Il capitale nell’epoca della realtà virtuale e dell’intelligenza artificiale

scritto da il 21 Gennaio 2016

Il global invested capital – l’ammontare delle asset class globali – è circa 100 trilioni di dollari (pari a 100mila miliardi). Il Pil globale è 80 trilioni. Il capitale teoricamente necessario per far funzionare l’economia – chiamiamolo global working capital (GWC) – è stimabile intorno ai 46 trilioni.

Questo significa che l’ammontare degli asset globali è il doppio del capitale necessario a far funzionare l’economia. Come stiamo usando questo surplus?

Stiamo investendo in tecnologia e futuro – Uber, Tesla, viaggi spaziali con SpaceX e addirittura mining di asteroidi con aziende come Planetary Resources – e questo è un bene perché la tecnologia abbatte il GWC e di conseguenza permette a molti di possedere ciò che prima era per pochi. Basta pensare a quanto è sceso il costo di un computer o di una automobile, a parità di funzionalità.

Stiamo anche investendo in prodotti finanziari – per esempio ci sono oltre 500 trilioni (sempre in dollari) di derivati OTC – e questo rischia di provocare danni enormi, essendo la finanza un gioco a somma zero dove qualcuno vince se qualcun altro perde.

Il limite maggiore allo sviluppo di un business quindi non è più la scarsità di capitali, ma la scarsità di attenzione: abbiamo solo 24 ore al giorno di cui una buona parte utilizzate per mangiare, dormire e lavorare. Ogni azienda quindi deve lottare per prendere una fetta del nostro tempo libero, e della nostra attenzione.

Questa è una sintesi della tesi espressa da Albert Wenger in “Capital Is no Longer Scarce”[1], che contiene alcuni spunti interessanti, ma con cui non concordo.

Il capitale è un bene scarso e lo rimarrà anche in futuro.

Proviamo ad espandere il ragionamento di Wenger ed approfondirlo, individuando alcuni punti che sembrano essere alla base dello stesso:

1. Nel futuro avremo lo stesso tempo libero di oggi.
2. Nel futuro gli attori economici saranno limitati a intelligenze umane.
3. Tutti i business saranno in grado di raccogliere capitale e la distribuzione sarà di tipo normale.

Il primo punto è già oggi falso: oggi lavoriamo meno di ieri e nel futuro si lavorerà sempre meno.

Nell’antichità non esistevano weekend, e gli uomini lavoravano 15 ore al giorno senza sosta. Nel 1880 in Europa si lavorava mediamente 70 ore a settimana. Dal 1998 circa siamo intorno alle 40. [2]

La on demand economy e, come dice Wenger, tecniche di produzioni intelligenti (e.g. just in time) e software a supporto, abbatteranno ancora questo numero per tutti coloro che svolgono lavori in parte automatizzabili, polarizzando l’umanità tra chi lavorerà 20/30 ore o meno a settimana e chi lavorerà sempre 40 o più ore settimanali, tipicamente la “classe dirigente”.

Continueremo a vedere la povertà assoluta diminuire grazie all’effetto deflattivo della tecnologia e dell’impatto sui metodi produttivi.

Contrariamente a ciò che leggiamo, l’ineguaglianza reddituale a livello globale sta diminuendo e continuerà a farlo.

Dal 2003 al 2013 il reddito mediano globale è raddoppiato, passando da 1.090 a 2.010 dollari [3].

Nei prossimi vent’anni 500 milioni di persone arriveranno a guadagnare tra 1.144 e 3.252 dollari l’anno e un miliardo di persone arriverà a guadagnarne tra 3.252 e 8.874. (a parità di potere d’acquisto, prezzi 2013) [4].

La vita media continua ad allungarsi, così come la qualità della vita. Quindi oltre ad avere più tempo libero durante il singolo giorno avremo anche una vita migliore e più lunga.

Ultima variabile: l’aumento della popolazione. Wenger ci ricorda giustamente che stiamo per arrivare al picco, e che la crescita della popolazione mondiale sta rallentando. Ma oggi non è ferma, e nei prossimi anni alcuni miliardi di persone si aggiungeranno ai già 7 miliardi che abitano la terra.

Non è chiaro se l’impatto sul mercato di questa crescente massa di persone in grado di consumare e partecipare al mercato del lavoro sarà lineare o esponenziale.

