categoria: Draghi e gnomi
Bce tra due fuochi, alle prese con una complicata exit strategy
Come ogni decisione presa negli ultimi anni, anche quella prossima – se avviare o meno un nuovo programma di operazioni di rifinanziamento a lungo termine LTRO – è probabile che rappresenti per la Banca Centrale Europea l’ennesima fonte di critiche. Nel caso in cui venga varato questo nuovo programma, ormai giunto alla quarta versione, ci saranno critiche da parte chi ritiene che l’attivismo della banca centrale sia eccessivo e destinato a distorcere il funzionamento del mercato. Viceversa, nel caso in cui la BCE rinunci o posticipi la decisione, ci saranno critiche da parte di chi ritiene ancora la politica monetaria ancora troppo schiava del rigore dei Paesi del nord Europa, e che la dinamica della crescita in eurozona necessiti ancora di un deciso stimolo monetario.
Il mestiere del banchiere centrale non è più quel lavoro noioso che secondo l’ex Governatore della Banca d’Inghilterra M. A. King doveva essere. In più, nell’eurozona, il banchiere centrale si è trovato a svolgere un ruolo di supplenza, reso necessario per far fronte alle distorsioni e mancanze che il sistema finanziario presenta (assenza di un’assicurazione unica sui depositi, di un safe assets sovranazionale e di un budget comunitario sufficientemente ampio, solo per evidenziarne alcune) e che la politica sembra incapace di risolvere.
È stato l’attivismo della BCE che ha permesso alla zona euro di superare intatta la prima grande crisi della sua breve storia. Però, in continuità con la decisione di terminare il programma di acquisti di titoli pubblici, può essere arrivato il momento di tirare i remi in barca e ridurre gli interventi. Sono già stati iniettati nella zona euro circa 2600 miliardi di euro e la liquidità è ormai in eccesso in ogni sistema nazionale.
Allora perché un nuovo (T)LTRO?
Per provare a dare una spiegazione ci si deve basare sugli effetti che queste operazioni hanno avuto. Esse sono prestiti alle banche a tasso fisso (quello delle operazioni principali MRO) con una scadenza pluriennale (3 anni nella prima operazione, 4 nella seconda e terza). Nelle ultime due operazioni, quelle del 2014 e del 2016, le istituzioni finanziarie destinatarie potevano ottenere un tasso ulteriormente più basso, quello di deposit facility pari a -0,4%, una volta che avessero incrementato di un certo livello il volume dei prestiti offerti alla clientela. Per tale ragione furono chiamate operazioni mirate, Targeted LTRO appunto, perché tendevano ad incentivare determinate tipologie di prestiti.
Gli effetti principali che però hanno prodotto sono legati alla riduzione del costo del funding bancario più costoso, quale quello a scadenza pluriennale. In più, le banche dell’eurozona hanno potuto utilizzare i prestiti TLTRO per raggiungere i requisiti di liquidità fissati da Basilea 3, non obbligatori ma comunque strettamente osservati dalla Bce. Il requisito Net Stable Funding Ratio (NSFR), definito dal rapporto tra passività e attività con scadenza superiore ad un anno, se superiore al 100% è indicatore del buon bilanciamento tra attivo e passivo a lungo termine.
Il mancato avvio di un nuovo round di operazioni a lungo termine potrebbe ridurre sensibilmente questi effetti sia nell’immediato che a medio termine.
Nell’immediato, a partire dal 24 giugno 2019, una parte sempre più ampia di questi prestiti avranno scadenza inferiore ad un anno e non potranno esser più considerati al 100% nel requisito NSFR. Le banche avranno perciò sempre più necessità di sostituire questi strumenti con nuove tipologie di funding con scadenza pluriennale. Nei Paesi nei quali il funding bancario a lungo termine è molto più costoso di quello a breve (vedasi l’Italia) significherebbe l’aumento dei costi complessivi di raccolta per le banche e quindi l’aumento dei tassi alla clientela.
