categoria: Vendere e comprare
Nessuna azienda è perfetta, ma coltivare talenti si può: ecco noi per esempio
Pubblichiamo un post di Federico Isenburg, ceo di Easy Welfare –
Personalmente credo molto nel dare/avere, nella vita così come nel lavoro. Ogni azienda, anche in un oggi difficile, può sviluppare le proprie potenzialità e diventare un luogo incontaminato in cui sviluppare i talenti.
“Lavoro in quell’azienda non perché devo, ma perché voglio“. Questo dovrebbe essere il pensiero su cui basare le proprie scelte. L’ambiente di lavoro, in quest’ottica, svolge un ruolo da protagonista.
1. Desk Sharing: è vero, pensare di avere una scrivania fissa è rassicurante. Ma allontanarsi dall’abitudine non è sempre un male. Desk Sharing significa dare la possibilità ad ognuno di sedersi dove meglio crede. Ogni mattina una postazione diversa, questo per incentivare la collaborazione tra le aree e la nascita di progetti che, altrimenti, non avrebbero visto la luce. Competenze, specializzazioni e abilità diverse che diventano un tutt’uno.
2. Social Floor e Aree Relax: I momenti di lavoro devono essere alternati a momenti di pausa e socializzazione. È importante avere zone dedicate allo svago, e non parlo solo di un’asettica macchinetta del caffè. Una partita a calciobalilla? Una sfida a ping-pong? L’ambiente di colpo diventa più familiare ed amichevole, sia per chi vi lavora sia per chi, dall’esterno, visita gli uffici.
3. Smart Working: Questa nuova filosofia lavorativa è caratterizzata da una maggiore flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare, a fronte di una crescente responsabilizzazione sui risultati. Da casa, dalla biblioteca, dalla tua residenza in montagna. Non importa dove, purché il tuo lavoro sia di qualità.
In un presente in cui seguire le proprie passioni sembra un lusso che solo pochi giovani possono permettersi, ci sono ancora realtà che danno spazio al futuro, perché è di questo che vi voglio parlare: condizioni favorevoli per costruire la propria storia.
Così, tra le percentuali dei dati ISTAT che ci ricordano giornalmente l’elevato tasso di disoccupazione giovanile e la fuga dei cervelli all’estero vorrei fare passare un messaggio: ci sono ancora cose belle, italiane, sane e in crescita.
Dopo essermi laureato in Economia all’Università Bocconi di Milano ho lavorato in diverse aziende. La crisi non era ancora seria come poi è apparso chiaro a tutti e questo mi ha permesso di farmi le ossa, crescere professionalmente e non solo. E dunque 2007, la partenza: a quasi trent’anni, un piccolo appartamento vicino alla stazione centrale, una vasca utilizzata come serbatoio per l’acqua (se solo lo sapesse oggi la mia amministrazione…) e la voglia e la determinazione di coltivare la propria passione. All’epoca nessuno – e dico nessuno – sapeva cosa fosse il welfare aziendale, forse nemmeno io. La vera scelta è stata andare controcorrente, lavorare in un settore nuovo, farsi le ossa, sbagliare… e sbagliare nuovamente.
Oggi Easy Welfare conta su oltre 100 collaboratori, età media circa 29 anni. Al vertice un team direzionale costituito da cinque responsabili d’area, con me dagli albori, 30 anni per capo ma la fiducia di una vita intera.
La maggior parte del team è entrata con un’esperienza di stage per poi venire assunta con un contratto di apprendistato. Siamo un’azienda lontana dall’essere perfetta, ma credo sia questo il nostro vero punto di forza. Credo sia veramente fondamentale oggi credere nei giovani, nella loro voglia di fare, di tentare, di essere incoscientemente alla ricerca dell’innovazione, sempre.
Per tenere viva l’azienda bisogna circondarsi di persone appassionate: il neolaureato che ha appena finito un master e vuole mettere in pratica quello che per anni ha visto solo sui libri, il ragazzo che dopo essere passato da uno stage all’altro ha voglia di un posto in cui coltivare la sua carriera. La crescita nasce dalla responsabilizzazione, dalla capacità di prendere decisioni in autonomia, per questo la delega diventa uno strumento fondamentale, anche per le persone neoassunte.
È una storia in controtendenza, ma reale. Questa come tante altre realtà imprenditoriali italiane che sono fatte da giovani e che danno spazio ai giovani.
Twitter @fisenburg