categoria: Draghi e gnomi
La lezione di Carige: il credito non si concede con leggerezza
Un Consiglio dei ministri-lampo (10 minuti) ha sancito il sostegno dello Stato a Carige, la Cassa di risparmio di Genova e Imperia, a corto di patrimonio dopo il mancato aumento di capitale del 22 dicembre scorso (l’azionista di maggioranza, la famiglia Malacalza si astenne), e in amministrazione controllata (decisione della Bce di settimana scorsa). Ancora una volta è emersa l’estrema difficoltà dell’Italia al rispetto delle regole europee, che da alcuni anni prevedono il bail-in, ossia il coinvolgimento dei detentori di bond junior e dei depositanti sopra i 100mila euro (investitori e non risparmiatori).
Paga Pantalone, ossia il contribuente. Siamo di fronte all’ennesimo bail-out – ossia salvataggio a carico dello Stato – come per Banca Popolare di Vincenza, Veneto Banca e Monte dei Paschi (dove ora il Tesoro ha la maggioranza). Il governo aveva per mesi escluso interventi a favore di banche e banchieri, ma sappiamo che le promesse giallo-verdi vengono smentite spesso di fronte alla realtà.
Questa la cronaca, ora facciamo un passo indietro per capirne di più.
Da presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi volle visitare tutti i 104 capoluoghi di provincia. Dopo ogni incontro con i sindaci e la gente comune, il presidente ne usciva sempre felice: “Il mio lungo viaggio in Italia è stato la più bella esperienza che ha accompagnato l’intero settennato, ha alimentato la mia forza morale e fisica”. Al termine del suo girovagare, Ciampi soleva dire che “l’Italia è un Paese di paesi”, pieni di differenze e molteplicità.
Siccome Carige è l’acronimo di Cassa di Risparmio di Genova occorre quindi concentrarsi sulla Liguria, territorio di riferimento della banca. È qui che la storico istituto di credito – nato dalla trasformazione del Monte di Pietà nel 1846 su decreto di Carlo Alberto – opera.
Come tutte le banche commerciali, Carige svolge principalmente attività di raccolta al dettaglio – depositi – ed erogazione del credito – impieghi – a imprese e famiglie. Con questo tipo di operatività, sono decisive due variabili: il contesto geografico in cui si opera; le modalità di valutazione da parte della banca del merito di credito degli affidati.
1 – La Liguria vive di nostalgia, sogna il mitico “triangolo industriale” Milano-Torino-Genova, vive una situazione di retrotopia, così ben descritta da Zygmunt Bauman. La realtà di oggi è molto più deprimente. Declino demografico, nascite in drastico calo, popolazione dominata da ultrasessantenni, lievemente positivo (ma in decrescita) il saldo tra nascite e chiusure d’impresa.
Le donne liguri sono penultime in Italia per numero medio di figli. I residenti sotto i 35 anni pesano meno del 30%; gli over-75 sono oltre il 15% (record europeo con le Asturie, Spagna). E meno male che ci sono gli immigrati (1 bambino su 5 che nasce oggi è figlio di genitori stranieri). Tra mezzo secolo la popolazione non attiva sarà ben superiore a quella attiva (il cosiddetto indice di dipendenza strutturale). Futuro roseo per la Liguria, per le imprese e le banche del territorio? Non è un caso che molte sofferenze di Carige vengano dal settore immobiliare/costruzioni. Chi andrà ad abitare nei palazzi di nuova costruzione se le nascite stanno a zero?
2 – Se la gestione del credito è opaca e clientelare, se risponde non a logiche di business, bensì a deteriori “economie di relazione”, prima o poi arriva la resa dei conti. Nelle Considerazioni Finali del 31 maggio 2014 il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco scrisse: “Rapporti stretti con il territorio di riferimento sono […] una fonte di stabilità, che si riverbera a beneficio dell’economia locale. Tuttavia, un’interpretazione di questi rapporti può distorcere l’erogazione del credito, mettendo a rischio la solidità dei bilanci bancari e l’allocazione efficiente delle risorse”. Ogni riferimento a Carige non era puramente casuale.
