categoria: Res Publica
Sicurezza stradale, il guadagno è assicurato (se serve, per la manovra correttiva)
Il 2017 sarà un anno decisivo sul fronte dei conti pubblici italiani. Le tensioni legate al potenziale scenario di Frexit, ovvero di uscita della Francia dall’Area euro paventato dalla candidata di estrema destra alle presidenziali francesi Marine Le Pen, stanno pesando sullo spread, con potenziali riflessi sulla spesa per interesse. La Commissione Europea ha recentemente invocato una correzione pari a circa 3,4 miliardi di euro e nel 2018 scatteranno clausole di salvaguardia che implicheranno un aumento del gettito IVA per circa 20 miliardi di euro.
In uno scenario così difficile ogni euro di maggiore efficienza nella spesa pubblica ha un grande valore. Se poi si aggiunge il fatto che risparmiare su alcuni capitoli di spesa, oltre a produrre un beneficio economico, determinerebbe anche un più ampio benessere sociale, intervenire appare ancora più importante. Mi riferisco in particolare ai costi connessi agli incidenti stradali.
In un’analisi condotta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sono stati stimati i costi legati ai sinistri stradali in cui vi siano stati morti e/o feriti. Il costo umano delle vittime tiene conto della perdita di produttività per la società e dei costi delle eventuali cure mediche. Sono stati valutati inoltre i costi generali degli incidenti, riferiti ai danni dei veicoli coinvolti, alle spese per il rilievo degli incidenti da parte delle forze di polizia, ai costi legali e amministrativi di gestione, ai danni causati all’infrastruttura stradale e agli edifici. La stima del Ministero, riferita al 2010, indica un costo per un decesso derivante da incidente stradale pari a circa 1,5 milioni di euro, 42 mila euro nel caso di un ferito. I costi generali per singolo sinistro sono pari a circa 11 mila euro.
Tabella 1. Stima dei costi dell’incidentalità stradale in Italia
Fonte: elaborazioni e stime BEM Research su dati Istat e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Sulla base di queste valutazioni si può stimare il costo per la collettività degli incidenti stradali più gravi avvenuti in Italia nel 2016, stimabili nel complesso in poco meno di 170 mila sinistri, in 16,2 miliardi di euro (tabella 1). Se avessimo ridotto la sinistrosità italiana secondo quanto stabilito dall’obiettivo europeo per il 2020, ovvero dimezzando il numero di vittime registrate nel 2010, avremmo risparmiato quasi 1,8 miliardi di euro. Il risparmio in termini di vite umane sarebbe stato pari a oltre 300 persone, il cui valore affettivo supera qualsiasi stima economica.
Pur se indubbiamente sono stati fatti progressi sul fronte della sicurezza stradale, come dimostrato dalle statistiche Istat, c’è tuttavia ancora ampio spazio di miglioramento. Per comprendere dove intervenire c’è bisogno in primo luogo di analizzare in modo approfondito i fenomeni in questione e l’utilizzo dei big data può essere un utile strumento di studio. In un recente studio condotto da BEM Research sono state analizzate le statistiche Istat sugli incidenti stradali con lesioni a persone, per gli anni compresi tra il 2010 e il 2013. Il set di informazioni raccoglie, nei quattro anni considerati, oltre 220 mila sinistri e per ogni evento sono disponibili oltre 120 specifiche, come l’individuazione del luogo dell’incidente, il giorno della settimana, il mese, età e sesso dei soggetti coinvolti, ecc. Nel complesso il database costruito è composto da oltre 30 milioni di dati.
Scopo dell’analisi è stato quello di studiare i fattori che incidono maggiormente su quegli incidenti in cui ci sia stato almeno un decesso entro 30 giorni dal sinistro. Nel complesso l’1,4% dei sinistri più gravi ha visto la presenza di almeno un morto.
