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Cosa deve succedere perché Macron sia in grado di governare
Pubblichiamo un post di Christopher Dembik, head of Macro Analysis di Saxo Bank –
“Non vi è alcuna controversia tra il Ministro delle Finanze e me. Per una semplice ragione che riguarda in particolare la difesa. Io decido e lui fa ciò che io decido”. Jacques Chirac, 14 luglio 2004
Le cinque principali deduzioni dalla prima tornata elettorale:
1 – Diversamente da quanto è accaduto ai tempi della Brexit e delle elezioni USA, i sondaggi in Francia hanno dimostrato di essere altamente attendibili. E’ stata infatti utilizzata una metodologia che ha ridotto al minimo il margine di errore.
2 – Il Front National ha perso terreno rispetto ai risultati della prima tornata elettorale delle elezioni regionali nel 2015 (21,3% vs. 28%).
3 – In un sistema che è stato per decenni dominato dal bipartitismo (socialisti e repubblicani), Macron è stato molto abile nel replicare il successo di Charles De Gaulle, sostenendo la rinascita di una terza importante corrente politica nel Paese.
4 – Il voto accordato al fondatore di En Marche” ha creato un punto di rottura geografico con le precedenti elezioni politiche, dal momento in cui ha preso il sopravvento nelle regioni con un forte radicamento democratico Cristiano, ma anche nei tradizionali bastioni del Partito Socialista (come ad esempio il dipartmento Puy-de-Dôme e le grandi aree urbane in cui la classe medio-alta rappresenta una quota di popolazione più alta rispetto alle altre aree).
5 – Il rischio più importante per gli investitori nel 2017 è che hanno prestato un’attenzione eccessiva al rischio politico. Come già accaduto negli ultimi mesi in Austria, Olanda e Francia, questo rischio è stato sopravvalutato dai mercati.
Il nome del vincitore al ballottaggio non è un mistero:
Emmanuel Macron sarà il prossimo presidente francese. Attualmente i sondaggi lo danno intorno al 60% dei voti contro il 40% di Marine Le Pen. E’ probabile che il divario si riduca con l’avvicinarsi del voto. E questo è un punto cruciale che non è ancora stato valutato dal mercato. Potrebbe infatti creare nuove tensioni riguardo agli asset finanziari francesi e incrementare lo spread dei titoli d’Oltralpe. In ogni caso l’alleanza “informale” contro Le Pen dei partiti tradizionali, per quanto messa in discussione, dovrebbe portare molti elettori a cambiare le loro iniziali intenzioni elettorali nei confronti di En Marche per portare Macron alla vittoria. Comunque, sarebbe un errore mettere a confronto la percentuale di voti che Emmanuel Macron otterrà con quella ottenuta da Chirac nel 2002 (nella seconda tornata contro il padre di Marine Le Pen, allora leader del Front National), dato che, nel frattempo, la crisi finanziaria del 2007 e la strategia di “dédiabolisation” attuata dal FN a partire dal 2011 hanno contribuito a un considerevole ampliamento della base elettorale del partito di estrema destra.
Marine Le Pen non riuscirà a rompere il muro del pregiudizio. Dopo aver ottenuto 7,7 milioni di voti nel primo round, sulla base di un’affluenza alle urne nella media e a quota 81,5%, nella seconda tornata il Front National avrebbe bisogno di 10 milioni di voti in più per vincere. Un’ipotesi praticamente impossibile alla luce delle intenzioni di voto.
L’unico grande punto di incertezza riguarda l’astensione, che può essere più alta del dato medio del 20%. Comunque sarebbe necessaria una caduta dell’affluenza alle urne del 50% per riportare la Le Pen sul ring contro Macron. E in questa eventualità le servirebbero solo 12 milioni di voti per vincere. Ma è difficile che ciò accada.
