Il lavoro ai robot? Formazione e intelligenza emotiva per fermare l’invasione

scritto da il 19 Marzo 2018

L’autore del post è Stefano Denicolai, professore di Innovation Management e responsabile del Master in International Business and Entrepreneurship, Università di Pavia

Sei operatore finanziario o commercialista? Radiologo? Forse farmacista o saldatore specializzato? Bene, entro 5 anni perderai il tuo posto di lavoro: saranno le macchine a portartelo via. Quantomeno c’è chi sostiene qualcosa di simile. Proviamo tuttavia ad approfondire la questione prima di fare un salto al Caf.

Il World Economic Forum nel 2017 presenta dati secondo cui entro il 2020 l’intelligenza artificiale (in breve: AI) porterà alla perdita di oltre 5 milioni di posti di lavoro. Uno scenario preoccupante, che ha portato molti a teorizzare nuovi modelli di welfare, i quali spaziano dallo stimolante all’avventuroso. Non intendo iscrivermi al club, non stavolta, quanto piuttosto insinuare il dubbio che la questione vada aggredita da una prospettiva differente.

Lo spunto di riflessione nasce da un nuovo studio del World Economic Forum, in collaborazione con Accenture, che ad inizio 2018 ha ridimensionato le stime: ora pare che solo il 16% delle professioni possa essere a rischio nei prossimi 10 anni (1). Allo tempo stesso, una ricerca Infosys (2) afferma come la quota di professioni che saranno in parte automatizzate sarà pari a circa l’80%. Una lettura integrata di questi dati ci dice che il numero di mansioni rimpiazzate dall’intelligenza artificiale sarà ben più limitato di quanto non si creda, mentre saranno moltissime quelle che ne saranno a vario titolo impattate. Ciò porterà comunque ad una riduzione dei posti di lavoro, ma cambia radicalmente la prospettiva.

Un esempio aiuta a comprendere meglio la portata di questa considerazione. L’Università di Harvard ha condotto un esperimento in cui un gruppo di patologi è riuscito a diagnosticare casi di cancro al seno con un’accuratezza pari al 96%. Le stesse biopsie sono state analizzate anche da un sofisticato sistema AI, il quale ha saputo qualificare correttamente la malattia nel 92% dei casi. Insomma, ad oggi l’uomo batte ancora la macchina? Chi se ne importa, perché il risultato sorprendente è un altro: un campione di patologi assistito dallo stesso algoritmo ha condotto a diagnosi accurate nel 99,5% dei casi. L’implicazione è evidente: si va verso un gioco di squadra, più che verso un puro effetto sostituzione.

La rivoluzione che ci attende sarà poco tecnologica e molto culturale. Per affrontare questi cambiamenti occorre anzitutto smettere di ragionare per categorie: imbianchini contro ingegneri informatici, uomini contro macchine, scapoli contro ammogliati. Dobbiamo piuttosto accettare che il lavoro diventa granulare: è sempre meno importante redigere liste di compiti che assieme identificano una “categoria professionale”, mentre occorre passare a sistemi dinamici di aggregazione-disaggregazione-ricombinazione degli stessi compiti, dove molti di questi saranno svolti in team fra uomo e macchina.

Sarà un cambiamento dirompente, dove la preoccupazione principale dovrebbe essere quella di comprendere come adattarsi al nuovo scenario, più che quella di restare senza lavoro. Lo dice bene Erik Brynjolfsson, noto professore del MIT di Boston: “Chi non sa usare l’intelligenza artificiale non deve avere paura di quest’ultima. Deve piuttosto preoccuparsi delle persone che la sanno usare: sono loro che gli porteranno via il posto di lavoro, non le macchine”.

Bene, ma in concreto come cambierà il lavoro di domani? Vi è ancora molta incertezza, ma la ricerca sul tema – compresa quella che facciamo all’Università di Pavia – ci offre qualche spunto. Si potrebbe partire da ciò che l’intelligenza artificiale non sa fare troppo bene: i lavori che richiedono spiccata manualità, i compiti creativi, quelli basati sull’interazione fra le persone. Tuttavia così facendo si cade ancora nello stesso errore: una mentalità basata sulla dicotomia uomo-macchina non ci porterà lontano. Ad esempio, anche i lavori creativi sono in via di profondo rinnovamento. I designer di Airbus utilizzando un sistema AI sono riusciti a progettare una cabina dove semplicemente cambiando la forma della stessa hanno ottenuto un risparmio pari al 50% del carburante necessario in volo.

La vera rivoluzione è negli skills: bisogna fondere intuito e decisioni trainate dai dati, la cultura della sperimentazione diventa cruciale per svariate figure professionali, l’intelligenza emotiva – ossia saper leggere le emozioni degli altri e saper valorizzare queste informazioni – sarà sempre più un plus cercato dai dipartimenti HR. Non solo: bisognerà imparare a ottenere il massimo dal dialogo con le macchine, oltre che da quello con le persone. Forse ciò non significa intuire quali moine dover fare ad un algoritmo con poca autostima per convincerlo che l’azienda punta su di lui… ma di sicuro dovremo capire che interfacciarsi con un sistema AI è diverso che utilizzare un laptop.

Purtroppo non ci stiamo preparando adeguatamente a questi cambiamenti: decine di fonti testimoniano gli enormi investimenti da parte delle grandi imprese in AI. Tuttavia, solo il 3% degli executive ha pianificato un investimento in formazione su competenze legate all’intelligenza artificiale (3).

Il noto test di Turing ci dice che una macchina potrà davvero essere considerata intelligente solo quando non saremo più in grado di distinguere se “dall’altra parte del filo” c’è una persona o un computer. Oppure, quando non sarete in grado di capire se questo articolo è stato scritto da una persona o da un sistema AI. Nell’attesa che ciò avvenga, vi informo che un software mi ha aiutato ad adattare il linguaggio rispetto allo stile di Econopoly, ha compreso il tema trattato e in autonomia mi ha cercato i dati necessari a rafforzare le argomentazioni discusse. O forse non è vero, ma succederà molto presto.

Twitter @sdenicolai

NOTE

1- The New Production Workforce: Responding to Shifting Labour Demands, 2018. World Economic Forum. Available at: https://www.weforum.org/whitepapers/the-new-production-workforce-respondingto-shifting-labour-demands. 

2- AMPLIFYING HUMAN POTENTIAL 2017 

3- Fonte: Accenture Future Workforce Worker and C-Suite Surveys 2017.