categoria: Res Publica
Sì alla Tav ma chiudiamola di domenica!
L’intervento del governatore Ignazio Visco al Forex di sabato scorso merita di essere commentato perché segue di pochi giorni la revisione al ribasso (da 1 a 0,6%) da parte della Banca d’Italia della stima di crescita del Pil nel 2019. Questa revisione ha indotto il vice premier Luigi Di Maio ad accusare l’istituto di essere passato all’opposizione. Cosa senza senso, peraltro già sostenuta dal giurista Sabino Cassese nel 1978, quando, a pochi mesi dall’assassinio di Aldo Moro, accusò la Banca d’Italia di burocratismo, di effettuare troppe (sic!) ispezioni di Vigilanza e di essere passata all’opposizione.
Visco non ha avuto timori di mettere le cose in chiaro e di criticare l’operato del Governo: “In Italia la domanda interna ha risentito del marcato aumento dell’incertezza, legato prima ai dubbi sulla posizione del Paese riguardo alla partecipazione alla moneta unica, poi al difficile percorso che ha portato alla definizione della legge di bilancio, segnato da contrasti con la Commissione europea risolti solo alla fine dell’anno. L’aumento dei premi per il rischio sui titoli di Stato che ne è derivato si è trasmesso al costo della raccolta obbligazionaria del settore privato, in un contesto di flessione dei corsi azionari”. In poche righe viene spiegato come l’incertezza seminata dal Governo giallo-verde abbia invertito le aspettative, bloccato gli investimenti privati, indotto i cittadini a risparmiare in vista di tempi meno favorevoli, a detrimento dei consumi (nella sola Lombardia, i depositi bancari dei privati e delle imprese sono cresciuti in modo notevole, fin da luglio 2018). Il saldo positivo import-export rende poco credibile l’alibi governativo del calo del Pil dovuto alle tensioni sul commercio internazionale. È la domanda interna la causa della recessione (due trimestri consecutivi di crescita negativa).
La viceministra dell’Economia Laura Castelli ha detto al “Corriere della Sera”: “Ai mercati interessa conoscere la visione che un Governo ha nel medio e nel lungo termine. È questo che tranquillizza e dà stabilità, anche in un momento in cui l’economia europea registra una flessione”. Invece, è proprio la visione del Governo che preoccupa i mercati. L’ideologia da piccolo mondo antico, con la globalizzazione vista come un pericolo, non ci farà fare molti passi avanti. Siamo da sempre un paese senza materie prime, esportatore netto, per cui il commercio internazionale è determinante per le nostre formidabili multinazionali tascabili, che vanno a conquistare sempre nuovi mercati.
Visco ribadisce l’importanza del ruolo degli investimenti nella crescita economica. A parte le promesse, nel DEF (Documento di Economia e Finanza) di investimenti pubblici se ne vedono ben pochi e in netta riduzione rispetto al passato. Dove sono finite le promesse del ministro Savona?
Vale la pena tornare indietro nel tempo. Esattamente al 16 febbraio 1956, quando il compianto Ezio Vanoni intervenne in Senato (poche ore prima di morire sul campo) per ribadire che investire è indispensabile, perché senza investimenti non c’è futuro. E quindi, per trovare le risorse, bisogna anzitutto battersi contro gli sperperi e il comodo andazzo di spingere la spesa corrente.
All’onorevole Condorelli, che lo aveva accusato di essere di sinistra, Vanoni rispose così: “Devo dire, on. Condorelli, molto semplicemente che non c’è politica più dura, più severa, più accurata di quella richiesta dall’esigenza del miglioramento sociale ed economico di un Paese come il nostro. Guai se indulgessimo in qualsiasi momento, per considerazioni di tranquillità e di popolarità, nell’amministrazione delle entrate del nostro Paese. Noi non risolveremo mai i nostri tragici problemi di fondo, se non sapremo trovare il modo di destinare, nei limiti delle nostre forze, delle nostre capacità, delle nostre valutazioni, ogni lira disponibile per il benessere della gente più umile che popola il nostro Paese…Questa è la nostra politica di sinistra” (tratto da Marco Vitale, Viaggio nello sport italiano, ESD, pp. 407-8).
Solo una gestione severa di “ogni lira disponibile” consentirebbe di trovare le risorse per investire nelle energie positive del Paese. Che ci sono, ma vengono considerate nemiche. Gli imprenditori non sono forse stati definiti “prenditori”?
La TAV – colossale investimento pubblico, rilevante per lo sviluppo, per i collegamenti con l’Europa, per il destino del Nord-Ovest – si farà o non si farà? Matteo Salvini ha visitato il cantiere sostenendo che “è meglio finirla”. Di Maio ha dichiarato che “finché ci sarà il Movimento 5 Stelle al governo, la TAV non ha storia”. Alessandro Di Battista, tornato bello felice dopo mesi di vacanza in Sudamerica, è stato ancora più chiaro: “Se Salvini vuole completare l’opera, tornasse da Berlusconi”. Come ha scritto Ezio Mauro, il contratto tra Lega e Cinque Stelle, evidentemente, non prevede una penale per la schizofrenia politica.