Il noto investitore americano di lungo termine Warren Buffett usa dire che con la bassa marea si vede chi è nudo. Bene, la crisi dei sette anni dell’economia italiana è stata il detonatore delle malsane politiche di merito di credito, portate avanti per decenni dal deus ex-machina Giovanni Berneschi, condannato in appello a otto anni e sette mesi di carcere per truffa (legata al ramo assicurativo, si faceva anche uso di conti correnti legati a personaggi di fantasia come Filadelfo Arcidiacono).
Si critica spesso la Banca d’Italia accusandola di una vigilanza poco incisiva. Nel caso della Carige, però, Bankitalia fece avere in tempi non sospetti (prima del 2010) alla Procura di Genova un verbale ispettivo che venne tenuto a bagnomaria. “Come vede lo stato della magistratura oggi?” – è stato chiesto a Giuliano Turone, che con Gherardo Colombo nel 1981 scoprì le liste della P2: “Problematico. Quelli della mia generazione – io sono entrato in magistratura nel 1969 – avevano un credito notevole. Adesso molto meno”.
A pensare e ripensare alle sorti della storica banca di Genova, potrebbe valere la pena tornare sui testi di Eugenio Montale, genovese doc. All’interno di “Ossi di seppia” – raccolta di poesie pubblicate per la prima volta nel 1925 sul “Baretti” di Piero Gobetti – in “Meriggiare pallido e assorto”, il premio Nobel (1975) per la letteratura scrisse:
E andando nel sole che abbaglia
Sentire con triste meraviglia
Com’è tutta la vita e il suo travaglio
In questo seguitare una muraglia
Che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Così come la vita è dura e faticosa (“Il mestiere di vivere”, scriveva Cesare Pavese), costellata di sacrifici e “cocci aguzzi di bottiglia”, così la valutazione del merito di credito necessita di lavoro, analisi, indipendenza, sguardo lungo. Negli archivi della Banca d’Italia (ASBI, Direttorio Menichella, cart. 22, fasc. 47) gli storici hanno recuperato una lettera meravigliosa a David Freudenthal (assistente speciale del capo della missione ECA in Italia) dell’allora governatore Donato Menichella (Collana storica della Banca d’Italia, Donato Menichella. Stabilità e sviluppo dell’economia italiana, 1946-1960, a cura di F. Cotula, C.O. Gelsomino, A. Gigliobianco), accusato dai funzionari americani che gestivano il Piano Marshall di lesinare, con eccessiva prudenza, il credito all’economia italiana.
È difficile trovare un racconto così efficace intorno al merito di credito.
Roma, 25 marzo 1949
Caro Signor Freudenthal,
Ieri sera, quando Le dissi che il credito è come una bella donna, che sebbene in apparenza si rifiuti, in effetti è unicamente desiderosa di concedere le sue grazie, naturalmente se, e quando, ella possa scegliere l’uomo appropriato nella cerchia dei suoi ammiratori, Lei, con grande modestia, rispose che tali argomenti Le erano completamente sconosciuti.
[…] Rinnovando l’espressione del mio rammarico per la Sua partenza dall’Italia, mi creda, caro Signor Freudenthal
Sinceramente Suo,
Donato Menichella
Cari banchieri, le imprese da finanziare vanno studiate e visitate costantemente; gli imprenditori vanno frequentati e corteggiati come fossero delle belle donne, al fine di valutare se siano meritevoli di fiducia. Se entrano in gioco altre determinanti, che nulla hanno a che fare con la bontà della gestione aziendale, prima o poi i nodi vengono al pettine, ricordando che il business del credito è a leva per definizione. E quindi gli aumenti di capitale (550 milioni nel 2016; 544 milioni nel 2017; aumento di 400 milioni, non approvato all’assemblea il 22 dicembre), come nel caso di Carige, non bastano mai.
Se lo Stato ogni qualvolta deve intervenire per salvare, da Alitalia alle banche, non ci sarà mai enforcement per gli imprenditori, che potranno sempre contare sulla Mamma-Tesoro. E i contribuenti pagano dazio, ahinoi.
Twitter @beniapiccone