Il messaggio di Marchionne: studiare e osare quello che per altri non è possibile

scritto da il 23 Luglio 2018

L’autore di questo post è Corrado Griffa, manager bancario ed industriale (CFO, CEO), consulente aziendale in Italia e all’estero, giornalista pubblicista –

Sergio Marchionne: un deal-maker eccellente, più che un manager a tutto tondo. La sua è una storia aziendale contrassegnata da grandi operazioni societarie e finanziarie di natura straordinaria che hanno messo in risalto doti uniche: visione, coraggio, determinazione, pazienza unita a capacità di osare, grande razionalità e capacità di essere sempre tre passi avanti; doti che ne hanno fatto “il” CEO più rispettato dell’industria automobilistica.

Tre sono state le operazioni di natura straordinaria che ne hanno decretato il successo; una quarta – che egli aveva in animo di completare entro la fine del suo naturale mandato nel 2019 – resta ancora da eseguire; ma procediamo con ordine.

La prima operazione fu la gestione della uscita di General Motors dall’accordo con cui GM si impegnava ad assumere il controllo totale di Fiat Auto, siglato dall’allora presidente Fiat Paolo Fresco, in un momento difficile per la casa torinese; da poco arrivato a Torino, era il febbraio 2005, Marchionne gestì in modo esemplare la risoluzione dell’impegno di GM, che pagò una penale di 1,55 miliardi di USD per chiudere la sfortunata (per GM stessa) operazione; Fiat nel frattempo aveva già venduto, con plusvalenza, il 2% di GM che era stato acquisito alla firma dell’accordo iniziale contro il 10% di Fiat comperato da GM; la gestione esemplare da parte del nuovo CEO della famosa “put option” con penale allegata in caso di mancata esecuzione da parte della casa USA fu il segnale che a Torino c’era un uomo forte e capace al comando. Con la liquidità così incassata Fiat poté beneficiare di una «provvidenziale e sostanziale» iniezione di cassa a sostegno del rilancio.

La seconda operazione, la più famosa dell’era-Marchionne, fu l’ingresso in Chrysler: una operazione immaginata, impostata, gestita in totale autonomia da parte del CEO, che dimostrò – come sa fare solo un grande generale – di saper definire il campo di battaglia, la strategia di attacco, i tempi rapidi della vittoria. Si era nel primo mandato Obama, Chrysler era sull’orlo della bancarotta finanziaria oltre ad avere un problema di gamma di prodotti (pick-up e jeep) che consumavano troppo carburante e quindi erano soggetti a penalizzazioni tasse e limitazioni in molti stati americani; Marchionne colse l’attimo, offrendo all’amministrazione USA ed alla terza casa di Detroit la tecnologia (i motori Fiat a basso consumo) in cambio di azioni; in cambio della fornitura di tecnologia, e senza spendere un dollaro, Fiat ottenne una quota di Chrysler, poi elevata sino al 25% al momento della immissione sul mercato delle vetture equipaggiate con i motori a basso consumo, sempre senza versare un dollaro come capitale; quota incrementata sino a raggiungere il controllo col 58,5% nel gennaio 2012, con una serie di acquisti delle azioni in mano ai governi e sindacati di USA e Canada, sulla base di prezzi pre-concordati. Nel gennaio 2014 il controllo di Chrysler giunse al 100%, passo necessario per giungere ad una fusione societaria che diede origine a FCA. Marchionne aveva salvato Chrysler, aveva conquistato Chrysler, aveva così salvato il gruppo, che da operatore prevalentemente europeo (e latino-americano) era divenuto un player importante negli USA, ancora il mercato mondiale più importante.

Un filo rosso, oggi ben visibile, unisce la seconda operazione alla terza, e poi alla quarta (ancora in fieri).

marechionne

Con la creazione di FCA si prospettava la terza operazione: la separazione, esecutiva dal gennaio 2011, attraverso scorpori e scissioni, delle attività del gruppo fra automobilistico (FCA coi suoi marchi) ed industriale (Fiat Industrial; ora CNH Global), rendendo così più attraenti i rispettivi business per ulteriori, future operazioni (accordi, M&A); ulteriore “chicca”, l’operazione prevedeva la creazione di azioni a voto plurimo, che in caso di delibere assembleari su materie straordinarie (cessioni, acquisizioni, fusioni) consentiva, e consente, agli azionisti “stabili” che avessero detenuto le azioni per un periodo di 2 anni prima e dopo gli scorpori fatti di avere un voto doppio, e quindi un potere accresciuto (principali beneficiari del voto plurimo: il gruppo di controllo riunito intorno alla famiglia Agnelli e quegli investitori finanziari, come fondi, che hanno creduto nelle sorti del gruppo). La terza operazione fu anche propedeutica alla quotazione, di successo, di Ferrari, valutata al momento dell’IPO secondo criteri e multipli da azienda del lusso.

In 14 anni Marchionne ha visto il valore del gruppo moltiplicarsi per 10, creando valore per tutti gli azionisti che negli anni hanno dato fiducia al CEO ed alla politica del gruppo.

Ma a Marchionne questo non bastava: aveva in cantiere la quarta operazione, quella “finale” per rendere le partecipazioni della holding di gruppo meno dipendente dalla old economy (auto e veicoli industriali) e più presente su media, servizi finanziari ed assicurativi, in ottica globale. La quarta operazione, prevista entro la fine del 2019 che ora altri saranno chiamati a realizzare, è “accasare FCA” con un gruppo compatibile per dimensione, presenza geografica, gamma prodotti; le indiscrezioni portano a pensare alla coreana Hyundai; il prossimo futuro dirà se, come e quando qualcosa si realizzerà.

Il messaggio che lascia Marchionne è chiaro: studiare, immaginare, osare quello che per altri non è possibile, con pazienza, coraggio, perseveranza. Thank you, Sergio.

Twitter @CorradoGriffa