Balletto TAV: come sempre, imprese alla mercé dello Stato

scritto da il 11 Marzo 2019

Il balletto TAV continua. Eppure, altro non è che l’amplificazione di un modus operandi che colpisce ogni giorno migliaia di imprese.

Giuseppe Conte ha inviato una lettera alla società TELT Sas. Un testo che rappresenta l’emblema di un atteggiamento padronale. Atteggiamento che il nostro Stato, ed in genere la pubblica amministrazione, sfoggia nei confronti delle imprese.

Il presidente del Consiglio richiama il famigerato “contratto di governo”, come legittimazione politica del suo operato. Come se un documento preparato in segreto dopo le elezioni dovesse avere più importanza di quattro accordi internazionali. (e di una miriade di atti legislativi e regolamentari approvati dagli organi competenti della nostra Repubblica)

Ma al di là di questo, stupisce la disinvoltura con cui si cerca di mandare avanti l’operato di TELT, senza produrre «vincoli giuridici di ogni sorta» a carico dello Stato Italiano. Nonché «la piena reversibilità di qualunque attività giuridica o scelta operativa posta in essere». E stupisce ancor di più la sintesi precedente, core della missiva: «Al momento appare necessario, da un lato, evitare di assumere impegni di spesa gravanti sull’erario italiano e, dall’altro, adoperarsi per non pregiudicare gli stanziamenti finanziari posti a disposizione dall’Unione europea».

La risposta di TELT  non si è fatta attendere. Contiene all’interno un passaggio significativo, relativo al rischio di perdere i finanziamenti europei: «Tale perdita di finanziamento pubblico rischia inoltre di chiamare in causa la nostra responsabilità civile e amministrativa, quale conseguenza dell’inerzia decisionale su una materia di nostra competenza».

I politici fingono lotte di principio per meri scopi elettorali. Ma c’è un mondo là fuori che ogni giorno vive in un’incertezza normativa e regolatoria. Un’incertezza che rappresenta un costo enorme, in termini di efficienza e di produttività.

Ci eravamo occupati di questo modus operandi anche sul caso ILVA, dove -per fortuna- prevalse il buon senso nel Governo. Buon senso che sembra mancare in questa situazione. L’unico obiettivo appare quello di rinviare il tutto al dopo-elezioni, a qualunque costo.

Ho letto svariati commenti soddisfatti e ammirati nei confronti di questa cosiddetta “clausola di dissolvenza”. Una clausola che dovrebbe essere contenuta negli avis de marchés pubblicati da TELT e che consentirebbe la caducazione delle procedure senza oneri, in caso di ripensamenti politici sull’opera. Un’irresponsabilità lacerante, che continuerà a creare vuoti di credibilità.

La lettera di Conte ricorda i toni dei contratti che le pubbliche amministrazioni impongono alle imprese italiane. Senza possibilità di negoziazione. Contratti basati su capitolati di gara del tutto sbilanciati in favore della committente PA. Una committente che può fare il bello e il cattivo tempo in tutti i rapporti. Può imporre cauzioni, ipotesi libere di recesso e risoluzione, termini di pagamento lunghissimi, vincolare offerte economiche delle imprese per mesi.

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La linea alta velocità Torino-Lione è un grande caso mediatico, da anni. Ma esiste un sottobosco quotidiano in cui lo Stato vuole imporre la forza della legge in maniera vessatoria nei confronti delle imprese, polmone di un’economia di mercato. Se la nazione si divide su un’opera diventata argomento più ideologico che sostanziale, chi si cura delle aziende nel quotidiano? Aziende che per partecipare ad un bando pubblico devono programmare gli investimenti quantomeno dall’anno precedente. Devono ottenere certificazioni ed autorizzazioni di qualsiasi tipo, assumere personale in via preventiva, per poi rischiare sempre e comunque che lo Stato -o altro ente pubblico- cambi idea e pretenda di non risarcire debitamente gli altrui costi.

Come reagire alla sudditanza? Le imprese (piccole, medie o grandi non importa), piuttosto che chiedere sussidi e protezioni pubbliche, dovrebbero pretendere a gran voce il rispetto dello Stato di diritto. Così come la possibilità di poter fare affidamento sulla buona fede nei rapporti con il settore pubblico. Si tratta di capisaldi che dovrebbero prescindere dal valore dell’opera o della fornitura.

La posta in palio è altissima. Se lo Stato (in senso lato) pretende di poter comportarsi indipendentemente da accordi sottoscritti o finanche atti legislativi, continuerà a vessare le imprese italiane. E finirà per contribuire alla voglia di emigrazione o chiusura delle stesse ed allo scoraggiamento degli investitori esteri potenzialmente attratti dall’Italia.

Si parla tanto di “Stato amico“, ma spesso viene spontaneo chiedersi “di chi”.

Twitter @frabruno88