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Non è la cattiva Germania a far crescere gli attivi dell’Eurozona
Molti si sono stupiti scoprendo che l’Eurozona è diventata il primo Grande Creditore globale, visto che il suo saldo corrente della bilancia dei pagamenti ormai è stabilmente sopra il 3%, l’unico a crescere in tempi recenti a differenza di quanto è accaduto ad altri. L’Eurozona (EZ) eccedentaria viene raccontata come l’ennesimo capitolo del lungo libro sugli squilibri globali, e quindi come uno dei fattori che li alimentano, col retropensiero che in fondo la grossa parte di questa responsabilità ce l’abbiano i tedeschi. Questa narrazione è icasticamente rappresentata in un post pubblicato alcuni giorni fa dalla Fed di St.Louis il cui titolo dice già tutto quello che c’è da sapere: “La Germania e l’aggiustamento negli squilibri di conto corrente”. Il succo è presto detto. Come si osserva dal grafico in basso, aggiornato al 2015, la Germania ha visto aumentare i suoi attivi correnti sul Pil, e quindi non ha intrapreso alcun processo di correzione, a differenza di quanto accaduto in Cina, che ha diminuito i suoi attivi, e negli Stati Uniti, che hanno fatto lo stesso con i loro passivi. Questo raccontino sembra scritto apposta per sostenere le proteste che l’amministrazione Usa rivolge così spesso ai tedeschi, ma forse merita un minimo di approfondimento in più. E il caso vuole che il saldo corrente dell’EZ sia analizzato nell’ultimo bollettino della Bce, che ha il pregio di farci vedere meglio la situazione.
La prima evidenza che bisogna osservare è che fra il 2014 e il 2016 buona parte della crescita dell’attivo corrente dell’EZ è dovuta al calo dei prezzi petroliferi più che all’aumento del commercio estero. si evince con chiarezza da questo altro grafico.
Se guardiamo ai gruppi di paesi con i quali l’EZ commercia, la Bce osserva che il surplus delle merci verso i paesi Ue non euro è arrivato al 2% del Pil, tre quarti dei quali verso il Regno Unito (a futura memoria per la Brexit), mentre nei confronti degli Usa questo surplus vale lo 0,9%. Al contrario, l’EZ è deficitaria verso la Cina, per lo 0,6% del Pil, e la Russia, per lo 0,2%.
Ma la parte più interessante è proprio quella relativa al contributo tedesco a questi attivi. “La Germania ha contribuito alla maggior parte del surplus dell’EZ nel 2016 – scrive la Bce – malgrado altri paesi abbiano dato un contributo significativo”. Per la precisione, la Germania ha avuto un surplus pari al 2,4% del Pil dell’EZ, seguita dall’Olanda con lo 0,6%, da Italia, Spagna e Irlanda, che hanno oscillato fra +0,1 e +0,4%, mentre la Francia è ancora deficitaria per lo 0,2%.
Ma se osserviamo il grafico qui sopra, che allunga lo sguardo a partire dal 2002, scopriamo ancora di più. Notiamo ad esempio che il surplus tedesco è all’incirca al livello del 2007-8, dove è arrivato dopo la lunga galoppata partita a inizio secolo, e da lì si è mosso poco, sia al ribasso che al rialzo, e ha intrapreso un percorso di diminuzione dal 2015. Ossia l’anno in cui si ferma l’analisi della Fed. Sono stati gli attivi degli altri paesi a far crescere quello dell’EZ, e sempre ricordando la rilevante importanza relativa del calo del petrolio.
Guardando ai singoli paesi, osserviamo che nel 2016 rispetto al 2015, sia la Germania che l’Olanda, hanno diminuito il saldo, che pesa circa per l’85 del loro Pil, proprio come l’Irlanda, che stava addirittura sopra il 10% ed è scesa a poco più del 4%. Al contrario, noi italiani abbiamo visto crescere il nostro attivo corrente da meno del 2% a circa il 2,5. Si può auspicare che l’Eurozona faccia di più per contribuire al riequilibrio globale, magari investendo in casa quello che invece presta generosamente all’estero (per lo più negli Usa). Ma tutta l’Eurozona, non solo i tedeschi.
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