Il secondo punto – “Nel futuro gli attori economici saranno limitati a intelligenze umane” – verrà messo in discussione dalla realtà virtuale (VR), e dall’espansione dell’intelligenza artificiale (AI).

Il VR è un nuovo media totalmente immersivo, che a differenza degli smartphone e dei computer che possediamo oggi, è in grado di farci vivere esperienze virtuali in prima persona. In queste settimane stanno arrivando sul mercato i primi modelli che potete vedere qui. Il primo modello, Oculus Rift, è acquistabile da pochi giorni.

Mark Zuckerberg, CEO di Facebook, con Oculus Rift

Mark Zuckerberg, CEO di Facebook, con Oculus Rift

Per AI si intendono software in grado di di prendere decisioni autonomamente, e di imparare dai risultati delle loro azioni.

Nel futuro passeremo molto tempo libero in VR e la maggioranza degli scambi economici, soprattutto in questo contesto, avverrà tra due parti di cui almeno una non umana, bensì AI.

L’idea stessa di fare scambi economici con AI e che queste saranno in grado di fare scambi economici autonomi tra di loro sembrerà ovvia nel giro di pochissimi anni.

Oggi tecnologie di AI sono alla base di molti servizi che utilizziamo quotidianamente, ad esempio Siri, e sono ampiamente utilizzate nel mondo del trading.

Interi business sono continuamente ottimizzati grazie ad algoritmi e tecnologie di AI, ad esempio le aste della pubblicità di Google. Una serie di algoritmi fanno sì che Big G estragga sempre il massimo valore da ogni singolo advertiser. In questo senso, il futuro non è altro che una sofisticazione di quanto accade oggi.

Parafrasando Hemingway: il futuro arriva sempre piano, e poi improvvisamente. Quindi se oggi non abbiamo idea di cosa sia il VR e sembra assurdo quello che state leggendo, vale la pena ricordare che 8 anni fa non esistevano gli smartphone e non sapevamo cosa fosse un’app.

L’impatto di questo nuovo media porterà una serie di scompensi sul piano psicologico, economico e sociale, ma non tutti strettamente negativi [5, 6].

Pensate quanto possa essere difficile vivere nella nostra realtà per persone affette, ad esempio, dalla sindrome di Asperger: differenze di percezione della realtà e problemi nella sfera emozionale rendono la loro vita difficile in un modo difficilmente immaginabile. [8]

Non è illogico ipotizzare che ci saranno mondi virtuali pensati per far stare a proprio agio persone che vivono questo o altri disturbi.

Un amico mi ha detto che “Il VR non è un computer più potente di altri. Il VR sta al computer come la lampadina alla candela”: in effetti il merito della lampadina non è stato di dare più luce di una candela, ma di sostituirla rendendola obsoleta e abilitando nuovi modelli di business che prima non erano possibili.

Come reagiranno gli investitori a questi cambiamenti? Provo a fare una previsione:

Il global invested capital verrà espanso dalle crescenti attività economiche tra AI e dai beni prodotti in mondi virtuali. Quanto potrà valere un business in VR? Quanto potrà valere un pacchetto di azioni della prima flotta di automobili che si guidano da sole?

L’abbattimento del global working capital porterà a liberare una parte dei 25 trilioni di dollari, circa, che oggi sono il totale di “moneta” in circolazione (stima dell’M1 globale). A meno che vengano implementate delle politiche monetarie fortemente restrittive, avremo quindi più moneta investibile in circolazione.

In questo scenario ci sarà una polarizzazione degli investimenti, che si divideranno sempre di più tra quelli a brevissimo e quelli a lunghissimo termine.

Gli investimenti a brevissimo termine serviranno per mantenere l’economia operativa, saranno caratterizzati da elevata liquidità e verranno ritenuti sostanzialmente sicuri.

Gli investimenti in grado di dare buoni ritorni saranno gli investimenti a lungo termine, e si divideranno tra quelli in infrastrutture e tecnologie capaci di far fare balzi in avanti all’umanità, e quelli in nuovi modelli di business su piattaforme come VR.

Il venture capital (VC) si amplierà ulteriormente e diventerà lo strumento fondamentale di investimento long term. La crescita di ogni economia avanzata dipenderà quindi sempre più dalla capacità di produrre aziende fortemente scalabili, in poco tempo.

