Che cosa abbiamo imparato dal caso Tav sulle analisi costi-benefici

scritto da il 14 Dicembre 2018

L’autrice di questo post è Vitalba Azzollini, giurista. Lavora presso un’Autorità di vigilanza. Scrive (a titolo personale), tra gli altri, su Lavoce.info, Phastidio.net e Istituto Bruno Leoni –

Da qualche tempo, opere pubbliche, analisi costi-benefici e valutazioni politiche al riguardo sono divenuti sui media argomenti all’ordine del giorno. Tuttavia, non sempre ne è chiaro il senso. Quindi, forse è il momento di fare il punto sul metodo con cui si fanno certe scelte, senza entrare nel merito delle stesse.

Innanzitutto, una precisazione: l’adozione di certe decisioni da parte dei governi – dalle opere pubbliche a misure sociali o economiche – è politica, quindi discrezionale. Ogni scelta produce vantaggi per alcuni e svantaggi per altri ed è il decisore pubblico a valutare quali interessi, fra i vari coinvolti, meritino di prevalere. E non potrebbe essere diversamente, altrimenti governerebbero i tecnici, e non invece coloro ai quali i cittadini hanno delegato, mediante il voto, la cura dei propri bisogni.

Ciò nonostante, la legge italiana prescrive ad esempio che i governanti svolgano analisi di impatto della regolamentazione (AIR) per potersi avvalere nella decisione di un “supporto informativo in merito all’opportunità e ai contenuti dell’intervento” normativo; o che prima della realizzazione delle opere pubbliche e di pubblica utilità venga fatta, tra l’altro, un’analisi costi-benefici (ACB), al fine di misurare “se le risorse consumate dalla collettività (…) per costruire qualcosa sono inferiori o superiori ai benefici totali (…) che quel progetto produrrà negli anni” (M. Ponti), cioè al fine di verificare che una nuova opera non si traduca in un cattivo impiego delle risorse prelevate ai contribuenti.

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Tali analisi concorrono all’adozione di scelte informate: servono cioè a fornire al decisore le basi su cui fondare le proprie valutazioni. Inoltre, la trasparenza del percorso di analisi, dei criteri adottati e delle motivazioni alla base della determinazione finale rende la scelta democratica, cioè sindacabile dal demos, il popolo, che ha conferito il mandato ai decisori. In altri termini, le analisi tecniche – se rese pubbliche e condotte in base a parametri resi noti anch’essi – sono utili a far sì che chiunque possa sapere quanto sulla risoluzione finale abbiano inciso le motivazioni più specialistiche e quanto, invece, le ragioni più squisitamente politiche. Perché tali analisi non hanno alcun valore vincolante: la scelta resta dei governanti, in ogni caso.

Quanto premesso consente di comprendere meglio ciò di cui trattano le cronache da qualche tempo, come detto. Il governo ha sospeso ogni decisione circa la realizzazione (o il completamento) di alcune opere pubbliche in attesa dell’esito di nuove valutazioni tecniche, incaricando una Struttura di missione di predisporre la ACB di alcuni progetti. Si tratta di analisi che devono essere condotte secondo apposite Linee Guida del Ministero dei Trasporti, le quali a propria volta si basano su Linee Guida predisposte in sede UE e best practice internazionali.

L’opera in relazione alla quale ci sono state maggiori manifestazioni a favore e contro – sui media, ma anche in piazza – è quella riguardante la linea Torino-Lione (TAV): essa fornisce lo spunto anche per alcune considerazioni applicabili alle analisi costi-benefici in generale. Perché fare una nuova ACB sulla TAV, dato che ne esiste una del 2011, la quale sostiene “la piena vantaggiosità dell’opera, sia dal punto di vista economico, che ambientale” e che vi sono comunque una serie di documenti valutativi a favore dell’opera stessa, elencati sul sito web dell’Osservatorio per l’Asse Ferroviario Torino-Lione?

Intanto, va chiarito che questi ultimi non sono analisi costi-benefici, poiché non presentano i requisiti per poter essere qualificati come tali. Detto ciò, i motivi per effettuare una nuova ACB potrebbero essere individuati nella pagina 58 di un atto del novembre 2017, intitolato “Verifica del modello di esercizio per la tratta nazionale lato Italia fase 1 -2030”, a cura del suddetto Osservatorio, ove si evidenzia che nel corso dei “lunghi tempi di analisi, valutazione, decisione” relative alla realizzazione della TAV il mondo non è rimasto immutabile, ma è cambiato “rapidamente e in maniera così profonda da mettere spesso fuori gioco anche le più accurate previsioni” e che “lo scenario attuale è, quindi, molto diverso da quello in cui sono state prese a suo tempo le decisioni”.

