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Le conseguenze di Brexit secondo l’Ocse: può fare male, ma anche molto male
Poiché si avvicina la data del referendum (23 giugno, per chi non lo ricordasse) nel quale i britannici dovranno decidere se rimanere o uscire dall’Ue era del tutto logico aspettarsi la fioritura di analisi e studi dedicati a tratteggiare la fisionomia di un possibile giorno dopo. Ciò a dimostrazione che l’ipotesi Brexit spaventa molti almeno quanto ne incuriosisce altri.
L’analisi più recente l’ha presentata pochi giorni fa l’Ocse rilasciando uno studio che prova a quantificare gli effetti dell’uscita dall’Ue per l’economia britannica e per le tasche dei cittadini, in un arco di tempo che si estende fino al 2020 e poi si allunga per un altro decennio.
Lo studio è stato presentato dal segretario generale dell’organizzazione, Angel Gurria, proprio alla London School of Economics, riconosciuto tempio del pensiero economico, sempre perché in economia, come in politica, la forma è sostanza.
Il succo è presto detto: “Un’uscita del Regno Unito dall’Ue colpirebbe immediatamente la fiducia e aumenterebbe l’incertezza. Ciò condurrebbe a un abbassamento del Pil del 3% entro il 2020”, che equivale a un costo di 2.200 sterline l’anno per ogni famiglia. In sostanza, spiega Ocse, l’uscita dall’Ue equivarrebbe a una “tassa permanente” sulle famiglie inglesi “per le generazioni a venire”. “Invece di finanziare i servizi pubblici – ha aggiunto Gurria – questa tassa sarebbe una perdita secca pura, senza alcun beneficio economico”.
L’analisi si spinge anche oltre. Un grafico illustra chiaramente i due scenari ipotizzati fino al 2030. Il primo, quello base, quota questa “tassa di uscita” fino a 3.200 sterline entro il 2030. Il secondo, quello più pessimistico, la vede arrivare fino a 5.000. Ciò in quanto “essere fuori dall’Ue danneggerà ulteriormente il commercio, gli investimenti diretti e la produttività”, sempre secondo il nostro studio. In termini di Pil, lo scenario ottimistico ipotizza una perdita di circa il 2,7% al 2030, mentre quello pessimistico arriva addirittura al 7%. Lo scenario centrale si limita a un -5%. Ben oltre, insomma, la quota di trasferimenti che al momento l’UK garantisce all’Ue e che si stima nell’ordine dello 0,3-0,4% di Pil.
Peraltro il risparmio derivante da questi mancati trasferimenti sarebbe più che compensato dal calo di entrate fiscali derivanti dalla riduzione del Pil. L’analisi stima che entro il 2019 il deficit fiscale britannico sarebbe più alto dello 0,9% del Pil. Lo studio infine sottolinea che rimanere nell’Ue consentirebbe al Regno Unito di godere degli effetti benefici sulla crescita che potrebbero derivare dagli sviluppi del mercato unico, specie adesso che si va verso l’unione del mercato dei capitali.
Insomma, le conseguenze economiche di una Brexit, per citare il titolo dello studio Ocse che richiama un celebre libro di Keynes, sono assai chiare. E sono politiche.
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