Oggi, pur essendo una asset class molto piccola, il VC ha un impatto fortissimo sull’economia. È sufficiente osservare la crescita del numero di aziende quotate in Borsa che hanno ricevuto precedentemente investimenti da venture capitalist (grafico A), e l’impatto che queste hanno sulla spesa in R&D (grafico B), dal 1974 ad oggi [7].

Percentuale di aziende quotate in USA che hanno ricevuto investimenti da VC

A – Percentuale di aziende quotate in USA che hanno ricevuto investimenti da VC

Percentuale di spesa in R&D delle aziende quotate in borsa finanziate da VC

B – Percentuale di spesa in R&D delle aziende quotate in borsa finanziate da VC

Da una parte è sempre più facile far partire una startup, dall’altra è sempre più difficile – e capital intensive – farla scalare [8]. Per questo molti imprenditori riescono a partire con pochi investimenti, ma pochi di loro arrivano al successo: è sempre più importante raccogliere denaro da VC per crescere e costruire in pochi anni un’azienda globale.

Vedremo sempre più svilupparsi startup che costruiscono software in grado di abbattere i costi operativi di aziende che operano in mercati tradizionali, ed altre che tentano addirittura di ricostruire da zero questi mercati, come Uber sta facendo con il mercato del trasporto.

Vedremo sempre più “moonshot” volti a risolvere sfide enormi come l’ottimizzazione del trasporto su strada (pensate all’impatto che avranno a breve le self-driving cars), raggiungere l’indipendenza da combustibili fossili tramite energia solare e nucleare, allungare drasticamente la vita umana con biotecnologia e medicina personalizzata e tentare di diventare una specie di Tipo 2 colonizzando l’intero Sistema solare.

Il quarto punto sotteso al ragionamento – “Tutti i business saranno in grado di raccogliere capitale” – sembra quindi non reggere molto se pensiamo che gran parte dei capitali, come avviene oggi in maniera sempre crescente, sarà concentrata intorno a pochi progetti.

Il capitale, pur se in crescita in termini assoluti, rimarrà quindi un bene scarso.

C’è un ultimo punto che mina il ragionamento di Wenger, ed in qualche modo anche il mio. Mi è stato ricordato da uno degli amici a cui ho chiesto di leggere la bozza di questo post.

È la teoria del cigno nero di Taleb: il futuro è imprevedibile, e solo dopo che si è realizzato siamo in grado di razionalizzarlo. La storia è sempre stata influenzata da invenzioni che hanno cambiato il corso degli eventi. [9]

Il domani, per sua natura, è chiaro solo a chi si sta prendendo la briga di costruirlo.

Twitter @tobdea

Ringrazio Augusto Coppola, Cristiano Esclapon, Alberto Annicchiarico, Ciro Spedaliere, Lorenzo Casaccia, Boris Battistini, Raffaele Mauro, Daniele Della Seta, Antonio Simeone, Federico Pacilli, Giacomo Zucco, per aver letto la bozza di questo post ed avermi aiutato ad elaborare i temi trattati.

[1] A. Wenger, “Capital Is No Longer Scarce”, continuations.com/post/134920840275/capital-is-no-longer-scarce

[2] M. Roser, “Working Hours”, http://ourworldindata.org/data/economic-development-work-standard-of-living/working-hours/

[3] M. Roser, “Income Inequality”, http://ourworldindata.org/data/growth-and-distribution-of-prosperity/income-inequality/

[4] T. Hellebrandt, P. Mauro, “The Future of Worldwide Income Distribution”, http://www.lisdatacenter.org/wps/liswps/635.pdf

[5] J. Nicas, D. Seetharaman, “What Does Virtual Reality Do to Your Body and Mind?” http://www.wsj.com/articles/what-does-virtual-reality-do-to-your-body-and-mind-1451858778

[6] M. E. Koltko-Rivera, “The Potential Societal Impact of Virtual Reality”, http://ww3.haverford.edu/psychology/ddavis/psych214/koltko-rivera_2005_VR-rev.pdf

[7] W. Gornall, I. A. Strebualev, “The Economic Impact of Venture Capital”, https://www.gsb.stanford.edu/faculty-research/working-papers/economic-impact-venture-capital-evidence-public-companies

[8] L. Siegele,“A Cambrian moment”, http://www.economist.com/news/special-report/21593580-cheap-and-ubiquitous-building-blocks-digital-products-and-services-have-caused

[9] Black swan theory, https://en.wikipedia.org/wiki/Black_swan_theory