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Anche l’economia mondiale sente la primavera (e va più del previsto, per ora)
Pubblichiamo un post di Fedele De Novellis, partner ed economista senior di REF Ricerche –
La congiuntura economica internazionale nel corso degli ultimi anni ci ha abituati a mutamenti di tendenza anche repentini. Dopo diverse false partenze e accelerazioni mancate, le delusioni subite hanno portato gli analisti a formulare valutazioni sempre più caute sulle chances di recupero dell’economia. Questo è vero in particolar modo nel caso dell’Italia.
Lo scetticismo è quindi d’obbligo, tanto più all’inizio di un anno, come il 2017, che parte all’insegna di rilevanti fattori di incertezza:
1- le incognite legate alle politiche che effettivamente verranno messe in atto dal nuovo presidente degli Stati Uniti;
2- le conseguenze che potranno derivare dalla prosecuzione della fase di normalizzazione del livello dei tassi d’interesse americani;
3- l’eventualità che, come sostenuto da diversi commentatori, il mercato azionario Usa sia stato recentemente attraversato da una fase di crescita eccessiva, destinata a sgonfiarsi;
4- la successione di passaggi elettorali che potrebbero stravolgere il quadro politico europeo; le pressioni tedesche per un rapido abbandono del Quantitative easing;
5- il terrorismo internazionale;
6- i rischi di un aumento delle tensioni sui mercati dei titoli di Stato europei, e la possibilità che vengano richieste nuove correzioni fiscali ad alcuni paesi in ritardo rispetto agli obiettivi del Fiscal Compact;
7- le difficoltà delle banche in Italia.
A partire da questo lungo elenco, anche il 2017 sembrerebbe un anno destinato a replicare gli andamenti deludenti del recente passato.
È però un dato di fatto che da pochi mesi il quadro congiunturale internazionale ha evidenziato segnali di rafforzamento piuttosto marcati che potrebbero anticipare ritmi di crescita più sostenuti rispetto a quanto ci si attendeva fino a poco tempo fa.
La tesi per cui la congiuntura internazionale si sta rivelando migliore delle attese è supportata da diverse evidenze. Innanzitutto i dati sulla produzione industriale, per ora disponibili sino a fine 2016, avevano già evidenziato una fine d’anno relativamente vivace in molte economie. In secondo luogo, i dati di gennaio e febbraio hanno mostrato un miglioramento significativo del clima di fiducia delle imprese industriali.
L’aspetto che più convince del rafforzamento congiunturale in corso è che la fase di miglioramento è condivisa da un insieme relativamente ampio di paesi. Il recupero sta interessando praticamente tutte le economie ad eccezione di pochi paesi che risentono di specifici problemi interni:
1- l’India, che sta subendo i contraccolpi di un cambiamento del sistema interno dei pagamenti dopo la decisione di limitare la circolazione del contante;
2- la Turchia, dove l’economia evidentemente subisce le conseguenze del mutamento dello scenario politico interno;
3- il Messico, dove il clima di fiducia delle imprese risente della prospettiva di un inasprimento delle barriere commerciali da parte degli Stati Uniti.
Al di là di queste eccezioni, il fatto che molti paesi stiano crescendo contemporaneamente potrebbe determinare le caratteristiche della fase ciclica appena iniziata.
Innanzitutto, proprio la crescita condivisa da più paesi potrebbe riattivare il commercio internazionale. Qui basti ricordare che da alcuni anni la crescita del commercio è stata bassissima, fino a quasi azzerarsi nel 2016. La crescita degli scambi commerciali è importante perché ha effetti diffusivi della ripresa, permettendo di recuperare terreno anche alle economie più in difficoltà sul versante della domanda interna, come è ad esempio il caso di quella italiana.
In secondo luogo, del recupero congiunturale in corso beneficiano anche i paesi produttori di materie prime, che avevano fortemente rallentato nel corso del 2016. Questo evidentemente è legato al fatto che la ripresa internazionale sta determinando un recupero della domanda di materie prime, e quindi anche delle rispettive quotazioni. Il recupero dei prezzi sta interessando anche alcune commodities tradizionalmente più sensibili all’evoluzione della domanda internazionale, come i metalli.
Terzo, della ripresa in corso si sono accorti i mercati azionari, con guadagni che hanno interessato negli ultimi mesi le quotazioni delle aziende dei comparti dell’industria e delle materie prime. La reazione positiva delle borse è anche una conferma del fatto che il rafforzamento della congiuntura ha rappresentato una sorpresa rispetto agli scenari prevalenti sino poco tempo fa.
Ecco quindi che, proprio mentre eravamo pronti a lamentare le conseguenze infauste della Trumpnomics, economia reale e mercati finanziari ci regalano un inizio d’anno positivo.
Tutto bene allora? Nel breve periodo probabilmente sì, ma oltre l’orizzonte dei due-tre mesi per i quali vale la capacità di anticipare le tendenze da parte degli indicatori congiunturali, restano le molte incognite, di natura economica e politica, che abbiamo ricordato.
Il timore è che si possa verificare una situazione simile a quella osservata a inizio 2015 quando un insieme di eventi favorevoli, poi rapidamente esauritisi, aveva lasciato presagire una fase di crescita robusta dell’economia globale.
Vi sono dunque buone ragioni che spingono alla prudenza, ma che forse stanno anche conducendo a sottovalutare la forza del momento ciclico in corso. Dopo anni di ripresa stentata, la revisione al ribasso delle aspettative potrebbe finalmente venire smentita da qualche sorpresa positiva.
Twitter @fdenovellis1