Cina 1978 – 2018, così da Deng a Xi ha vinto l’abbraccio al capitalismo

scritto da il 30 Dicembre 2018

Il capitolo più recente della lunga storia cinese ci parla del più grande miracolo economico di tutti i tempi. Tra il 1978 ed il 2018 la Cina è rapidamente passata dall’essere considerata una delle economiche più povere e isolate del mondo, con un prodotto interno lordo pro capite pari a soli $160 dollari, ad una “super potenza”, capace di competere con gli Stati Uniti in diversi settori, con un pil pro capite di oltre $8,830 dollari. In termini di potere di acquisto, il cittadino cinese medio ha oggi a disposizione oltre $16,000 dollari.

Storicamente la Cina si è sempre contraddistinta per la sua ricchezza. I primi contatti con il mondo occidentale avvennero già ai tempi dell’Antica Grecia e dell’Antica Roma, attraverso la via Reale di Persia (che poi prese il nome di “Via della Seta”). Il veneziano Marco Polo, nel resoconto dei suoi viaggi in Asia, decise di descrivere la bellezza, l’immenso splendore ed il benessere dell’impero Cinese del 13esimo secolo. Verso la fine del 18esimo secolo, Adam Smith, il padre dell’economia moderna, ci racconta invece molto bene di come la Cina sia stata, per molto tempo, “di gran lunga più ricca di qualsiasi parte dell’Europa” (capitolo 8, libro primo de “La Ricchezza delle Nazioni”) e “uno dei paesi più produttivi, più fertili, più industrializzati, meglio coltivati e più popolosi del mondo” (capitolo 11, libro primo de “la Ricchezza delle Nazioni”).

A partire però dalla seconda metà del 1700, il controllo sempre più rigido da parte del governo imperiale cinese finì per indebolire la dinastia Qing (l’ultima dinastia, che durò fino al 1912). Nel corso del 1800, oltre alle ribellioni interne, sul fronte estero la Cina uscì sconfitta sia dalle due Guerre dell’Oppio, sia dal confitto Sino-Giapponese. Fu così che, nel 1912, a seguito di una rivolta militare, le idee rivoluzionarie di Sun-Yat-sen portarono alla fine dell’impero, alla nascita della Repubblica di Cina e alla successiva affermazione del Partito Comunista Cinese che, gradualmente, nei decenni successivi, riuscì ad imporsi con forza.

Nel 1949, con la presa del potere da parte di Mao Zedong, nacque l’attuale Repubblica Popolare Cinese ed iniziò un periodo di ulteriore involuzione economica, sociale e politica. Oltre a generare terrore e ridurre qualsiasi tipo di libertà, il totalitarismo Marxista-Leninista di Mao portò, nel lungo periodo, solo a miseria, povertà e morte. Uno degli esempi più famosi delle politiche promosse da Mao riguardò “il Grande Balzo in Avanti”, un piano economico e sociale implementato tra il 1958 e il 1962, che prevedeva di mobilitare la vasta e crescente popolazione cinese trasformando il sistema economico rurale, basato principalmente sull’agricoltura, in una moderna e industrializzata società comunista caratterizzata, in primis, dalla collettivizzazione delle risorse.

Mao, Deng e Xi, i tre leader che hanno segnato gli ultimi decenni in Cina

Mao, Deng e Xi, i tre leader che hanno segnato gli ultimi decenni in Cina

Questo piano si rivelò tuttavia un disastro tale da condizionare la crescita del paese per molti anni. È ampiamente riconosciuto dagli storici che “il Grande Balzo in Avanti”, provocò decine di milioni di morti. Una politica che tanti studiosi paragonano ai massacri di Stalin e Hitler. Le stime più basse suggeriscono infatti un bilancio pari a 18 milioni di morti, mentre altre ricerche, come quella dello storico cinese Yu Xiguang, indicano un bilancio pari a oltre 50 milioni di morti. Il noto storico Frank Dikötter, invece, nel suo più recente libro, pubblicato nel 2016 ed intitolato “La Rivoluzione Culturale”, afferma che “così come in molte altre politiche promosse da Mao, la coercizione, il terrore e la violenza sistematica furono il fondamento del Grande Balzo in Avanti” e che “questa trasformazione economica ha generato uno dei più mortali omicidi di massa della storia umana”.

Grafico 1: Calo della povertà assoluta in Cina (sotto la linea di $1,90 dollari internazionali al giorno) tra il 1981 ed il 2014. Dati presi da Our World in data – University of Oxford e Banca Mondiale.

 poverta-cina

La “Rivoluzione Culturale” voluta da Mao prevedeva di purificare il paese da qualsiasi elemento capitalistico borghese. Questo obiettivo non solo fallì, ma con l’affermazione di Deng Xiaoping, proclamato “leader supremo del Partito Comunista Cinese” nel 1978, buona parte della classe dirigente prese, economicamente parlando, nette distanze da quanto avvenuto negli anni ’60 e ’70.