Tuttavia, dopo aver affermato che molti elementi sono variati rispetto al momento in cui si è deciso che l’opera sarebbe stata realizzata, il documento dichiara che “le verifiche fatte in seno all’Osservatorio (…) hanno consentito di prendere atto di questo mutato contesto e hanno mostrato che l’infrastruttura ha la sua dimostrata ed oggettiva validità”. Chi legga si chiede come mai, pur essendosi modificati fattori su cui l’analisi precedente era basata non serva una ACB nuova, reputandosi invece sufficienti le verifiche menzionate nel citato documento circa la perdurante validità dell’ACB precedente (sulla quale, peraltro, erano stati espressi diversi dubbi): ma l’esame di questo profilo richiederebbe valutazioni di merito, che esulano dalla presente riflessione.

In sintesi, riguardo alla TAV il quadro è questo: esiste una ACB che ne attesta “la piena vantaggiosità” e, nonostante lo scenario attuale sia “molto diverso da quello in cui sono state prese a suo tempo le decisioni”, cioè nel 2011, “l’infrastruttura ha la sua dimostrata ed oggettiva validità” pur senza una nuova ACB; tuttavia, il governo in carica ha deciso che una nuova ACB sia svolta comunque e che solo successivamente si disporrà il da farsi.

I risultati di tale analisi andranno considerati congiuntamente a quelli di altre, riguardanti ad esempio gli impatti occupazionali, ma soprattutto i profili giuridici, attinenti in particolare alle eventuali penali da corrispondere a chi faccia valere i danni derivanti dall’interruzione. In altri termini, le diverse analisi concorrenti serviranno a calcolare, ai fini della decisione finale, quanti soldi siano già stati spesi per le opere non concluse, a quanto ammontino le spese ancora da sostenere, quanto costerebbe recedere dai contratti e quale sia il valore economico dei benefici ipotizzati.

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Detto tutto questo, ha ragione chi afferma che le conclusioni di tutte le analisi costi-benefici dipendono da chi fissa le assumption, per cui se le nuove ACB si baseranno su assumption diverse rispetto a quelle dell’ACB precedente, produrranno risultati diversi? Ha ragione di certo. Ma se l’iter di analisi – incluse assumption, criteri valutativi ed elementi considerati – viene reso pubblico, ogni interessato può verificare fondatezza, esaustività ed oggettività dell’esame.

Inoltre, ha ragione chi dice che la nuova ACB è solo un modo per prendere tempo? Obiettivamente qualche mese è stato “perso”, o forse utilmente impiegato.

E, ancora, ha ragione chi sostiene che il governo dovrebbe ascoltare la gente che scende in piazza, perché è democrazia anche questa? Posto che le piazze sono due e con posizioni nettamente opposte, sarebbe un assurdo che, per decidere se fare o no una infrastruttura, si contino i presenti alle manifestazioni, per conformarsi all’opinione espressa da quella più affollata. Servirebbe pure rammentare che i governi degli ultimi decenni hanno praticato politiche economiche di cui sono noti i rovinosi effetti anche per compiacere i “desiderata” di questa o quella parte dell’elettorato che protestava.

Infine, hanno ragione quelli per cui la nuova ACB, che qualcuno presume sarà negativa, costituirà solo un alibi per avallare una scelta già fatta pregiudizialmente? Può anche essere. Tuttavia, come detto, ACB non è vincolante, il decisore se ne può discostare e la risoluzione finale resta discrezionale: quindi, non ci sono alibi “tecnici” che tengano, a fronte una responsabilità che resta comunque “politica”.

E qui si chiude il cerchio: perché le analisi costi-benefici valgono non solo e non tanto per il loro contenuto tecnico, quanto per quello politico, appunto. Infatti, esse servono anche a far emergere la eventuale “arbitrarietà del principe” nell’uso dei soldi dei contribuenti, quando le motivazioni su cui le relative scelte vengono basate siano conoscibili da chiunque, quindi pubbliche, cioè trasparenti. Sulle grandi opere il dibattito è dunque “aperto”, e in ogni senso. Quando i risultati delle ACB saranno noti – si spera presto – forse sarà anche più informato.

Twitter @vitalbaa