A medio termine, poi, visto che la liquidità emessa dalla Bce non si è distribuita in modo uniforme nella zona euro, il ritiro di queste operazioni significherà drenare liquidità dai Paesi che più ne hanno fatto impiego. Il raffronto del grafico 1 mostra come la liquidità è distribuita e quanto sono utilizzati i prestiti TLTRO.
Grafico 1. Ripartizione della liquidità di banca centrale (deposit facility + current account) e dei prestiti TLTRO nella zona euro. Dati al 30 settembre 2018. Fonte dati: ECB Statistical Data Warehouse
Quattro Paesi (indicati col puntatore di colore rosso), che rappresentano circa 1/3 del Pil della zona euro, avranno bisogno di coprire questo sbilancio di liquidità, attraverso nuovo ricorso alla banca centrale o attirando liquidità dall’estero. In questo secondo caso le banche costrette ad attirare liquidità, dovranno farlo offrendo rendimenti più elevati, con la conseguenza principale di rialzo dei tassi di funding e quindi dei tassi alla clientela.
Inoltre, seppur per ragioni differenti, il rialzo dei tassi potrebbe manifestarsi anche nei Paesi che hanno liquidità in eccesso rispetto ai TLTRO. Nei Paesi come la Germania, in cui le banche (per la maggior parte) hanno raggiunto i target di incremento dei prestiti, questi strumenti permettono di coprire il “costo” della analoga liquidità depositata presso la Bce. Attualmente, su 85 miliardi di euro ricevono (dai prestiti TLTRO) e pagano (sui depositi) lo stesso tasso, – 0,40%. Far scadere questi prestiti senza avviarne di nuovi alle medesime condizioni, in assenza della possibilità di girare il tasso negativo ai depositanti privati, si tradurrà in un aumento dei costi per le banche, quindi in un probabile aumento dei tassi alla clientela.
Decidendo di avvicinarsi alle scadenze dei prestiti TLTRO senza avviarne di nuovi, la BCE anticiperà così la fase di restrizione monetaria, prima che i tassi siano ufficialmente alzati.
Il nodo della questione è se questa restrizione monetaria sia o meno giustificata alla luce dello scenario macroeconomico futuro. Sarà importante analizzare le nuove previsioni che verranno diffuse il 7 marzo. Nel caso di revisioni al ribasso della crescita e della dinamica dei prezzi, una prematura restrizione monetaria potrebbe essere ritenuta non coerente, giustificando l’avvio nuove operazioni a lungo termine, magari proprio a cominciare dal mese di giugno.
Alcuni esponenti del Consiglio della Banca Centrale si sono esposti nelle scorse settimane in tal senso. Altri invece sono stati meno possibilisti, facendo supporre che la decisione, qualunque essa sia, sarà controversa anche all’interno del Consiglio della BCE. Infatti, il lavoro del banchiere centrale non si può più ridurre alla semplice decisione, noiosa, di quale sia il tasso ufficiale più appropriato per raggiungere l’obiettivo del proprio mandato. La complessità dei sistemi finanziari moderni influenza la cosiddetta trasmissione della politica monetaria, intesa come quella particolare alchimia attraverso cui i tassi fissati dalla Banca Centrale si trasformano in tassi bancari, quindi in tassi alle imprese e alle famiglie, in domanda e offerta aggregata ed alla fine in prezzi al consumo. La liquidità del sistema, il modo con il quale essa è distribuita, le forme nelle quali è scambiata, sono variabili a volte più importanti rispetto al semplice tasso d’interesse.
Per questo motivo strumenti qualificati come “straordinari” sono diventati elementi stabilmente presenti nella cassetta degli attrezzi del banchiere centrale e per smettere di utilizzarli occorre che le scorie della crisi siano riassorbite. La difficoltà nel trovare una chiara e condivisa exit strategy al periodo di espansione monetaria fa invece supporre che queste scorie siano ancora presenti.
Twitter @francelenzi