La rivoluzione economica di Deng Xiaoping iniziò esattamente 40 anni fa, nel dicembre del 1978, a seguito di una storica visita del leader cinese a Singapore. Nel 1978, la piccola città stato del sud-est asiatico stava crescendo rapidamente, grazie alle politiche pro-mercato implementate dalla famiglia Lee. Come Lee Kwan Yew, Primo ministro di Singapore dal 1959 al 1990, riportò in un’intervista del 2005 per lo Spiegel, Deng Xiaoping rimase molto sorpreso nel vedere un così forte progresso economico in atto e fu così che l’isola di Singapore divenne il principale modello di riferimento del governo cinese.

A 40 anni da quel famoso incontro, Singapore è oggi uno dei paesi più ricchi del mondo, con un reddito pro capite (in termini di potere d’acquisto) di circa $98 mila dollari. Secondo l’indice delle libertà economiche redatto dalla Heritage Foundation, un importante think-tank americano, la piccola ma potente città-stato è il secondo paese più libero del mondo. L’economia di libero mercato di Singapore deve il suo successo in larga misura ad un ambiente imprenditoriale straordinariamente aperto e relativamente libero dalla corruzione, a politiche monetarie e fiscali prudenti, ad uno stato che, seppur presente, cerca di intervenire il meno possibile, a politiche commerciali che non prevedono alcun dazio (la somma delle esportazioni e delle importazioni di beni e servizi misurata come percentuale del pil è stata superiore al 320% del PIL nel 2017), ad un quadro giuridico molto trasparente.

Da un punto di vista prettamente economico, Deng Xiaoping fu, per la Cina Comunista, un vero rivoluzionario. Frasi come “diventare ricchi è glorioso” oppure “facciamo diventare ricco qualcuno, per prima cosa” segnarono un cambio di passo incredibile rispetto al passato Maoista. Nel dicembre del 1978, Deng Xiaoping introdusse per la prima volta il concetto di “politica delle porte aperte”. In breve tempo, a partire dal gennaio 1979, il sistema agricolo comunale fu gradualmente smantellato e i contadini iniziarono ad avere più libertà nel gestire la terra coltivata e vendere i loro prodotti sul mercato. Un approccio simile fu successivamente adottato in molte altre industrie, in quanto Deng Xiaoping era consapevole che il settore privato e gli imprenditori cinesi potevano e dovevano giocare un ruolo molto più importante all’interno dell’economia cinese. In altre parole, il ceto medio borghese non era più, da un punto di vista economico, un nemico da combattere.

Grafico 2: Prodotto interno lordo pro capite (US$ dollari attuali) della Cina tra il 1960 ed il 2017. Dati presi dalla Banca Mondiale..

prodotto-interno-lordo-cina

Allo stesso tempo, l’economia cinese iniziò ad aprirsi al commercio estero e ad aprire le proprie porte alle imprese straniere che volevano stabilirsi in Cina. Proprio per questo motivo, nel 1980 Deng Xiaoping decise di istituire quattro “Zone economiche speciali” (Shenzhen, Zhuhai, Shantou e Xiamen). Queste aree economiche erano situate strategicamente vicino a Hong Kong, Macao e Taiwan, con un regime fiscale molto favorevole e bassi salari per attirare capitale e affari. Come ricorda anche il premio Nobel per l’economia 2018, Paul Romer, Shenzhen fu la prima “Zona economica speciale” a essere stabilita in Cina e questo tipo di politica risultò essere molto efficace. Infatti, tra il 1981 ed il 1993 la città di Shenzhen vide il proprio pil crescere di circa il 40% annuo, rispetto alla crescita media del pil cinese di circa il 10%. Altre “Zone economiche speciali” come, ad esempio, Shanghai, Tianjin e Guangzhou furono successivamente designate in altre parti della Cina.

Grafico 3: Crescita reale del pil della Cina tra il 1978 ed il 2018. Dati presi dalla Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale.

crescita-pil-cina

Le famose proteste di Piazza Tienanmen, che furono drammaticamente, erroneamente e dittatorialmente represse con l’esercito, indebolirono molto la figura autoritaria di Deng Xiaoping, il quale, ufficialmente, decise di ritirarsi dalle posizioni di vertice nel 1989. Se dal lato delle libertà individuali la Cina si è sempre contraddistinta in negativo (anche durante gli anni di Deng Xiaoping!), dal lato delle libertà economiche, il Partito Comunista era ormai entrato a tutti gli effetti nell’era del mercato.

