categoria: Distruzione creativa
Basta un po’ di intelligenza artificiale per capire che il fintech crea fatturato
Siamo di fronte ad una Industry 4.0 anche nella finanza. Il fenomeno rivoluzionario chiamato “digital transformation” abbraccia diverse dimensioni, basato su presupposti socio-antropologici, e viene spinto dalla presenza di forti incentivi economici. Infatti, anche in economia, nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma. Intelligenza artificiale e fintech rappresentano oggi le chiavi dello sviluppo per la nostra economia prima e più in generale per il nostro sistema socio-economico. Un modo evoluto di fare business in altre parole.
Pensiamo ai fattori alla base della grande evoluzione che ha caratterizzato gli esseri umani. Primo elemento fra tutti: l’intelligenza, caratteristica che ci distingue dal resto degli esseri animali.
L’intelligenza ci ha consentito di creare un linguaggio per comunicare così come poter effettuare scoperte ed invenzioni che hanno migliorato la nostra esistenza. Tutto questo, unito all’evoluzione partita dai primordiali sistemi di baratto fino alla finanza internazionale, ha permesso di raggiungere opportunità di crescita e sviluppo a livello globale.
Il forte aspetto sociologico ed antropologico rimane alla base del processo evolutivo perché l’uomo è proteso verso la crescita della produttività. Pensiamo all’evoluzione dell’utilizzo dei cavalli, prima se ne parlava intendendoli come animali da traino, oggi – invece – con quel nome ci riferiamo ai cavalli motore (anche se qualcuno potrebbe prima pensare a quelli “fiscali”).
Le innovazioni trovano terreno fertile se il sistema economico è in grado di poter fare da volano. Come? Con la “leva” finanziaria, intendiamo risparmio, investimenti e moneta.
Nel dibattito politico del nostro Paese la “finanza” troppo spesso è demonizzata. Non si comprende che il punto della questione non riguarda i mezzi (la finanza, fondi di investimenti, ecc.) ma i fini (truffatori ossia delinquenti travestiti da operatori finanziari). La diffidenza e la scarsa alfabetizzazione finanziaria di questo Paese ostacolano il meccanismo di amplificazione dell’evoluzione tecnologica che vede nella finanza un motore di propagazione.
Ecco perché non può sfuggire l’evoluzione in corso ed i suoi due fattori: l’intelligenza artificiale da una parte e il fintech dall’altra. Due elementi che possono proiettarci in quella trasformazione digitale, sviluppandosi in maniera più rapida rispetto alla trasformazione “analogica” avvenuta nel corso dei secoli scorsi.
Applicazioni di business
Nell’ambito delle applicazioni di business, almeno in un orizzonte di breve termine, ricoprono un ruolo fondamentale il “machine learning” ed il “deep learning” (si vedano la figure di seguito).
Il machine learning ha l’obiettivo di studiare la soluzione per dare ai computer la possibilità di apprendere senza essere programmati esplicitamente. In altri termini: fare previsioni sulla base dei dati (solitamente “big data”). Si tratta di una serie di metodi statistici in forma di algoritmi che sfruttano la potenza computazionale degli elaboratori per migliorarne (in maniera esponenziale) l’output richiesto.
Tali applicazioni sono realizzate per creare nuovi servizi, migliorando l’efficienza della catena produttiva (supply chain) meglio se verso un’economia circolare; insomma creano fatturato.
L’incrocio di questi campi di ricerca con il mondo fintech può davvero rappresentare una discontinuità che possiamo definire “disruptive”.
In realtà, il machine learning è già ampiamente utilizzato su base giornaliera. Pensiamo all’algoritmo di ottimizzazione delle “notizie” che viene personalizzato per ogni utente; o ancora alla suite di Google, dalla classificazione delle email ricevute alla gestione delle foto.
Naturalmente a fronte di interessanti opportunità date dallo sfruttamento dell’intelligenza artificiale, sussistono diversi rischi non trascurabili. L’affidarsi ciecamente a queste tecniche può comportare enormi perdite, ricordiamo la più eclatante che ha riguardato il tragico incidente del Boeing precipitato il 10 marzo scorso. I rischi possono essere anche meno eclatanti ma pur sempre di pesante impatto, almeno in aggregato. Riguardano la difficoltà per alcune categorie di persone (anziani o disabili) di accesso alle app su smartphone, oggi dato per scontato. Oppure, il rischio che giovani senza un’adeguata preparazione finanziaria (educazione ed alfabetizzazione finanziaria) non percepiscano il giusto valore della moneta.
Per questo, le azioni di policy dovrebbero piuttosto che proibirne l’accesso (classica reazione del legislatore) cavalcare l’onda e sfruttare le nuove tecnologie per favorire una maggiore diffusione della cultura finanziaria e del rischio.
Ma torniamo alle opportunità, avendo ben chiari gli aspetti critici prima richiamati.
Business case
A parte i “big” della digital economy, ci sono due business case interessanti da citare.
Uno degli utilizzi, a mio parere, più divertenti del machine learning è quella dell’applicazione nel risk management. In particolare, nel rischio di credito. Punto centrale – e spesso dolente – del funzionamento del nostro sistema bancario a supporto delle imprese. Anche in questo momento storico, l’approccio delle banche risulta spesso ancorato a metodologie antiquate. Tralasciando gli aspetti tecnici, andiamo al cuore del problema, centrale quando si fa business, superare l’asimmetria informativa.
Un primo caso viene da una start-up turco-cinese, chiamata Colendi, basata a Zug (Svizzera) che intende disintermediare totalmente il sistema bancario, promuovendo una piattaforma di micro-credito peer-to-peer che utilizza algoritmi di machine learning per generare un credit-score individuale e sempre aggiornato. La app incrocia i big-data generati dal proprio smartphone, dagli account social media e da un ulteriore migliaio di “spie”. Interessante applicazione, tuttavia presenta un forte rischio cybersecurity connesso agli aspetti di privacy personale.
L’obiettivo di una startup italiana, chiamata Pythagor, neonata nel mondo fintech, è quello di ottenere un “win-win”, anche a supporto del sistema bancario nell’ambito degli affidamenti per attività commerciali, utile per contrastare le recenti dinamiche di “credit-crunch”.
L’algoritmo di intelligenza artificiale permette di analizzare in tempo reale tutti i dati relativi alle altre attività commerciali (simili a quella di chi richiede il finanziamento) della zona (competitors) e ai potenziali clienti, dunque analizzando comportamenti dei prospects dell’azienda in quella specifica zona della città in cui l’attività verrà ubicata. Questo sistema permette di avere una previsione dei possibili flussi di cassa che il business potrà generare. Le informazioni fondamentali sono reperibili mediante open data, big data e social data e risultano pertanto meno invasive sotto il profilo della privacy.
Tale strumento, inoltre, in ottica di gestione del rischio, potrebbe avere un positivo impatto anche per il monitoraggio dei crediti bancari in termini di minori esposizioni deteriorate, inadempienze (UTP) e sofferenze (NPL).
La rivoluzione digitale è già in corso, si tratta di scegliere se subirne i rischi o coglierne le opportunità.
Twitter: @pasqualemerella
Credits:
Cover photo: by Carlos Muza on Unsplash
Vignetta di Griwot (Twitter: @Griwot)
Infografica di The Smart Institute (Twitter: @smart_inst)