categoria: Distruzione creativa
Innovazione, che cosa deve imparare l’Italia per combattere la recessione
Nel giorno in cui l’Istat, con la sua stima preliminare, ha certificato che il Pil dell’Italia nel quarto trimestre è sceso dello 0,2%, mettendo a segno il secondo calo consecutivo dopo quello del terzo trimestre, l’americana Facebook ha fatto un salto in borsa facendo guadagnare al suo fondatore Mark Zuckerberg la cifra di 6,2 miliardi di dollari in meno di 24 ore ( pari quanto al PIL dello stato del Montenegro ) e permettendogli di piazzarsi in quinta posizione nella classifica dei più ricchi del globo. L’Italia è tornata ufficialmente in recessione. Un dato cosi cattivo lo ha registrato l’ultima volta sei anni fa, quando nel quarto trimestre del 2013 il PIL segnava un equivalente -0,2%.
I dati sono preoccupanti e non solo perché l’Italia perde 0,2% del PIL (è bene ricordare che i dati pubblicati dall’Istituto Nazionale di Statistica rappresentano un valore di stima preliminare, ovvero un’approssimazione basata sui dati disponibili del trimestre più recente), ma perché tali valori interessano la stabilità e gli equilibri di tutti i paesi membri aderenti all’Eurozona.
Questa è un Europa lenta, che registra una crescita di appena 0,2 % negli ultimi tre mesi del 2018, facendo coincidere il tasso del terzo trimestre, come il dato più negativo in assoluto dal 2014. L’Europa sembra essersi fermata “al palo”. Un palo diverso dalla Palo Alto californiana che conosciamo nella Silicon Valley, culla mondiale della new economy in cui, ogni volta che il sole tramonta, si contano circa 50 famiglie miliardarie in più del giorno precedente. L’immobilità dell’Europa è documentata dai valori dei PIL di Francia, Belgio e Austria fermi rispettivamente allo 0,3%, 0,3% e 0,4%. La Spagna è tra i pochi paesi che sale di quota del 0,7 % contro 0,6 % del trimestre precedente mentre paesi come la Lituania e la Lettonia crescono rispettivamente del 1,6 % (contro lo 0,1 % del terzo trimestre) e del 1,1 % (contro l’1,8 % del terzo trimestre).
fonte: tradingeconomics.com
L’Italia rallenta la crescita perché è sempre meno propensa ad innovare. Il ruolo cruciale dell‘innovazione tecnologica nel miglioramento della produttività, della crescita economica e del tenore di vita di un paese è stato ampiamente riconosciuto dai più accreditati economisti del pianeta. La funzione dell’innovazione è diventata ancora più importante proprio nei momenti di recessione economica. Lo abbiamo rilevato proprio durante la grande crisi del 2008 che ha arrestato la crescita economica planetaria, aumentando il tasso di disoccupazione e il debito pubblico nei principali paesi più avanzati. Promuovere l’innovazione quando si è in una fase di recessione e con limitate disponibilità finanziarie richiede una strategia globale su misura per ogni paese.
Per capire quanto incide l’innovazione sulla crescita di un Paese, basta analizzare i dati che vengono pubblicati ogni anno dal quadro europeo di valutazione dell’innovazione (EIS) che fornisce una stima comparativa del rendimento degli Stati membri dell’UE e di alcuni paesi terzi nel campo della ricerca e dell’innovazione nonché dei punti di forza e di debolezza dei loro sistemi di ricerca e innovazione. I paesi si servono di tale quadro per stabilire in quali settori sono chiamati a concentrare gli sforzi al fine di rafforzare il loro rendimento innovativo. Il quadro del 2018 rivela che il rendimento innovativo dell’UE aumenta lentamente e che negli ultimi anni è stata registrata un’accelerazione dei progressi solo in alcuni paesi che rappresentano quelli con una maggiore crescita del PIL.
L’Italia è, nello scenario europeo, uno dei Paesi definiti “moderate innovators” con una bassa quota di esportazioni ad alto contenuto di tecnologia. A livello globale l’Eurozona continua a migliorare la propria posizione nei confronti di Stati Uniti, Giappone e Canada come dimostra il grafico in basso. Tuttavia il distacco da paesi innovatori come la Corea del Sud è ancora notevole.