Le riforme economiche continuarono con i successori di Deng Xiaoping. Ad esempio, tra il 1997 ed il 1998 avvenne un processo di privatizzazione su larga scala, in cui moltissime imprese statali, tranne alcuni grandi monopoli, furono liquidate e le loro attività vendute a investitori privati. Tra il 2001 e il 2004, il numero di imprese statali diminuì del 48%. Nello stesso periodo, i leader Jiang  Zemin e Zhu Rongji ridussero le tariffe, le barriere commerciali ed i vari regolamenti commerciali; riformarono il sistema bancario; smantellarono gran parte del sistema di assistenza sociale di epoca Maoista; ridussero l’inflazione; e portarono a compimento il processo che vide la Cina accedere all’Organizzazione Mondiale del Commercio. Nel 2005, per la prima volta, la produzione del settore privato superava il 50% del pil. Questo lungo cammino di transizione da economia comunista ad economia di mercato (seppur, bisogna ricordare al lettore, ancora molto imperfetta) è raccontato bene dal Premio Nobel per l’economia Ronald Coase nel suo libro intitolato “Come la Cina è diventata capitalista”.

Grafico 4: Crescita della libertà economica in Cina dal 1980 al 2016. Dati presi dal Fraser Institute.

indice-delle-liberta-economiche

Tutto il resto è storia, ma ancora oggi Deng Xiaoping è riconosciuto come il principale architetto delle riforme economiche della Cina e della modernizzazione del paese. Come però si può notare anche dal grafico sulla libertà economica del “The Fraser Institute”, uno dei think-tank più influenti del mondo, nel corso di questo ultimo decennio, la Cina sembra aver tolto il piede dall’acceleratore delle riforme. Non è un dunque un caso che da quando Xi Jinping, (l’attuale Segretario generale del Partito comunista cinese dal 2012 e Presidente della Repubblica popolare cinese dal 2013) è salito al potere nessuna riforma sostanziale sia stata portata ancora a compimento e la crescita della Cina stia rallentando.

Tabella 1: Progresso economico della Cina dal 1978-1979 al 2017-2018. Dati vari, presi dalla Banca Mondiale, Organizzazione Mondiale del Commercio, Fondo Monetario Internazionale e BBC.

tabella-giusta

Oggi Xi Jinping è forse il leader politico più potente del mondo dopo che, nel corso dell’ultimo Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese il suo pensiero è diventato “teoria politica”. Xi è il terzo leader ad essere insignito di tale grande onore. In passano solo Mao Zedong e Deng Xiaoping erano stato in grado di influenzare così profondamente l’ideologia del partito comunista cinese.

Dopo il congresso, il “pensiero di Xi” è stato riassunto in 14 punti chiave, che formano il fulcro della nuova ideologia del governo centrale di Pechino. Il vero rischio è che Xi, nonostante le parole di circostanza in favore del multilateralismo e del progresso, incominci a fare retromarcia in alcuni ambiti economici e sociali importanti. Alcuni segni di questa inversione di marcia sono, purtroppo, già evidenti. Un chiaro esempio arriva dall’aumento del controllo, da parte del Partito Comunista Cinese su molte imprese statali e private. Al contrario se, come scritto nei 14 punti ideologici, Xi sarà in grado di adottare un vero e proprio stato di diritto per limitare il potere del governo, di salvaguardare le persone e le proprietà, compresa la libertà di pensiero, e di aprire ulteriormente l’economia cinese al mondo allora potrebbe trasformare per davvero la Cina, aprendo così la strada ad altri 40 anni di incredibile progresso. Un buon inizio sarebbe quello di aprire, da un punto di vista commerciale, la Cina al mondo in modo unilaterale.

Oltre a ricordare a Xi l’importanza di un mercato più libero e di una maggiore libertà individuale, sociale e politica, è giusto oggi fermarsi comunque a riflettere su quanto avvenuto negli ultimi quattro decenni. Se la Cina ha raggiunto questo incredibile traguardo è soprattutto merito dell’”abbraccio” del Partito Comunista Cinese ad un mercato più libero e all’ideologia capitalista. In fondo, come la storia ci insegna, il capitalismo è il sistema economico che più di tutti gli altri può garantire agli strati sociali più poveri e meno fortunati un futuro migliore. Al contrario, i vari tentativi di raggiungere il sogno socialista terminano nel peggiore dei modi, con milioni di persone povere, affamate e sottomesse. La Cina di Mao ne è solo uno dei tanti esempi. Speriamo che, al di là della retorica, Xi se lo ricordi.

Twitter @cac_giovanni