Lo scandalo delle toghe ridà voce ai tifosi dello Stato minimo

scritto da il 07 Luglio 2019

L’autore di questo post è Corrado Griffa, manager bancario ed industriale (CFO, CEO), consulente aziendale in Italia e all’estero –

Quando arrivano, anche gli scandali possono essere benvenuti. Quanto è emerso dallo scandalo delle toghe porta alla ribalta un tema: se una istituzione in cui i cittadini “devono” credere – perché se si perde fiducia nella giustizia allora si torna all’ “homo homini lupus” – è allo sbando, lacerata da un sistema malatissimo… allora è giunto il momento di discutere l’intero ruolo dello stato.

La domanda essenziale è quindi: lo stesso deve essere minimo? È possibile ed auspicabile restituire alla mano privata quanto più possibile possa essere gestito in modo efficiente efficace e competitivo?

Il quadro in cui inserire il tema ci sembra contrassegnato da due elementi portanti:

– il primo è che l’Italia, come gli altri paesi dell’Europa occidentale, è uno stato sociale, per cui alcune funzioni essenziali sono oggi garantite e fornite dallo stato: istruzione, sanità ed assistenza, difesa, giustizia; ad esse si è aggiunta la previdenza sociale e pensionistica (per una lettura critica su questo argomento, segnaliamo il nostro articolo “Belpaese e pensioni: l’incrocio pericoloso è fra demografia, istruzione e coperture”, apparso su Econopoly, a cui rinviamo per approfondimenti); l’evoluzione, e quindi l’allargamento delle azioni dello stato, è stata costante ed accelerata nel secondo dopoguerra anche a seguito di quanto indicato e previsto nella Costituzione repubblicana, di stampo programmatorio e sociale;

– il secondo è che non esistono i soldi dello stato, ma solo i soldi dei contribuenti (come mirabilmente sintetizzato da un primo ministro, ovviamente straniero, decenni or sono), per cui ogni qualvolta lo stato decide di spendere, od investire, utilizza soldi che gli arrivano direttamente dalle tasche dei contribuenti sotto forma di imposte e tasse, o indirettamente attraverso la sottoscrizione di titoli di stato da parte dei suoi cittadini (unitamente ad istituzioni, come banche e fondi di investimento, italiani e stranieri).

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Navigando fra Scilla (stato sociale) e Cariddi (soldi dei contribuenti) il governo, quindi la mano pubblica, dovrebbe tenere una rotta coerente e costante: a nostro avviso, fornire servizi solo a fronte di disponibilità certe, perseguendo efficacia ed efficienza degli interventi; ed ancora più importante ci sembra necessario che sia assicurata la trasparenza degli obiettivi, delle azioni, dei comportamenti, dei risultati. Obiettivi, azioni, comportamenti, risultati. L’evidenza e la realtà (costantemente negata da chi la dovrebbe invece ben conoscere) vanno in direzione opposta; i governi, centrale e locale, e tutti i governi passati e presente, fanno dell’opacità la cifra dei loro interventi; e come cittadini dobbiamo reagire ed agire per rompere questo cordone di omertà, connivenza, troppo spesso malaffare.

Ci preme sfatare un mito: che nella sua azione di stato sociale lo stato debba necessariamente gestire le funzioni definite o definibili come “stato sociale”; un conto è assicurare (con i fondi raccolti dai contribuenti tramite imposte e tasse) la disponibilità di un servizio ed un altro conto è gestire quel servizio. Per essere chiari valga questo esempio: se l’assistenza sanitaria è gratuita ed universale in Italia, non c’è scritto nella pietra che la gestione, quindi l’erogazione effettiva, debba essere sempre fornita dalla mano pubblica; deve intervenire un processo di comparazione e valutazione della efficienza della erogazione del servizio (quindi, il minor costo) con l’efficacia della erogazione stessa; crediamo che in molti casi questa valutazione porti ad una semplice conclusione: la mano privata è più efficiente (per miglior allocazione delle risorse scarse, per miglior competenza degli operatori legata all’effetto “competizione e selezione”, per una più attenta gestione delle risorse economiche) di quella pubblica.

Noi auspichiamo uno “stato minimo” che assicuri poche ed essenziali funzioni sociali: istruzione, sanità ed assistenza, difesa, giustizia; a queste funzioni aggiungiamo la gestione di poche infrastrutture già esistenti: le strade nazionali e locali (diverse dalle autostrade soggette a pedaggio ed ad un processo di concessione); le linee ferroviarie, per tali intendendosi “i binari”, lasciando alla concorrenza la gestione delle linee ad alta velocità (che auspichiamo possano crescere in chilometraggio, e rapidamente). Le altre infrastrutture, comprese la gestione dell’acqua (la cui proprietà, come noto ma spesso dimenticato, è pubblica, checché ne concionino i “soliti” protestanti), vanno lasciate allo sviluppo della mano privata in regime di concorrenza (porti, aeroporti, linee telefoniche, …).

Per la previdenza, riteniamo che il sistema attuale debba essere profondamente ristrutturato, prevedendo un affiancamento della previdenza integrativa privata che possa godere del c.d. regime “EET” (esenzione nella fase dei versamenti: c.d. accumulazione, esenzione sui frutti degli investimenti nel corso della fase di accumulazione, tassazione nella fase di erogazione della rendita pensionistica; vedi, sul tema, L’Araba Fenice, ovvero le pensioni degli italiani, seppure “datato” novembre 2014).

Noi vorremmo uno stato altamente efficiente, efficace, trasparente e lontano da mere logiche di spartizione del potere, come l’esempio della giustizia fatto in premessa purtroppo conferma amplificando il problema: sono necessari degli interventi chirurgici immediati e profondi. Ma questo è tema ultroneo a questo modesto scritto.

Auspichiamo uno stato che si dedichi alla regolamentazione ed al controllo, attraverso quel sistema di controlli pubblici oggi assicurati dalle tante (troppe?) authority esistenti; infatti, come può uno stato essere al tempo soggetto regolatore e soggetto regolato?

Sappiamo che questo disegno è oggi ancora irrealistico, ma si deve sempre puntare in alto per arrivare almeno al passo successivo.

Per chi fosse interessato al tema della presenza dello stato nell’economia, segnaliamo un nostro recente articolo apparso su Econopoly: “Neo-liberismo: chi l’ha visto?”.

Twitter @CorradoGriffa