La questione fondamentale per la Francia è se Macron avrà o meno la maggioranza in Parlamento necessaria per portare avanti il piano di riforme dopo le elezioni dell’11 e 18 giugno.
I quattro scenari possibili:
a – Maggioranza assoluta di 289 seggi. In linea con lo spirito della Costituzione della Quinta Repubblica (fondata nel 1958) e le riforme costituzionali portate avanti da Settembre del 2000, i voti che risultano da una maggioranza per il Presidente formata da En Marche, i “Macron-compatibles”, i membri dell’Udi (Unione dei democratici e indipendenti) e i sostenitori di Alain Juppé, consentirebbero di mettere a segno tutte le riforme promesse. Questo scenario comporterebbe un boom di consensi attorno a Macron (che però nel primo turno non si è visto), un tracollo del Partito socialista e una divisione del partito dei Repubblicani. Ed è per questo abbastanza improbabile.
b – Maggioranza Relativa. Questo è per noi lo scenario più probabile. Considerando che non abbia una maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale, Macron e il suo governo dovranno lavorare per ottenere, sulla base di una politica legata ai singoli decreti governativi, il supporto per ciascuno dei singoli atti. Questo scenario è credibile e possibile. I confini politici sono ancora in movimento, dato che importanti rappresentanti dei Repubblicani hanno manifestato apertamente il loro interesse a collaborare con Macron. Se fosse così, ci vorrà un primo ministro che sia un abile negoziatore, per esempio Richard Ferrand, un rappresentante del Partito Socialista e il Segretario Generale di En Marche. Questo scenario sarebbe inusuale, ma non nuovo nella storia della Quinta Repubblica, poiché, per esempio, il primo ministro socialista Michel Rocard si è trovato davanti alla stessa situazione dal 1988 al 1991. A quel tempo, ottenne il supporto dei parlamentari del centro, mentre il partito comunista restò neutrale. Il periodo 1988-1991 fu caratterizzato da grandi riforme, come l’introduzione del Csg, una riforma del welfare sociale, la reintroduzione del Isf (la tassa sui capitali), e la creazione dell’RMI (sussidio di disoccupazione). La Costituzione francese è sufficientemente ben strutturata per fronteggiare queste circostanze e consentire anche a un governo con una maggioranza relativa di portare avanti un piano di riforme.
c – Governo di coalizione con i Repubblicani o con l’Udi. Questo è per noi il secondo scenario più probabile. In questo caso avremmo il quarto governo di coalizione dal 1958. Invece di trasformarsi in un “monarca repubblicano”, il ruolo di Macron sarebbe limitato a presidente con poteri contenuti e non sarebbe di certo messo nelle condizioni di mettere in atto il suo ambizioso programma di politiche economiche. Avrebbe pieni poteri in alcune delimitate aree come la Difesa e la Politica Estera, ma un ruolo molto meno significativo nella politica interna.
d – Balcanizzazione dell’assemblea nazionale. Questo è lo scenario peggiore, che durante lo spoglio delle schede al primo turno sembrava concretizzarsi, ma che invece dovrebbe essere scongiurato. I risultati raggiunti dai principali quattro candidati alla presidenza (ognuno attorno al 20% circa) indicano che emergeranno quattro gruppi parlamentari di dimensioni equivalenti il che porterà ad una grande instabilità politica, un ritorno all’era della Quarta Repubblica. Questo ragionamento, però, è totalmente falsato. La popolarità a livello nazionale di Jean Luc Mélenchon non si rispecchia nei risultati ottenuti dal Fronte di Sinistra o dal Partito Comunista Francese a livello locale, e avranno bisogno del Partito Socialista per vedere eletti i loro candidati in Parlamento. Inoltre il fatto che il sistema elettorale francese, per l’elezione dei membri dell’Assemblea nazionale, non sia a base proporzionale significa che il Front National non avrà molti parlamentari eletti (attualmente ne ha soltanto due).
Twitter @Dembik_Chris