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Le criptovalute sono uno dei tanti modi per separare il denaro dagli stupidi
Dopo aver assistito alla moda dei bitcoin, le criptovalute si sono, come ampiamente previsto, sfracellate sul selciato. Hanno perso oltre il 50% nel 2018. Non ne parla più nessuno. Si sono rivelati l’ennesimo fake finanziario, un mito per i gonzi, un’occasione – parafrasando Galbraith in “The big Crash” – per separare il denaro dagli stupidi.
Mentre i sostenitori dei bitcoin ne illustravano la fantasmatica efficacia, la bontà del sistema di blockchain, chi aveva un po’ di dimestichezza con la finanza sottolineava che:
Se la moneta è mezzo di scambio, strumento di pagamento e riserva di valore, le criptovalute non rispondono ad alcuna di queste funzioni. Infatti sono ben pochi i soggetti che accettano bitcoin in cambio di beni e servizi; ci sono limiti di natura tecnologica che contribuiscono a rendere inefficiente l’uso delle criptovalute come strumento di pagamento (Visa processa circa 1600 transazioni al secondo, un multiplo della blockchain). L’uso nei pagamenti all’ingrosso è ostacolato dall’incertezza dei costi associati alla singola transazione e dai tempi di esecuzione (Fonte: Rapporto sulla stabilità finanziaria, Banca d’Italia, aprile 2018).
A causa della volatilità elevatissima, per ora non è sostenibile pensare di usarla come unità di conto.
Riserva di valore? Al momento è impensabile parlare di Bitcoin come riserva di valore in quanto il protocollo è pensato per simulare una «politica monetaria» fissa, deterministica e anelastica.
L’offerta di moneta cresce costantemente. Domanda e offerta di Bitcoin (in assenza di sottostante) saranno le sole determinanti del valore. In pratica con i bitcoin l’offerta di moneta non può mai essere restrittiva.
Nel lungo periodo i prezzi dei beni al consumo aumentano limitatamente grazie alla politica di stabililità monetaria delle Banche Centrali indipendenti (target inflazione della Bce nella UEM al 2%).
Il fatto che le valute virtuali vengano considerate dal pubblico moneta di scambio o strumenti di investimento significa che coloro che emettono criptovalute o bitcoin hanno avuto un grande successo nella manipolazione delle parole (vedasi bellissimo volume di Gianrico Carofiglio, La manomissione delle parole, Rizzoli).
In un celebre passo di «Attraverso lo specchio» di Lewis Carroll, Humpty Dumpty illustra ad Alice che i significati delle parole vengono dati da chi comanda, dal padrone. Le parole fanno le cose, creano la realtà; se avviene come avviene una continua perdita di aderenza delle parole alle cose, la realtà viene manipolata.
Il fatto che le valute virtuali vengano considerate dal pubblico moneta di scambio o strumenti di investimento significa che coloro che emettono criptovalute o bitcoin hanno avuto un grande successo nella manipolazione delle parole. Carofiglio scrive: «Le nostre parole sono spesso prive di significato. Ciò accade perché le abbiamo consumate, estenuate, svuotate, con un uso eccessivo e soprattutto inconsapevole. Le abbiamo rese bozzoli vuoti. Per raccontare dobbiamo rigenerare le nostre parole. Dobbiamo restituire loro senso, consistenza».
Banche Centrali, ESMA, EBA e EIOPA hanno emesso ripetuti warning nel passato per sensibilizzare gli investitori perché le cryptocurrency:
1. Non sono emesse, né garantite da una banca centrale o da un’autorità pubblica;
2. Non godono dello status giuridico di valuta o di moneta (emissione a corso legale);
3. Non sono regolamentate all’interno della UE quindi non offrono alcuna tutela giuridica ai consumatori;
4. Sono considerate strumenti ad alto rischio, non garantiti da immobilizzazioni immateriali.
Il Financial Stability Board ha sottolineato che i rischi per la stabilità finanziaria potrebbero aumentare in modo repentino con conseguenze sistemiche. Di recente Claudio Clemente, validissimo direttore dell’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (della UIF abbiamo parlato in passato) è intervenuto in Parlamento durante un’Audizione. È giusto ricordare che Clemente, con Giovanni Castaldi alla Vigilanza in Banca d’Italia, si oppose al governatore Antonio Fazio che voleva favorire smaccatamente Gianpiero Fiorani di Banca Popolare Lodi nell’acquisizione di Banca Antonveneta, nonostante la BPL non avesse i requisiti patrimoniali di Vigilanza. La moglie di Fazio, Cristina Rosati, intercettata, definì i due dirigenti della Banca “i mascalzoni della Vigilanza”. Chissà chi glielo suggerì. Claudio Clemente è l’ennesima dimostrazione che il motto “uno vale uno” è una fandonia sesquipedale.
Clemente scrive: “In diverse segnalazioni degli operatori tradizionali emergono utilizzi di valute virtuali. Per ora tuttavia non si riscontrano evidenze di fenomeni di ampia portata, anche se sono state individuate connessioni con estorsioni on line, truffe, schemi piramidali, che hanno anche innescato significative attività investigative”.
Accanto ai rischi di truffe, è bene sapere che le cryptocurrency sono estremamente rischiose e altamente speculative. Chi acquista cryptocurrency deve essere consapevole che vi è un alto rischio di perdere una parte consistente, o persino la totalità, del capitale investito.
L’acquisto di cryptocurrency o di prodotti finanziari che forniscono un’esposizione diretta a tali valute comporta una serie di rischi:
1. Rischio di volatilità estrema o di bolla speculativa;
2. Assenza di protezione: non regolamentate per il diritto UE
3. Assenza di opzioni di uscita dall’investimento
4. Mancanza di trasparenza dei prezzi
5. Interruzione delle operazioni
6. Mancanza di trasparenza delle informazioni, spesso fuorvianti
7. Inidoneità delle cryptocurrency a pianificazione degli investimenti o previdenziale.
Quando un bene non rappresenta alcuna attività sottostante, si parla di un asset non produttivo; le cryptocurrency sono asset che di per sé non stanno creando nulla, non pagano cedole, non distribuiscono dividendi, non rappresentano passività di un ente emittente.
Warren Buffett, decano degli investitori smart ripete spesso: «Quando si comprano asset non produttivi, tutto quello su cui si conta è che ci sia qualcuno che paghi di più perché è ancora più entusiasta che un’altra persona». Ha perfettamente ragione Buffett a sostenere che i Bitcoin «probabilmente sono veleno per topi al quadrato» (assemblea di Berkshire Hathaway).
Chiudiamo con l’opinione dell’amministratore delegato di JP Morgan Chase Jamie Dimon, che ha detto: “Bitcoin is a fraud that will blow up, cryptocurrency is only fit for use by drug dealers, murderers and people living in North Korea” (The Guardian, 13 sept. 2017).
Twitter @beniapiccone