categoria: Neos Lex
L’operazione Strade Sicure, soldi spesi bene?
Gli autori di questo post a cura di Neos Magazine sono Emil Bandoni, studente del secondo anno di Economia e commercio presso l’Università di Torino e Junior Allievo presso il Collegio Carlo Alberto , e Alessio Mitra, master student in Applied Economics alla University of Bath (UK) –
Politica valutata: Operazione Strade sicure e pattugliamento dell’esercito nelle strade.
Obiettivo: Riduzione della microcriminalità; effetto deterrente.
Effetto: Positivo per la presenza statica delle forze dell’ordine in zone sensibili, non significativo per i pattugliamenti.
Iniziata il 4 agosto 2008 sulla base della lg. 125/2008, l’Operazione Strade Sicure è stata uno dei cavalli di battaglia del governo Berlusconi. L’Operazione aveva ed ha lo scopo di portare supporto alle forze dell’ordine, integrandone l’organico con militari dell’Esercito.
Originariamente il programma includeva l’utilizzo delle forze militari sia per attività di pattugliamento che per presenza statica. La presenza statica, al contrario del pattugliamento, consiste nell’impiego di militari esclusivamente per il presidio di obiettivi sensibili. A seguito del cambio di governo e della nomina al Ministero della Difesa di Roberta Pinotti, l’operazione è stata ridimensionata, lasciando ai militari il compito esclusivo di presidio di obiettivi sensibili (presenza statica) e abolendo i pattugliamenti.
Il programma ha riportato complessivamente dei risultati soddisfacenti: l’operazione ha consentito 15500 arresti in 9 anni, 2,2 tonnellate di sostanze stupefacenti sequestrate e quasi tre milioni di individui controllati dai militari.
Sul sito dell’Esercito italiano si attribuisce il merito di tali risultati all’effetto deterrente che la presenza dei militari sul territorio esercita sulla microcriminalità.
Alla luce dei risultati positivi, risulta inoltre interessante chiedersi se la scelta di eliminare i pattugliamenti dal programma sia stata una decisione proficua o controproduttiva. Si sarebbero potuti ottenere risultati migliori in presenza anche di pattugliamenti da parte delle forze armate? Sebbene la risposta possa sembrare scontata, un’analisi rigorosa dei dati risulta necessaria al fine di considerare eventuali risultati controintuitivi. La letteratura scientifica può quindi venire in nostro soccorso.
Nel paper “Do Police Reduce Crime? Estimates Using the Allocation of Police Forces After a Terrorist Attack” a cura dei professori Rafael Di Tella ed Ernesto Schargrodsky, pubblicato per l’American Economic Review, viene analizzata la relazione tra presenza statica delle forze dell’ordine e crimine.
Nel paper si conviene innanzitutto che criminalità e polizia si influenzino reciprocamente nel senso più ovvio: la polizia va dove ci sono i criminali, i criminali vanno dove non c’è la polizia, in un loop continuo. Il 18 luglio 1994 la principale sinagoga di Buenos Aires venne colpita da un tragico attentato, ed in risposta all’evento il governo argentino decise di fornire una protezione continua a più di 270 istituzioni ebraiche e musulmane (per timore di ritorsioni) sparse per la nazione.
Di Tella e Schargrodsky hanno sfruttato questo aumento improvviso della presenza di polizia per verificarne l’effetto della “presenza statica” sulla criminalità comune. Per semplicità vengono considerati soltanto furti d’auto, ma gli stessi risultati possono essere facilmente generalizzati ad altre sfere della microcriminalità. Le stime suggeriscono che la presenza di polizia in un isolato induca una riduzione del 75% dei furti d’auto, su base mensile. In breve, la presenza fissa e visibile di polizia porta ad un grande effetto riduttivo sulla criminalità, effetto però fortemente concentrato nella zona immediatamente vicina al luogo presidiato dalle forze dell’ordine. Secondo i risultati dei due ricercatori, infatti, l’effetto deterrente diventa quasi irrilevante già ad un isolato di distanza.
Un secondo paper “Police Patrols and Crime” a cura dei professori Giovanni Mastrobuoni e Jordi Blanes i Vidal, pubblicato per il Centre for Economic Policy Research, considera invece gli effetti sulla criminalità dei pattugliamenti.
Il paper sfrutta un’operazione della polizia dell’Essex (Regno Unito) dove, a partire dall’ottobre 2013, ogni giovedì un team di analisti identificava le aree con maggiore tasso di furti con scasso ed forniva indicazioni per aumentare di conseguenza i pattugliamenti della polizia per la settimana successiva nelle aree selezionate.
Mastrobuoni e Vidal confrontano queste aree con maggior attività di pattugliamento con altre zone coinvolte in furti con scasso che non hanno ricevuto questo tipo di trattamento. Analizzando i dati di 8662 furti, tra aree trattate e aree non trattate, risulta che l’effetto dei pattugliamenti nella riduzione di furti (microcriminalità) non è statisticamente rilevante. In altre parole, aumentare i passaggi della polizia sembra non avere alcun effetto significativo.
In conclusione, risulta ragionevole sostenere come l’abolizione dei pattugliamenti dal programma “operazione strade sicure” sia stata positiva. I due paper analizzati, combinati tra loro, confermano l’effettiva utilità dei presidi di polizia, che tuttavia diventa virtualmente zero quando questa presenza è limitata al pattugliamento. Risulta però necessario puntualizzare come entrambi i paper trattino casi specifici, la cui generalizzazione al caso italiano risulta ragionevole, ma non in questa sede dimostrata.
Una diretta conseguenza potrebbe essere la necessità di puntare maggiormente su politiche di sicurezza interna che concentrino le risorse disponibili in poche aree limitate, garantendo una risposta più efficiente e veloce alle chiamate di emergenza (come proposto dagli stessi Mastrobuoni, Blanes i Vidal e Kirchmainer in due altri paper del 2015 e del 2017).
Twitter @neosmagazine