019 non sarà un anno da ricordare per il turismo: molte le cause che hanno remato contro, in primis il tempo meteorologico, poi la Brexit, poi il rallentamento della Germania e del resto d’Europa, poi l’incertezza economica in Italia, e – ultimo ma non ultimo – la ripresa delle destinazioni mare nel Mediterraneo. Salvo il meteo, tutto il resto era abbondantemente prevedibile, e a fine d’anno invece di un più avremo un piccolo meno nelle statistiche nazionali (a proposito, quali?).

Ora mettiamoci nei panni di un investitore con una buona capacità di investimento, come ve ne sono molti nel mondo, e che cerchi di acquistare qualche hotel in un’ottica di medio lungo periodo.

Da un lato il nostro investitore considera l’opportunità Italia perché è un “top in mind” del turismo mondiale (tutti, ci dicono le statistiche, ci vorrebbero venire), e contemporaneamente presenta dei prezzi di acquisto degli hotel molto competitivi, dall’altro lato però viene frenato da una serie di aspetti che chiunque dei suoi consulenti gli presenta come “problemi”.

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Proviamo a vedere quali gli sembrano più urgenti e limitanti la sua scelta, e capire alla fine come si orienta.

1. Il primo passo è scegliere dove investire e su quale tipo di prodotto, infatti gli è subito chiaro che in Italia vi sono zone turistiche sovraffollate e zone invece poco frequentate. Nelle zone ad alta attività turistica i prezzi degli hotel in vendita sono un po’ meno vantaggiosi, e soprattutto si rischia di investire in qualcosa che richiederà un tempo molto lungo per l’ammortamento anche a causa dell’overtourism (quali esempi si pensi a Venezia, Firenze, Roma). D’altro canto si tratta di un investimento sicuro.

Nelle zone molto stagionali (come la Sardegna) ci sono posti incantevoli, unici al mondo, bellissimi da visitare come turista, ma proprio perché poco frequentati, le attività a complemento del turismo sono intermittenti, e questo porta una certa insoddisfazione del turista che non diventa “ripetitivo”.

2. Legato a questo il nostro investitore considera l’overtourism, favorito da una regolamentazione ancora poco efficace del fenomeno del BnB (nonostante le recenti mosse del governo Conte e del ministro Centinaio). In Italia l’attività edilizia degli ultimi decenni è stata molto forte, mentre la popolazione ha iniziato a diminuire, così molte case sfitte vengono convertite in BnB un po’ ovunque, oggettivamente anche dove non servirebbero. Però, nei centri storici di alcune città (come, Firenze, Roma, Milano, Napoli, ad esempio) interi palazzi vengono convertiti in BnB: fino a quando la questione degli affitti brevi non verrà regolata in modo stabile e definitivo, chi investe in hotel rischia di non poter ottenere i profitti previsti dal piano di investimento, perché un’attività poco normata che sfugge facilmente al fisco può fare una concorrenza sleale ad una attività molto controllata come quella alberghiera, e riduce sensibilmente il GOP di fine anno, a causa della impossibilità di applicare alti prezzi in alta stagione. I turisti che pagano hotel di lusso nella località sovraffollata rischiano di vivere un’esperienza frustrante, in relazione al costo affrontato.

3. Una terza valutazione riguarda le norme urbanistiche ed edilizie, che regolano la costruzione e ristrutturazione degli hotel. È noto che a partire dal momento in cui acquista al momento in cui ristruttura, l’investitore è nelle mani di un tecnico che dialoga con l’amministrazione comunale. Ogni passaggio può essere defatigante e imporre stop anche molto lunghi al processo di acquisto-progettazione-ristrutturazione. Normalmente uno straniero che fa un investimento importante (fondo, società…) non vuole fare nulla di sconveniente, o illegittimo, e questo porta a limitare le opportunità di intervento dei pochi sviluppatori stranieri interessati all’Italia.

Mi è capitato di dover sospendere la trattativa per l’acquisto di 11.000 mq in pieno centro a Roma dopo un anno e mezzo dalla prima offerta vincolante, perché i tecnici non riuscivano a saltarci fuori con le “carte” (per riservatezza non posso entrare nei dettagli). Si è trattato di un danno per il venditore, per Roma, e per me.

4. Un altro tema riguarda il sud, dove sono pochissimi a voler investire, nonostante le molte facilitazioni disponibili: qui il peso della burocrazia viene moltiplicato rispetto al nord e a questo si aggiunge la presenza endemica di forme di malavita organizzata, che influenza in modo palese anche il comportamento dei lavoratori e dei fornitori. A tutto questo si aggiunga la questione infrastrutturale, che al sud è molto più grave che al nord. Così di fatto al sud investono imprenditori meridionali che sanno destreggiarsi tra amministrazioni pubbliche, lavoratori sindacalizzati e “abitudini” locali.

5. Infine, sia in Sicilia che in Trentino, sia in Veneto che in Puglia, è molto forte il problema del personale, che a sua volta risente della stagionalità del lavoro nel turismo, la precarietà, le condizioni di lavoro e di vita. Lavorare nel turismo in molte zone d’Italia non è una professione ma un ripiego, per personale, soprattutto femminile, che non trova altra occupazione, con scarsa conoscenza delle lingue e delle regole di accoglienza. Per avere personale qualificato si dovrebbe importarlo da altre zone d’Italia con costi crescenti motivati solo da attività molto redditizie.

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La conclusione di tutto questo è molto semplice.

Gli investitori stranieri attivi in tutto il mondo, considerano l’Italia sia un buon mercato dove acquistare hotel, soprattutto in città, e soprattutto attivi, e di lusso.

Non investono in hotel 3 stelle perché spesso piccoli e perché in concorrenza diretta con gli AirBnB.

Non prendono in considerazione operazioni di sviluppo che richiedono anni per essere avviate (lasciano che il rischio della burocrazia se lo prendano gli italiani, che hanno sempre meno voglia di fare).

Non prendono in considerazione zone bellissime ma troppo stagionali perché non sono attrattive per lunghi periodi dell’anno, ritardando di molto il momento in cui l’investimento si sarà ripagato.

Lasciano perdere le zone del sud dove gli usi e costumi sono ben diversi da quelli che una società di investimento straniera o un fondo conoscono.

Per questo motivo le strutture richieste sono limitate alle poche zone veramente ambite e il resto del paese lo si lascia agli italiani.

Post Scriptum:
Una conseguenza poco valutata della limitatezza di investimenti nel turismo in Italia, è che anche in questo settore si fa poca ricerca e poca innovazione. Questo si riflette sui (pochi) nuovi posti di lavoro, sulla limitata produttività e sul futuro incerto.

Post Post Scriptum:
Se osate chiedermi allora che cosa faccio io… ve lo racconto molto presto

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