Concentrandosi sulle principali evidenze, è importante soffermarsi sulla rilevanza della provincia in cui si è verificato il sinistro e sulla tipologia di tratto stradale coinvolto.
Nel grafico 1 sono riportati i coefficienti stimati in corrispondenza con le 5 province in cui si è rilevata una maggiore probabilità che incidenti gravi determino la morte di uno dei soggetti coinvolti (valore positivo del coefficiente, istogramma rosso nel grafico), e le 5 province in cui invece il rischio di morte in caso di incidente è più basso (valore negativo del coefficiente, istogramma verde nel grafico). Si rileva come le province di Caserta, Crotone, Rovigo, Foggia e Cosenza siano quelle a più alto rischio, mentre Milano, Genova, Roma, Monza e Firenze mostrino una minore rischiosità. Il fattore territoriale sembra indicare una maggior incidenza della mortalità nelle province del Mezzogiorno d’Italia. Il diverso stato di manutenzione delle strade potrebbe essere un fattore alla base di questo risultato.
Grafico 1. Impatto sulla probabilità che in un incidente stradale ci sia almeno un decesso
Classificazione in base alla provincia in cui si è verificato il sinistro
Fonte: stime BEM Research su dati Istat.
Un indizio in questo stesso verso ci viene fornito dall’indicazione sull’impatto della localizzazione dell’incidente (grafico 2). Si riscontra infatti una maggiore mortalità per gli incidenti effettuati su strade statali e provinciali, ossia quelle strade che possono soffrire maggiormente della carenza di risorse necessarie per effettuare investimenti sulla manutenzione e sicurezza delle strade. Più sicure invece risultano essere le strade situate nei centri abitati e le autostrade.
Grafico 2. Impatto sulla probabilità che in un incidente stradale ci sia almeno un decesso
Classificazione in base alla localizzazione del sinistro
Fonte: stime BEM Research su dati Istat.
Sulla base dell’analisi effettuata con i big data possono essere tratte alcune indicazioni per il policy maker.
Un primo livello di interventi dovrebbe riguardare le infrastrutture, concentrando le risorse sulle strade statali e su quelle provinciali delle aree del paese in cui si riscontra una maggiore rischiosità.
Un secondo piano di interventi dovrebbe riguardare l’intensificazione dei controlli da parte delle autorità. In particolare gli sforzi andrebbero concentrati soprattutto durante il fine settimana, nelle ore notturne e nei mesi in cui si osservano i maggiori spostamenti per le vacanze.
Un terzo livello di interventi dovrebbe riguardare un piano di sensibilizzazione degli automobilisti. Renderli quindi maggiormente consapevoli del fatto che la mortalità su strada è più alta quando c’è un eccesso di fiducia nella capacità di governare il proprio mezzo, che può indurre il conducente a mantenere una velocità troppo elevata, azzardare sorpassi spericolati o utilizzare lo smartphone durante la guida.
Tale campagna dovrebbe interessare soprattutto i guidatori adulti di sesso maschile, ma ovviamente sarebbe utile verso tutte le categorie di automobilisti. Questa tipologia di interventi potrebbe portare maggiori risultati rispetto all’intensificazione delle pene introdotta con la legge sull’omicidio stradale. Se gli incidenti mortali avvengono soprattutto in momenti di “spensieratezza” del guidatore anche il pensiero di subire gravi conseguenze penali, fino al carcere, potrebbe non essere un efficace deterrente.
Infine, un aiuto alla risoluzione del problema potrebbe essere offerto dalla tecnologia a bordo delle autovetture. Se nelle vetture più recenti è presente un segnale che avvisa il guidatore quando non sono state indossate le cinture di sicurezza, qualcosa di simile dovrebbe essere attuato nel caso in cui si presentino potenziali condizioni di rischio. Il dispositivo navigatore potrebbe riconoscere i tratti stradali più rischiosi e “agire” di conseguenza emettendo, ad esempio, un avviso.
Twitter @MilaniC