Il cantiere dell’Alta velocità Torino-Lione a Chiomonte
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte dovrebbe trovare una sintesi delle posizioni dei due vicepremier nell’esclusivo interesse del Paese. Altrimenti l’Italia si ritrova senza leader, una macchina da corsa senza driver, che rischia di sbandare e finire fuori strada.
Per mesi il Governo ha cercato con insistenza l’ostilità dei mercati finanziari (ulteriore capro espiatorio), favorendo la risalita dello spread (“i mercati se ne faranno una ragione”). Visco a tale proposito è molto chiaro: “Un premio elevato per il rischio sovrano aggrava lo squilibrio dei conti pubblici, pregiudica la capacità della politica di bilancio di sostenere l’economia, comprime le risorse disponibili per gli investimenti in infrastrutture (vale a dire: se dobbiamo pagare molti più interessi sul nostro debito, mancheranno le risorse per le infrastrutture, ndr) La diminuzione del valore dei titoli di Stato incide negativamente sui risparmi accumulati dalle famiglie e determina perdite in conto capitale per gli investitori istituzionali, quali assicurazioni e fondi pensione, e per le banche”.
Il realista Visco spiega le conseguenze del mancato rispetto degli investitori che ci prestano tutti i mesi le risorse per finanziare la spesa corrente in deficit: più elevati costi di finanziamento sostenuti dalle banche e irrigidimento delle condizioni di accesso al credito. Lo spread rileva eccome, non ce ne possiamo disinteressare, soprattutto con l’enorme debito pubblico esistente. E il dazio lo pagano le imprese e coloro che devono comprare casa e si trovano tassi e rate più alte sui mutui a tasso fisso.
Se l’incertezza diventa pervasiva, l’economia si ferma. A nulla valgono le rassicurazioni dei membri del Governo. Gli imprenditori, che hanno le antenne lunghe, sono stati i primi a capire che l’Esecutivo vuol tornare all’autarchia e intende limitare la libertà d’impresa. Come si fa a voler impedire l’apertura dei negozi la domenica, togliendo lavoro a circa 80mila commessi? Ma perché? Come nel decreto dignità, si propongono provvedimenti che diminuiscono l’occupazione.
Nell’introduzione al volume “Investire in conoscenza. Per la crescita economica”, Visco nel 2009 – ma nulla cambia in questo Paese, quindi sono considerazioni attualissime – scrisse: “La crescita economica non è un processo meccanico, né un processo continuo e privo di ostacoli. Nella determinazione dei sentieri di crescita, il ruolo svolto da istituzioni e regolamentazioni è cruciale”. Anche in negativo, aggiungo io. “Se le «regole del gioco» cominciassero ad essere percepite come poco chiare e non trasparenti, ne soffrirebbero sia l’aumento dell’intensità di capitale sia il miglioramento della produttività”. Se io imprenditore compro un’attività commerciale e poi non posso aprire la domenica, il mio business plan si sgonfia come un soufflé (si veda il caso della catena Old Wild West)
Visco, sempre in contraddizione – ahilui – con il pensiero governativo, scriveva nel 2009: “Bisogna continuare a rimuovere gli ostacoli, […] accrescere la concorrenza e migliorare l’efficienza dei mercati, nel rispetto di regole chiare e condivise, investire nelle nuove tecnologie”. Più concorrenza? Non sia mai, favoriamo i farmacisti!
Quando le multinazionali investono in Italia, sono accusate di ogni nefandezza. Solo la piccola impresa- soprattutto se non vuole crescere – ha la legittimazione giallo-verde. Cosa significa la flat tax per le partite Iva che fatturano meno di 65mila euro? Un incentivo a rimanere piccoli. E se il fatturato disgraziatamente aumenta? Si fa un po’ di nero, si evade e tutto si risolve, madama la marchesa. Si dà il caso che così si perpetua il modello italiano denso di micro-imprese, con bassa produttività, che remunerano poco, e molto meno delle imprese medio-grandi, i loro dipendenti.
Visco è convinto che occorra, con decisione, “promuovere la conoscenza”. Ecco perché la Banca d’Italia non è vista bene da alcuni ministri. Perché pensa che lo studio debba essere considerato bene primario. Anche tra i ministri, dove invece il motto è “uno vale uno” (si consiglia la lettura di M. Panarari, “Uno non vale uno”, Marsilio, 2019).
Come fa il presidente del Consiglio a sostenere che il 2019 sarà “bellissimo”, che nel secondo semestre l’economia italiana migliorerà? È un gioco delle illusioni? Su quali basi avverrà il miglioramento? Visco non la vede allo stesso modo: “Le prospettive dell’economia italiana sono oggi meno favorevoli di un anno fa. Sono gravate da rischi al ribasso che hanno in parte origine estera, ma che continuano a riflettere in misura significativa le debolezze proprie del nostro Paese, in primo luogo l’incertezza sulla crescita, oltre che sull’orientamento della politica di bilancio e sulla ripresa di un percorso credibile di riduzione del peso del debito pubblico sull’economia”.
Speriamo non abbia ragione Altan, nella cui vignetta Cipputi dice: “La recessione è un fatto transitorio”, e il suo interlocutore risponde “Poi andrà peggio”.
P.S. Questo articolo è stato scritto di domenica. Lo potremo fare anche in futuro?
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