Nord e Sud sempre più lontani. Così l’Italia resta un’espressione geografica

scritto da il 13 Gennaio 2019

Nel 1847 il cancelliere austriaco Klemens von Metternich definiva l’Italia una mera “espressione geografica”, riferendosi alla divisione e alla reciproca indipendenza che regnavano tra i diversi Stati presenti allora nella nostra penisola. Ancora oggi sopravvive l’idea di un’Italia come semplice espressione geografica, che rimanda alle differenze, a volte assai profonde, che caratterizzano il territorio ormai unificato da oltre 150 anni del nostro paese. Usando termini statistici, si può dire che l’Italia non è il paese delle medie, ma delle varianze. Se il trentennio successivo alla Seconda Guerra Mondiale è stato caratterizzato da un certo grado di convergenza economica e, in particolare, da una riduzione del gap tra Nord e Sud, oggi le differenze sono forti e rischiano di creare seri problemi.

Non si tratta solo di diversità negli schieramenti politici prevalenti (come ci hanno mostrato le elezioni del 4 marzo), o di differenti tassi di crescita economica (un campanello d’allarme comunque troppo spesso ignorato). La gravità della spaccatura tra le differenti aree del Paese è emersa anche dall’ultimo Rapporto sul benessere equo e sostenibile (Bes), elaborato e presentato dall’Istat. Il rapporto, giunto ormai alla sua sesta edizione, fotografa il benessere dei cittadini attraverso 130 indicatori, ognuno dei quali coglie un aspetto della vita quotidiana, con lo scopo di ottenere solidi indicatori da affiancare a quelli più tradizionali (come il Pil o il tasso di disoccupazione). Quasi sempre i numeri mostrano come Nord, Centro e Sud siano mondi assai diversi.

Cosa dicono gli indicatori

Le differenze si notano già a partire dagli indicatori relativi alla salute, l’aspetto del benessere più importante per gli italiani. La speranza di vita alla nascita è pari a 83,2 anni al Nord contro i quasi 82 del Sud. Ancora più ampio è il gap in termini di speranza di vita in buona salute alla nascita (ovvero quanti anni un individuo che nasce oggi può aspettarsi di vivere in buona salute), pari a 3,4 anni (poco più di 61 al Nord rispetto al 57,2 del Sud). Negli ultimi dieci anni, nonostante il miglioramento che ha interessato il paese nel suo complesso, la differenza tra le aree settentrionali e quelle meridionali è rimasta invariata.

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La distanza si è invece leggermente allargata per quanto riguarda istruzione e formazione, la seconda area percepita per importanza. A fare la differenza è soprattutto il numero di persone tra i 30 e i 34 anni che hanno conseguito un titolo di studio universitario, oggi pari al 30% al Nord contro il 21,6% del Sud. Numeri ancora più gravi se si pensa che da questo punto di vista gli altri paesi europei viaggiano su una media del 40%. Altrettanto grave rimane il divario in termini di Neet, i giovani tra i 15 e i 24 anni che non studiano e non lavorano, la cui percentuale oggi nelle regioni meridionali è più del doppio che in quelle settentrionali, raggiungendo nel 2017 il 34,4% (più del doppio della media europea).

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Una terza area del benessere fotografata dall’Istat è quella del lavoro. Anche qui l’Italia si presenta come una semplice espressione geografica. Prendendo per esempio il tasso di occupazione (la percentuale di individui tra i 20 e i 64 anni che lavora) la differenza tra il Nord e il Sud, in aumento negli ultimi 10 anni, è pari a circa 24 punti percentuali: mentre al Nord lavorano quasi 3 persone su 4, al Sud ci si ferma sotto le 2 persone su 4.

Significativo è anche il gap in termini di mancata partecipazione al mercato del lavoro, ovvero l’insieme di quelle persone che sarebbero disposte a lavorare ma non riescono: la distanza qui è in aumento, dai (già) drammatici 21 punti percentuali del 2007 ai 24 del 2017. La crisi economica degli ultimi anni ha infatti colpito più duramente le aree già più deboli del paese, acuendo le distanze. Da questo punto di vista però gli ultimi tre anni sembrano presentare i primi miglioramenti.

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La situazione non migliora sul fronte ricerca e innovazione, su cui si impone prepotentemente l’immagine di un’Italia a due velocità. Da un lato infatti c’è il Nord in cui la propensione alla brevettazione, espressione della capacità di rinnovamento del tessuto produttivo, si attesta poco sopra le 100 domande di brevetto per milione di abitanti; dall’altra il Sud, in cui tale numero è di nove volte inferiore, con una media di sole 8,6 richieste di brevetto. L’altra faccia della stessa medaglia sono i dati sulla mobilità di laureati fra i 25 e i 39 anni di età. Con riferimento a questo dato, il Sud registra un saldo drammaticamente negativo con un tasso migratorio pari al 23% del totale di giovani laureati residenti. Il Nord al contrario appare come un bacino di raccolta delle menti esportate dal resto della penisola essendo l’unica area a registrare un tasso positivo di poco sotto il 10%.

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Le differenze permangono anche con riferimento alla qualità dei servizi. Considerando due diverse declinazioni della rete di servizi, quello dell’assistenza socio-sanitaria e quello del trasporto pubblico locale, è possibile notare come in entrambi i casi il Meridione è permanentemente al di sotto della media italiana. Se infatti la differenza media percentuale fra posti-km (ovvero il numero di posti offerti agli utenti nell’arco dell’anno) offerti al Nord e quelli disponibili al Sud è del 59% circa, la forbice tra gli estremi della penisola si amplia ulteriormente spostandosi nel comparto socio-assistenziale in cui il numero di posti letto nei presidi residenziali del Meridione è circa un terzo dell’offerta al Nord (3,6 posti letto al Sud contro 9,1 al Nord).

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Per tirare le fila

Il quadro offerto dal rapporto Istat racconta dunque un’Italia tutt’altro che omogenea e unitaria. La spaccatura dello stivale secondo una logica Nord-Sud risulta particolarmente evidente nelle dimensioni del benessere sin qui analizzate ma si estende in maniera trasversale anche alle altre aree coinvolgendo pressoché tutte le 12 dimensioni presentate nel rapporto. Le disuguaglianze partono già dalla nascita con una diversa speranza di vita fra i nati al Nord e al Sud e si protraggono lungo tutto l’arco della vita, culminando con l’accesso al mondo del lavoro in cui si registrano le maggiori disparità.

Se tuttavia non solo di “espressione geografica” si tratta, è in primis compito della Repubblica (e delle sue istituzioni) rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. È l’articolo 3 della Costituzione a richiederlo.

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