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Rivoluzione e-banking, tanto per (non) cambiare l’Italia è in forte ritardo
Prendendo in considerazione i dati diffusi dalla BCE sui 28 paesi dell’Unione Europea, si osserva che la redditività bancaria negli ultimi anni è stata particolarmente bassa. La media semplice del ROE, ovvero l’utile espresso in percentuale del capitale, di tutti i paesi dell’UE28 per il periodo compreso tra il 2010 e il 2015, è stata negativa per quattro punti percentuali. Tra i principali paesi europei la Francia ha registrato un modesto +6%, UK +3%, Germania +2%, Spagna 0% e infine l’Italia -4% (grafico 1). Molto negativo è stato il risultato delle banche cipriote e slovene (-28%), così come di quelle croate (-15%) e greche (-12%).
Grafico 1. UE28: Return on Equity (ROE)
Dati medi consolidati in percentuale relativi al periodo 2010-2015
Fonte: elaborazioni BEM Research su dati BCE.
Diversi sono i fattori che hanno contributo a questo deludente risultato. In primo luogo, la crisi finanziaria ha fatto emergere le carenze con cui le banche commerciali valutavano nel periodo pre-crisi l’affidabilità dei debitori, soprattutto quelli di maggiore dimensione. A questo si devono aggiungere le difficoltà nel continuare a operare nel mercato del credito con tassi d’interesse vicino allo zero, se non anche negativi in alcuni casi, e la rigidità dei costi operativi. In questo quadro particolarmente difficile si è aggiunta anche l’innovazione digitale, che se da un lato ha permesso di offrire servizi bancari evoluti attraverso il web (il cosiddetto e-banking), ha allo stesso tempo consentito ad operatori extra-bancari di conquistare grosse quote di mercato su segmenti in passato di esclusivo appannaggio degli istituti di credito.
È il caso ad esempio dei sistemi di pagamento, dove operatori come PayPal o Google Wallet stanno sparigliando la concorrenza delle banche tradizionali. Ma anche sul fronte del mercato del credito comincia a farsi sentire la spinta delle tecnologie applicate alla finanza (cosiddetto FinTech). Il mercato del crowdfunding, ovvero dei finanziamenti tra privati attraverso il web, seppur di dimensioni contenute ha evidenziato, in termini dinamici, una crescita esponenziale. Negli Stati Uniti è passato da meno di 30 milioni di dollari del 2009 a circa 1,7 miliardi nel 2015.
L’industria bancaria spesso vive questi cambiamenti con angoscia, subendoli piuttosto che cavalcandoli per cercare quelle innovazioni che potrebbero intercettare l’interesse della clientela, attuale e futura.
Dal Rapporto sull’e-banking 2017, diffuso recentemente da BEM Research, emerge come una maggiore digitalizzazione dei rapporti con la clientela famiglie potrebbe offrire un beneficio ai disastrati conti economici degli istituti di credito. Alcune stime econometriche mostrano infatti come l’internet banking consenta di aumentare l’efficienza, ovvero di ridurre l’incidenza dei costi operativi rispetto ai ricavi, e di incrementare la redditività. Attraverso l’internet banking potrebbero essere veicolati altri servizi più evoluti e a maggior valore aggiunto per le banche. Inoltre, l’uso delle home banking consente di generare un ingente flusso di informazioni (big data) utili per la profilazione e fidelizzazione dei clienti.
Se in definitiva l’e-banking può essere una grande opportunità per le banche, il quadro che viene delineato dal Rapporto e-banking 2017 mostra l’Italia in grandissimo ritardo rispetto al resto d’Europa. L’internet banking è stato utilizzato nell’Area euro da poco meno di un abitante su due nel corso del 2015; in Italia non si è superato il 30% (grafico 2). Tra gli altri grandi paesi dell’eurozona fanno molto meglio di noi Spagna (39%), Germania (51%) e Francia (58%).
Grafico 2. UE28: individui che hanno utilizzato l’internet banking
Dati in percentuale della popolazione relativi al 2015
Fonte: elaborazioni BEM Research su dati Eurostat.
La propensione o meno all’utilizzo dei servizi di e-banking appare condizionata da alcuni fattori quali: livello di istruzione, occupazione, densità della popolazione, barriere tecnologiche, uso di dispositivi mobili, età e sesso.
Ma cosa fare per aumentare la diffusione dell’e-banking in Italia?
Sul fronte della domanda bisogna agire primariamente sugli aspetti culturali. Giovani con basso livello di istruzione e persone adulte dovrebbero essere accompagnate verso un maggior utilizzo degli strumenti digitali attraverso campagne di formazione e informazione. Sul fronte dell’offerta maggiore attenzione dovrebbe essere probabilmente prestata per semplificare la modalità di fruizione dei servizi bancari via web, al fine di garantire facilità di accesso preservando allo stesso tempo elevati standard di sicurezza.
Il sistema bancario italiano dovrebbe sfruttare uno dei suoi apparenti punti deboli, ovvero l’alta presenza sul territorio attraverso filiali, per cercare di colmare il gap culturale della clientela. A tal fine la funzione degli sportelli andrebbe radicalmente ripensata: attraverso le filiali si dovrebbe puntare ad aiutare famiglie e piccoli imprenditori a comprendere meglio l’uso della tecnologia, ma anche ad accrescere la cultura finanziaria, altro forte punto debole italiano.
Lo sportello potrebbe quindi diventare un punto di contatto per accompagnare la clientela verso una modalità di relazione multicanale, che sfrutti appunto il web, ma anche i promotori finanziari e i call center per dialogare al meglio con famiglie e imprese.
Twitter @MilaniC