La Corea del Sud ha infatti cominciato la sua scalata verso l’utilizzo di politiche a sostegno dell’innovazione a partire dagli anni 50, subito dopo la sanguinosa guerra di Corea, registrando un processo di crescita mai raggiunto prima da nessun altro paese al mondo. La Corea nonostante non sia in grado di competere con la Cina sul terreno delle economie di scala o dei costi di produzione, ha fondato il suo modello di crescita grazie a una straordinaria attenzione all’educazione, in grado di distinguersi per efficienza e capacità innovative. Colossi come Hyundai, Samsung e LG sono stati in grado di fare grandi passi avanti in termini di qualità e di brand reputation in pochissimi anni. Samsung Electronics mantiene il 6 ° posto nella classifica “Best Global Brands 2018” di Interbrand con un valore economico di marchio pari a 59,9 miliardi di dollari, superiore all’intero PIL dello stato del Costa Rica. Secondo il Bloomberg Innovation Index , il più accreditato indice al mondo di misurazione dell’innovazione nei paesi, la Corea del Sud è per il sesto anno consecutivo il paese più innovativo sulla terra.
L’innovazione rappresenta uno dei più avvalorati strumenti da utilizzare in tempi di recessione. Nel modello economico marxiano-schumpeteriano, la competitività tecnologica rappresenta la principale forma di competizione del capitalismo. La innovazioni permettono di partecipare a nuove opportunità economiche guidando ad un continuo cambiamento. Gerhard Mensch nel 1979 sosteneva che i cambiamenti tecnologici più importanti, come per esempio l’Information and Communications Technology (ICT), possono affermarsi solamente se vengono eseguiti grandi cambiamenti organizzativi e istituzionali. Fagerberg ha identificato nel 1987 tre fattori che influenzano i tassi di crescita dei paesi: l’innovazione, l’imitazione e altri sforzi connessi allo sfruttamento della tecnologia.
Sono fermamente convinto che limitare gli sforzi dell’innovazione in tempi di recessione sia un errore strategico a lungo termine. Abbassare l’attenzione all’innovazione aumenta il rischio di svantaggio competitivo a lungo termine. La dimostrazione che in Italia si innova poco è rappresentata dai numeri ancora ridotti di interlocutori pubblici o privati disposti a rischiare il loro denaro per sostenere le ormai 10 mila startup innovative italiane iscritte presso la sezione speciale del registro delle imprese. Gli unici numeri in aumento che sembrerebbero essere cresciuti in questi ultimi giorni sono divorzi e cambi di residenza sospetti per rientrare nei requisiti previsti dal reddito di cittadinanza.
L’Italia deve ritornare ad essere competitiva come lo era fino a 40 anni fa, con i suoi brevetti e le sue invenzioni nel campo della meccanica, della chimica e della tecnologia. Il Governo deve sostenere l’innovazione ed ha bisogno di maggiore occupazione per comprenderla, di maggiori sforzi per incoraggiarla e maggiori investimenti per migliorarla.
Viviamo in un mondo che cambia velocemente e dobbiamo essere al passo con i cambiamenti cosi da poterli affrontare e modellare. L’innovazione non deve essere considerata come qualcosa che può essere trasformata solo quando sono state esaurite le soluzioni, ma deve essere pensata come una capacità continua per informare e migliorare il contesto economico. L’innovazione deve trasformarsi in una risorsa affidabile, coerente e strategica che può essere utilizzata come e quando necessario. Un mondo in continuo cambiamento equivale a una necessità per i governi di cambiare (e innovare). Maggiore è la portata del cambiamento, maggiori saranno le garanzie dei governi per sostenere l’innovazione come una competenza fondamentale.
Il cambiamento tecnologico porta ad un cambiamento esponenziale di fondo secondo cui i maggiori i risultati si quantificano solo quando la tecnologia è matura. Pensiamo ad esempio ai risultati ed alle trasformazioni che porterà nei prossimi 10 anni l’intelligenza artificiale. L’aggiunta di nuove tecnologie consente agli esseri umani di fare cose che prima non erano in grado di fare o che non erano in grado di fare con la stessa facilità. Più tecnologia ci consente quindi di fare più cose più facilmente.
Con i social network ad esempio possiamo entrare in contatto con miliardi di persone in contemporanea. Questo ha portato ad una radicale trasformazione del modo di comunicare. Più la tecnologia matura e si diffonde, più le persone potranno beneficiare di strumenti e scelte. Perché la tecnologia crea la scelta. La tecnologia nelle mani di più persone può creare scenari futuri. È la tecnologia che permette ai Paesi che la introducono di organizzare le comunità al futuro.
Senza una sofisticata capacità di innovazione, i governi di fronte a una gamma più ampia di futuri possibili saranno limitati a reagire ai cambiamenti generati dall’esterno, essere impreparati o finire in contesti senza quella certezza che le scelte intraprese siano quelle corrette. Ecco perché solo attraverso l’innovazione possiamo combattere la recessione e comprendere in maniera più efficace il futuro per sostenere la crescita. La nostra speranza è che questo 2019, come ha dichiarato il premier Giuseppe Conte, “sia un anno bellissimo“, ma la bellezza si acquisisce organizzando e pianificando il presente per il futuro.
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